domenica 22 febbraio 2015

Benedetta Quaresima!


Siamo in Quaresima. Un tempo prezioso per la vita del cristiano. Convinti di questo, noi dovremmo ringraziare il Signore che ce lo offre, e la Chiesa, nostra madre, che ci sollecita a viverlo in spirito di conversione per un ritorno maggiormente convinto al Signore. Consapevoli di questo dono, noi ci siamo impegnati dopo aver ricevuto la cenere sul nostro capo. Lo scopo di questo cammino è in primo luogo quello della purificazione dai peccati e poi quello di vivere una vita cristiana maggiormente fedele al Vangelo.

PRIMO IMPEGNO: CONVERSIONE
Qui sorge subito l’interrogativo fondamentale. Che cosa vuol dire convertirsi? Conversione vuol dire cambiamento di vita. Abbandonare certi comportamenti contrari al Vangelo, alla vita cristiana. Dio infatti, proprio perché ci ha fatti figli nel battesimo, ci vuole santi. C’è poi l’altro interrogativo. Chi deve convertirsi? Noi molto spesso riteniamo di non doverci convertire. Ci riteniamo a posto. E lo diciamo anche. E’ una mentalità di autosufficienza, di perbenismo. Per noi sono gli altri che devono cambiare, devono smettere di fare certe cose, di aver certi comportamenti sbagliati. E invece tutti siamo chiamati a convertire il cuore. 

SFORZIAMOCI
La nostra perfezione è la santità. E questa la si raggiunge mediante una continua conversione del cuore. Infatti quelle mancanze, che noi cristiani e sacerdoti ogni giorno commettiamo, quello stile di vita consumistico di cui è segnata la nostra vita, anche se ci sembrano cose insignificanti, sono e restano sempre un ostacolo alla nostra vera perfezione. Dio Padre proprio perché ci vuole bene e desidera la nostra perfezione, non si stanca mai di sollecitarci a questo impegno. Rispondiamogli generosamente. Non dobbiamo aver paura. Se siamo stati sinceri quando ci siamo impegnati a diventare migliori, abbiamo percepito dentro il nostro cuore una certa soddisfazione. Era il segno che quella era la strada giusta.

SECONDO IMPEGNO: RITORNARE AL SIGNORE
La conversione è sempre orientata al Signore. Con il peccato, più o meno grave, noi ci allontaniamo da Lui. Non siamo più posseduti pienamente dal suo amore. Il peccato di qualsiasi genere è sempre un ostacolo all’amore di Dio. La nostra vita infatti è e deve essere sempre più intessuta, imbevuta, animata, sorretta, trasfigurata dall’amore della Trinità. La nostra piena realizzazione sta appunto qui: essere posseduti pienamente dal Signore. 

NON TEMIAMO
Non dobbiamo allora aver paura di ritornare al Signore. Lui non ci obbliga, vuole che rispondiamo liberamente al suo invito. Lui ci aspetta sempre con amore, vuole realizzare un vero incontro d’amore. Lui ordina ogni cosa, ogni avvenimento, ogni incontro, ogni situazione della nostra vita per far breccia sulla nostra volontà. La risposta deve essere nostra, personalmente nostra.
Superiamo allora ogni paura. Lui vuole veramente il nostro vero bene, la nostra autentica felicità.

POICHE’ ABBIAMO ANCORA TEMPO
Consapevoli che nella conversione e nel ritorno al Signore sta tutto il nostro vero bene, affrettiamoci ad utilizzare questo tempo di Quaresima per una sincera conversione e per un gioioso abbandono al Signore.
A tutto questo ci siamo impegnati all’inizio della Quaresima ricevendo la cenere sul capo.
La Pasqua che vivremo tra qualche settimana realizzi veramente un autentico abbandono al Signore. Inizieremo allora a vivere da veri figli di Dio, avremo gioia piena nel cuore e saremo testimoni del suo amore in casa, nel quartiere, ovunque la vita ci ponga a vivere.

I doni dello Spirito Santo - La Fortezza

Un poeta latino, pagano, diceva: “Video meliora, proboque! Deteriora, tamen, secuor!” Cioè: “Vedo le cose migliori, e le approvo! Tuttavia, seguo le cose peggiori!” Lo stesso S. Paolo, nella lettera ai Romani, ha queste affermazioni: “Sappiamo che la legge è spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato. Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora se faccio quello che non voglio, riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. lo so, infatti, che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti nel mio intimo acconsento alla Legge di Dio, ma nelle mie membra, vedo un’altra legge che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io, dunque, con la mia ragione, servo la Legge di Dio, con la mia carne, invece, la legge del peccato.” (Lettera ai Romani, 7,14-25). 
Sono affermazioni, sia quella del poeta pagano, come quella di S. Paolo, che ci dicono chiaramente che la nostra natura umana è stata rovinata dal peccato originale per cui in noi c’è sempre una lotta tra la nostra anima (infusa da Dio e, quindi, attirata continuamente a Lui) ed il nostro corpo (fatto dalla terra, quindi continuamente attratto dai beni materiali). Il poeta latino, essendo un pagano, non poteva spiegarsi questa lotta interiore, S. Paolo, invece, illuminato dalla grazia del Signore, ce l’ha spiegata molto bene: è una lotta che richiede da noi assidua collaborazione e vigilanza perché il Diavolo si è associato alla fragilità del nostro corpo e continuamente ci tenta...
Dio, però, da buon Padre, ci ha mandato in aiuto il suo Figlio Gesù, il quale non si è accontentato di raccomandarci la vigilanza, ma ci ha fatto dono del suo Spirito con il dono della Fortezza capace di rintuzzare i continui assalti del Demonio.

FRAMMENTI DI VITA QUOTIDIANA
1. Mi sono arreso: per evitare di essere deriso, per non rischiare di perdere il mio amico più caro, mi sono staccato dall’Oratorio, anch’io ho inventato scuse complicate per giustificare il mio allontanamento dalla S. Messa festiva. Mi spiace che il mio prete non mi chieda più niente, sento che molti pomeriggi sono squallidi e vuoti - con tutto quello che potrei fare! - ma, come fare senza amici? I miei genitori hanno da dire su tutto, sui vestiti che metto, sulle parole che uso, sul come mi pettino, sull’ora in cui rientro la sera, sui voti che prendo a scuola…. Hanno ragione anche loro, ma la compagnia che frequento è fatta così e con loro mi sento sicuro, da solo, mi sento perduto. Qualche volta sono lo zimbello del gruppo, ma... è meglio essere presi in giro che essere di nessuno. Non dico che sono contento e non dico che sia poi molto divertente stare per ore a parlare di niente ed a vantarsi di imprese stupide, ma, se non sto con loro, di chi sono io?

2. Basta che la smetta! “E se vuole la televisione in camera, che abbia la TV in camera! Sono stufo di questa storia!” Così è finita la discussione che durava da settimane, fatta, più che di argomenti, di puntigli, di ricatti, facce scure e mutismi ostinati. La ragazza ha quattordici anni ed una sorprendente capacità di ottenere quello che vuole. “Se c’è qualche trasmissione che mi interessa, la tele è sempre occupata... tutte le mie amiche parlavano di quel film ed io me ne stavo lì come una stupida... m’avevi promesso un regalo per il mio compleanno...”. E così per settimane, quando si degnava di parlare.
E pensare che quando eravamo fidanzati, progettavamo la casa senza TV per non essere come i nostri genitori, bloccati lì per ore! Adesso finiremo per averne tre! Lo so che la TV non aiuterà mia figlia a diventare migliore e immagino che sciuperà del tempo per inseguire vicende assurde, curioserà tra programmi sconvenienti, riempiendosi la testa di fantasie di cui vergognarsi. Lo so che non è un bene, ma anche la mia pazienza ha un limite e penso che, quando vengo a casa stanco dal lavoro, di aver diritto ad un po’ di calma. La figlia abbia anche lei la TV in stanza, basta che la smetta! Domani la ragazza vorrà anche navigare incontrollata in internet...

PREGHIERA E RIFLESSIONE
Invoco con voi e per voi lo Spirito Santo perché effonda il dono della Fortezza. “Essere forti, secondo il Signore, significa essere fedeli e perseveranti nella fede, senza lasciarsi sviare da opinioni peregrine, da mode seducenti ed egoiste, da calcoli di opportunità e di successo. La fortezza è l’atteggiamento di chi è saldo nell’obbedienza amorosa al Signore e sopporta per lui prove e desolazioni, senza abbandonare la via a volte oscura e dolorosa della sequela del Signore. Il cristiano non si piega a nessuno se ha accolto e coltivato in sé il dono della Fortezza.” (C. M. Martini: Tre racconti dello Spirito). 
Il dono della fortezza fa nascere la fierezza della propria originalità e dona energìe per diventare protagonisti.
Così anche un ragazzo timido ed impacciato, può avvertire il desiderio di liberarsi dal complesso d’inferiorità che lo rende sempre gregario, dalla paura di restare solo. Un giorno sarà consolato da amicizie che non sperava, da una gioia dentro che non aveva mai provato e dal ritrovato gusto di alzare gli occhi verso il Signore crocifisso e morto anche per lui.
Dicono gli psicologi che il passaggio da un gruppo amicale ad una comunità sicura, accogliente ed educante sia piuttosto faticoso, ma lo Spirito di Fortezza aiuta, incoraggia e sostiene. S’incomincia con la sincerità: “Non mentirò più a nessuno, soprattutto a me stesso per voler dimostrare che sono giuste le cose sbagliate!”
A questo punto, dopo questo atto di umiltà, uno già sente dentro di sé lo sguardo incoraggiante del Signore che, amorevolmente, lo invita ad un cammino di ritorno al Padre buono e misericordioso.
Il dono della Fortezza rende liberi e fa della resistenza e della perseveranza nel bene, un’esperienza bella da vivere.
Lo Spirito Santo, con il dono della fortezza edifica uomini e donne capaci di una sapienza educativa che non si lascia piegare dai malumori e non prende decisioni per esasperazione. La pazienza di ascoltare non è per accondiscendere o accontentare, ma per capire e fare capire. Il figlio o la figlia intuiscono già prima di aprir la bocca se la richiesta è sensata e già sanno che non sarà accolta. Intuiscono anche quando si tratta di capricci: sanno che è inutile fare il muso ed arrabbiarsi.
Fanno fatica a riconoscerlo, ma sentono che i genitori hanno ragione; e il rumore passerà.
Ci sono passaggi che sono difficili per tutti, ma i genitori cristiani, per la grazia del sacramento del Matrimonio, hanno una risorsa inesauribile di fortezza e di lucidità: cercano di chiedere aiuto a quel Dio che li ha voluti uniti in Matrimonio e che li ha voluti procreatori di nuove creature capaci di continuare qui sulla terra la lode al Padre Celeste (C. M. Martini: Lo Spirito Santo in famiglia).