venerdì 27 dicembre 2013

L'Eucarestia ricevuta

L’intenzione di Dio quando ha pensato di creare l’uomo era quella di crearlo a sua immagine e somiglianza, metterlo in un paradiso terrestre e, dopo una certa prova, chiamarlo nel Paradiso celeste. Il Demonio ha cercato d’intralciare questo progetto di Dio, facendo sbagliare l’uomo, cercando di cancellare questa immagine di Dio; Dio, però, è intervenuto, inventando, nel suo amore smisurato, il modo per ridare all’uomo questa immagine divina, mandando in questo mondo il suo unico Figlio che, attraverso l’invenzione dell’Eucaristia, potesse raggiungere lo scopo...
Dopo aver letto e, spero, meditato, alcuni pensieri di due maestri di spirito (card. Mercier e l’abate Courtois) penso che ogni cristiano sia invogliato a venire più spesso in Chiesa per partecipare alla S. Messa, essendo la preghiera più gradita al Padre, poiché è Gesù stesso che la offre, al quale ci uniamo anche noi. Se noi teniamo presente che la S. Messa è il “rivivere’ il sacrificio del Calvario (infatti sull’altare vi sono l’ostia ed il calice che simboleggiano il corpo ed il sangue di Gesù, separati per indicare la morte della vittima-Gesù) ed il “rivivere” l’ultima Cena, dovremmo cercare di avere anche i pensieri che aveva la Madonna quando accompagnava Gesù al Calvario, ed i pensieri che avevano gli apostoli nell’ultima Cena. Allora non dovremmo più dare spazio alle chiacchiere che distraggono.
Dal capitolo sesto del vangelo di Giovanni abbiamo queste affermazioni di Gesù “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno ed il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. ...Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me, vivrà per me...”.(cfr. Gv. 6, 51-58).
In queste poche righe si può dire che c’è tutta la potenzialità dell’Eucaristia.
Innanzitutto notiamo che Gesù ha scelto il pane, che è il cibo normale dell’uomo, ed il vino che è la bevanda che normalmente accompagna il pane e dà anche la gioia, come canta il salmo: “il vino che allieta il cuore dell’uomo”. Quindi Gesù ha scelto il nutrimento normale dell’uomo: pane – vino.
Nel primo libro dei re, ai capitoli 18 e 19, viene narrata la sfida che il Profeta Elia ha sostenuto contro i 400 profeti del dio Baal: riuscì a far scendere dal cielo il fuoco che consumò le vittime sull’altare, mentre i profeti di Baal non erano riusciti e furono tutti uccisi. La regina Gezabele lo seppe e minacciò di morte Elia, che dovette fuggire.
Stanco, si fermò sotto una ginestra e si addormentò. Un angelo del Signore lo svegliò, facendogli trovare vicino una focaccia ed un orcio di acqua e gli disse: “Alzati, mangia e bevi perché è troppo lungo per te il cammino!” Elia si alzò, mangiò e bevve e con la forza di quel cibo, camminò fino al monte di Dio, l’Oreb, dove ricevette dal Signore una missione importante da compiere. Ebbene, quella miracolosa focaccia che diede ad Elia la forza necessaria e sufficiente per raggiungere la meta, è simbolo dell’Eucaristia che ci rafforza e ci sostiene nel faticoso cammino della vita. Dobbiamo, però, notare una cosa molto importante sulla quale noi, probabilmente, non riflettiamo a sufficienza: come il nutrimento non solo ci mantiene in vita e ci dà forza, ma ci fa crescere perché la parte più nutriente del cibo viene assorbita e diventa una cosa sola con il nostro organismo, così anche la S. Comunione non solo ci mantiene in grazia di Dio, ma, anche, ci deve far crescere in santità. Don Stefano Chiapasco infatti, nel primo incontro sull’Eucaristia tenuto martedì 3 dicembre, ha affermato molto chiaramente che “tutte le volte che noi riceviamo la Comunione, dovremmo diventare sempre più santi!”
Partecipare alla S. Messa senza ricevere la S. Comunione è come partecipare ad un banchetto di nozze ed accontentarsi di guardare gli altri commensali che mangiano, mentre il desiderio di Gesù, espresso molto chiaramente nel vangelo di Giovanni, è che quando noi partecipiamo alla S. Messa abbiamo anche a ricevere il suo corpo ed il suo sangue, affinché diventino una cosa sola con noi. Quando il celebrante o il diacono congedano i fedeli perché la Messa è finita, ogni fedele deve sentirsi affidare la continuazione nel mondo della missione di Cristo. La Messa di Gesù è finita ora inizia la vostra.
Le parole che S. Paolo indirizzava ai fedeli di Roma le dobbiamo prendere in questo senso: diceva l’apostolo: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare, rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (cfr. Rm. 12, 1).
Quindi Gesù, avendo “inventato” l’Eucaristia, che, se ben ricevuta, rende l’uomo simile a lui, ha portato a compimento la missione ricevuta dal Padre:”ridare all’uomo l’immagine di Dio, cancellata dal peccato, rendendolo ancora capace, se collabora, di andare in Paradiso”.
Iniziando un nuovo anno civile, che, sempre, lo dobbiamo vedere come un Grande dono dell’amore di Dio, si presenta a ciascuno di noi l’occasione propizia per formulare dei buoni propositi che vadano sempre d’accordo con quelli che il Signore vuole da ciascuno di noi perché è di questo che il Signore ci domanderà conto al termine della nostra vita terrena.
Concludendo, dobbiamo riconoscere che, per un cristiano, non è sufficiente partecipare alla S. Messa, ma deve anche viverla durante la giornata, così migliora anche la sua condotta di vita, poiché dà una buona testimonianza di vita vissuta.

domenica 15 dicembre 2013

Dio per noi si fa bambino

L’amore quando è vero inventa un’infinità di modi per donarsi. Amare è infatti un bisogno del cuore. Chi ha cuore inevitabilmente ama. Quando non si ama è perché normalmente non si ha cuore. E’ vero e lo diciamo tutti. E lo diciamo soprattutto quando sentiamo che ciò che ci viene fatto o riceviamo è eseguito senza amore. Dio, invece, per manifestarci il suo amore, oltre a tutto il creato che i nostri occhi contemplano e alla nostra stessa vita, che spesso viviamo da padroni (mentre è un puro dono d’amore di Dio) si è fatto bambino.
Quel bambino che è nato a Betlemme e che rinasce nella fede, ancora, anche in questo Natale, non è un semplice bambino. Se anche lo si vedesse soltanto come creatura, come sono tutti i nostri bambini, sarebbe già qualcosa di grande. Sì, perché un bambino che nasce è un capolavoro d’amore, in primo luogo da parte di Dio che con la sua potenza lo fa nascere, e poi dei suoi genitori perché è il frutto del loro amore sponsale. 


UN CAPOLAVORO
Quel bambino che la Vergine Maria ha dato alla luce e che noi ancora accoglieremo anche quest’anno è l’espressione concreta dell’amore di Dio per ciascuno di noi, per l’umanità intera. Un capolavoro d’amore. E’ tale perché viene dal cielo e viene per ciascun uomo. Non esclude nessuno. Viene per amore e si offre gratuitamente. Nel donarsi non pretende nulla, chiede soltanto di accoglierlo nel proprio cuore. Non ha bisogno di un cuore speciale, vuole soltanto che sia ben aperto, disponibile all’accoglienza, desideroso di stare un po’ con lui. Tutti quindi possono accoglierlo, per tutti ha un suo particolare dono.


IL SUO DONO
Un vecchio proverbio diceva che ogni bambino che nasce, nasce con il suo cestino. Vale a dire porta con sé qualcosa di buono, di bello. Il bambino che è nato e che nascerà ancora nella solennità del Natale, porta con sé un “cestino particolare”, ma anche speciale, unico e irripetibile. E’ inoltre un dono che non fa rumore, non è incartocciato, non è nemmeno vecchio o fuori moda, non è neppure commerciabile. E’ pienamente e perfettamente firmato. Non ci sono imitazioni o falsificazioni. E’ autentico, perfetto. Il dono che fa a ciascuno di noi, all’umanità intera, è lui stesso. Infatti lui in persona è tutto dono, pienamente dono. In poche parole, ci dona se stesso.


MA IN CHE COSA CONSISTE?
E’ amore. Viene a rivelarci e nello stesso tempo ad essere l’amore di Dio per ogni uomo. L’amore di Dio si è quindi fatto visibile. Tutti ora lo possono conoscere tramite quel Bambino. Lui infatti in carne ed ossa fa vedere che cos’è l’amore di Dio per gli uomini. Dio, che non aveva bisogno degli uomini e nemmeno aveva bisogno di far vedere il suo amore, perché lui bastava a se stesso, ha voluto farsi vedere. Dice infatti e molto bene un mistico, che Dio, per far vedere e dare agli uomini il suo amore, ha inventato l’annientamento. Dall’altezza della sua gloria e potenza si è annientato, si è fatto bambino. E non contento di questo, ci ha rivelato il suo amore, come dice molto bene S. Bernardo con queste parole: “Dio Padre ha inviato sulla terra un sacco, per così dire, pieno della sua misericordia; un sacco che fu strappato a pezzi durante la passione perché ne uscisse il prezzo che chiudeva in sé il nostro riscatto; un sacco certo piccolo, ma pieno, se «ci è stato dato un Piccolo» (Is 9, 6) in cui però «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2, 9). Quando venne la pienezza dei tempi, venne anche la pienezza della divinità. Venne Dio nella carne per rivelarsi anche agli uomini che sono di carne, e perché fosse riconosciuta la sua bontà manifestandosi nell’umanità”.


ECCO GLI AUGURI
Accogliete questo Bambino. Accoglietelo in questo nuovo Natale, accoglietelo in tutti i giorni della vostra vita. Non abbiate paura. Viene e vuole essere tutto per voi, per aiutarvi nel faticoso cammino della vita. Perché possiate accoglierlo vi assicuro le mie preghiere. Durante la Messa di Natale presenterò al Signore ciascuno di voi con le vostre pene e le vostre difficoltà. Ormai le conosco molto bene. Ma anche voi ricordate al Signore i vostri sacerdoti: abbiamo infatti bisogno noi pure di Lui.
Accogliete allora da parte mia, ma anche da parte di don Roberto e di don Marco, i nostri migliori auguri con la speranza che celebrando nuovamente nella fede il Natale di quel Bambino Gesù possiate sperimentare ancora una volta e sempre più profondamente la grandezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Dio per voi.

sabato 30 novembre 2013

Noi Lo attendiamo sempre

La vita dell’uomo è un’attesa unica. Almeno dovrebbe. Invece spesso si vive la vita in modo statico, senza nessun movimento interiore. Al massimo si aspira a qualcosa di molto limitato al proprio momento storico. Infatti si desidera la salute se si è ammalati, si desiderano un po’ di soldi quando si versa in cattive acque. Si attende spesso una vita maggiormente tranquilla, senza problemi, quando la fatica sembra quasi che ci schiacci. Ma l’attesa di cui è impregnata fortemente la nostra anima, il cuore, lo stesso corpo, non la si percepisce con estrema facilità.


LA NOSTRA ATTESA
Tutti gli uomini, se sono soltanto un po’ sinceri con se stessi e liberi da pregiudizi nei confronti della religione, aspettano qualcosa che appaghi grandemente il cuore, soddisfi pienamente l’animo, ma anche qualcosa che rinfreschi, ringiovanisca, susciti slancio nel proprio corpo. Questa tensione spirituale è stata messa nella carne e soprattutto nel cuore da Dio stesso. Essere stati creati ad immagine e a somiglianza di Dio non vuol dire altro che avere profondamente dentro di sé un segno di eternità, di slancio in avanti, uno slancio o un anelito di vita senza confini.


CHI CI SODDISFERA’ ?
Poiché si tratta di una tensione spirituale, l’appagamento non può essere che di natura spirituale. E’ anche vero che se non si percorre questa strada, si andranno a cercare altri surrogati che però non avranno mai la capacità di soddisfare pienamente la mente, il cuore e lo spirito dell’uomo. E la società ne ha una grande quantità da offrire. E così l’uomo di oggi e di tutti i tempi scambia ciò che fa il suo vero bene con prodotti che lasciano sempre l’amaro nel cuore oltre a svuotare il portafoglio e spesso a colpire la salute fisica.
Per noi, che crediamo in Dio che è nostro Padre e che per amore ha mandato in mezzo a noi il suo Figlio Gesù per rinnovarci con la potenza della sua morte e risurrezione, infondendo nei nostri cuori lo Spirito Santo, colui che può soddisfare pienamente il nostro cuore assetato di vita, di gioia e di amore, è il suo stesso Figlio, Gesù.


ACCOGLIAMOLO, VIENE ANCORA, VIENE SEMPRE
Se è Gesù che appaga pienamente la nostra ansia di vita e di gioia, di amore e di eternità, e poiché viene ancora nel prossimo Natale, impegniamoci ad accoglierlo a cuore aperto nel prossimo Natale.
Viene e non chiede altro che di essere accolto. Non esige nessun contributo, vuole solo il nostro cuore libero dalle cianfrusaglie di questa nostra società consumista. Non costringe nessuno ad accoglierlo, Lui desidera che lo si accolga liberamente e per amore. Non guarda agli anni che abbiamo, per Lui noi siamo sempre giovani e quindi amabili. Non si blocca di fronte ai nostri possibili e forse anche numerosi difetti, viene per aiutarci a vincerli.


PREPARIAMOCI
Se il Signore Gesù viene ancora e non desidera altro che incontrarci, dobbiamo allora prepararci nei dovuti modi. Senza una adeguata preparazione al suo Natale, noi non sperimenteremo mai i doni che vuole offrirci. Come per tutti gli avvenimenti umani noi dobbiamo premettere un’adeguata preparazione, se non vogliamo consumare l’esperienza che ci viene offerta o andiamo cercando, così è anche per quanto riguarda il nostro incontro con il Signore. 
Dobbiamo però anche subito dire che la giusta preparazione, per un fruttuoso incontro con il Signore, non dobbiamo inventarla noi, ma ce l’indica la Chiesa nostra madre. Lei, l’esperta di questi incontri, ci dice tutto quanto permette e favorisce la giusta e profonda accoglienza del dono che ci viene offerto dal Padre Celeste.

L'Eucarestia celebrata

Lo sviluppo normale della nostra vita ci fa crescere: da bambini ad adulti, sia nel campo materiale (corpo), sia nel campo spirituale (anima) e, come il corpo ha bisogno del nutrimento materiale per crescere, così la nostra parte spirituale ha bisogno di un nutrimento speciale per crescere e Gesù ce lo ha procurato: l’Eucarestia.
Innanzitutto: cosa vuol dire Eucarestia?
E’ un termine che deriva dalla lingua greca e vuol dire: “Rendimento di grazie” ed è la preghiera che Gesù ha fatto nell’ultima Cena, quando ha dato ai suoi Apostoli nel Cenacolo il pane ed il vino come suo corpo e come suo sangue, perché continuassero a farlo “in memoria di me” (cfr. Lc. 22,19).
Fin dall’inizio, il termine “Eucarestia” ha assunto il significato di designare tutta l’azione sacrificale-conviviale celebrata dalla Chiesa per essere fedele al suo Signore: la S. Messa.
Penso che per far capire almeno qualche cosa del valore e della dignità della S. Messa, possano servire alcuni pensieri che due maestri di spiritualità (il card. Mercier ed il padre Courtois) hanno rivolto ai sacerdoti che celebrano la S. Messa.
Il cardinal Mercier, arcivescovo di Bruxelles, poco prima di morire, volle dare ai suoi sacerdoti un ultimo consiglio: “Voglio dirvi una cosa sola, ma, se vi sforzerete di attuarla, darete al vostro sacerdozio tutto il suo valore: mettete ogni cura per celebrare bene la S. Messa!
Durante le mie ore di raccoglimento, mentre vedevo svanire tutte le speranze umane e la mia anima restava da sola con Dio, il mio spirito si univa sempre più intimamente a voi e, non potendo più celebrare la S. Messa, mi univo, durante il giorno, alla S. Messa che, in qualche parte del mondo, continuamente viene celebrata. La S. Messa assumeva ai miei occhi un carattere eccezionalmente commovente perché il Sacrificio del Calvario che essa rinnova mi appariva sotto un aspetto tangibile al quale era dato di associarmi più attivamente e più direttamente del solito. Così, mi sono detto che avrei dovuto farvi partecipare alla grazia che Dio mi accordava, invitandovi in queste ore, forse le ultime della mia vita, a celebrare sempre la S. Messa come se foste sul Calvario, portandovi tutto il fervore della fede e della devozione di cui siete capaci.
La celebrazione della S. Messa è e deve essere sempre l’atto più importante e centrale della vostra giornata! Siete diventati sacerdoti per celebrare la S. Messa! Cercate di celebrarla sempre bene e santamente!”
Il padre Courtois, invece, dopo un pensiero introduttivo, fa parlare direttamente Gesù. Pensiero introduttivo: “Noi sacerdoti diverremo veramente vittime con la vittima divina e la S. Messa, centro della nostra vita, sarà realtà vissuta e faciliterà la nostra ascesa alla santità”. Poi fa parlare Gesù: “Sapete, miei sacerdoti, quanto attendo la celebrazione della S. Messa! I bisogni della cristianità sono tanti ed immensi e bramo di poter rinnovare, per mezzo vostro, l’offerta della mia vita ed applicare, in tal modo, i frutti della Redenzione a tutte le anime in nome delle quali mi offrite.
Voi non potete fare nulla senza di me ed io non posso fare nulla senza di voi! Dobbiamo salvare le anime insieme, insieme dobbiamo pacificare il mondo, guarirlo, risanarlo, divinizzarlo! Siate, dunque, sempre concordi con me.
Durante le celebrazione della S. Messa, non dovete avere altri pensieri che i miei, né sentimenti diversi dai miei! E’ il momento nel quale voi dovete essere una cosa sola con me, permettendomi, in tal modo, di compiere, per mezzo vostro, tutti i gesti rituali del S. Sacrificio e di far scaturire dalle vostre anime tutte le disposizioni della mia anima.....Fin dall’inizio della S. Messa, voi dovete comunicare con me, unirvi a me, fondervi con me.
Fate attenzione a ciò che dite! Se, nella mia compassione per la vostra debolezza e fragilità, sono pronto a perdonare con indulgenza le vostre involontarie distrazioni, non dovete approfittarne per lasciarvi andare all’abitudine o alla negligenza; non ne avete il diritto, perché siete amministratori del mio Sangue!... Non precipitate le parole né affrettate i gesti! Fate ogni cosa con la massima devozione, senza lentezza né fretta. E’ una miseria voler guadagnare tempo su ciò che ha tante conseguenze per l’eternità! Pensate che dipendo da voi, mi abbandono nelle vostre mani! Dall’intensità del vostro amore, dalla vostra unione con me, dipenderà la fecondità della mia offerta.... Ho accettato di rinascere nelle vostre mani, o miei sacerdoti, abbiate un sacro rispetto delle vostre mani che sono state consacrate, ma, soprattutto, conservatemi puro il vostro cuore!
lo giudico l’interno, le vostre disposizioni intime mi attirano o mi respingono, dilatano o restringono l’abbondanza delle mie grazie. Brucio dal desiderio di espandermi, di donarmi, di comunicarmi!
Quale sofferenza quando vedo tutto ciò che vi sarebbe da fare, tutta la luce, la forza, la purezza, la carità, la pace che si potrebbe dare a questo povero mondo... io ho tutto ciò in me e vi ho scelto in mezzo a tanti altri, onde comunicarlo a mezzo vostro e..., proprio voi mi limitate!
Non c’è sofferenza maggiore che volersi donare generosamente ed esserne impedito proprio da coloro sui quali più si contava per comunicarsi!” 
Se avete letto con attenzione questo scritto, penso che a nessuno di voi sfugga l’urgenza di pregare per i sacerdoti perché, almeno, si sforzino di non deludere la fiducia che il Signore ha posto in loro, avendoli chiamati ad essere i continuatori della sua missione nel mondo, rendendocelo quotidianamente presente nell’Eucarestia.
Inoltre, data la santità della S. Messa, bisogna dare ai sacerdoti la possibilità di un’adeguata preparazione e ringraziamento, e chi partecipa deve arrivare qualche minuto prima che inizi la S. Messa. Se noi fossimo chiamati in udienza da una persona importante (Vescovo, Papa... ) ci preoccuperemmo di prepararci e di arrivare un po’ prima dell’ora stabilita, ebbene, quando noi ci portiamo in Chiesa per partecipare alla S. Messa, è Gesù che ci chiama attraverso il suo Spirito, e Gesù è più importante sia del Vescovo che del Papa. Il fatto che ci chiami anche tutti i giorni, non deve farci perdere o diminuire l’importanza dell’incontro, possono andarci di mezzo gli aiuti spirituali che Gesù è disponibile a darci, se ci vede freddi, indifferenti o abitudinari. Quindi è nel nostro interesse venire in Chiesa prima che inizi la S. Messa, non per chiacchierare, ma per prepararci nel devoto silenzio. Pensiamo a come si sarà comportata la Madonna quando, con Maria Maddalena e Giovanni, seguiva Gesù che saliva il Calvario, portando la Croce!
Anche noi preti possiamo cadere nel pericolo dell’abitudine, avete letto l’accorato richiamo di Gesù riportato sopra, anche noi, più di voi, dobbiamo cercare di vincere questo pericolo.
Quando ero parroco a Castiraga Vidardo avevo messo in sacrestìa una frase di un sacerdote morto in concetto di santità, don Edoardo Poppe che diceva: “Celebro questa santa Messa come fosse la prima, l’unica, l’ultima!”. Ebbene, cerco di ricordarla sempre e, devo riconoscere che mi aiuta nella celebrazione della S. Messa.
Non riusciremo mai a comprendere la dignità ed il valore della S. Messa, però, almeno, sforziamoci ed il Signore stesso ci aiuterà!

domenica 27 ottobre 2013

Novembre, mese dei morti


Per il credente ogni mese ha una sua particolarità riguardo alla fede e alle svariate devozioni. Maggio è il mese di Maria Vergine. Ottobre il mese della Madonna del rosario. Ci sono poi l’Avvento e la Quaresima: mesi nei quali si è impegnati a vivere un vero cammino di conversione. Arriva pure novembre che è il mese dei morti. 



SOLO UN RICORDO?
Questo mese ci è dato solo per ricordare chi ci ha lasciato o anche per altre motivazioni? Per il vero credente il mese di novembre fa sì ricordare i propri cari, ma anche chiama tutti a pregare per i defunti. Il ricordo è per noi, la preghiera è per loro. Loro non hanno bisogno di ricordarci, ci vedono e ci pensano e soprattutto ci aiutano a vivere secondo la volontà di Dio perché vogliono vederci in paradiso. E’ il messaggio della parabola del povero Lazzaro e del ricco epulone.


LA PREGHIERA
Da noi loro si attendono la preghiera per poter accedere al paradiso. Se vogliamo bene ai nostri cari, cerchiamo di unire la preghiera al loro ricordo. L’andare al cimitero non sia allora soltanto una visita di cortesia, solo per mettere dei fiori, ma un’occasione per qualche preghiera. 
Non dimentichiamo soprattutto di accostarci ai sacramenti per far loro un dono ancora più grande. Essi infatti sanno che una nostra buona confessione e una nostra santa comunione facilitano la loro entrata in paradiso e nello stesso tempo ci fanno diventare migliori, come loro appunto desiderano. Con questo gesto si ottengono due frutti: uno per loro e uno per noi.
A questa celebrazione invitiamo tutti coloro che vogliono ricordare i propri cari, ma in modo particolare chi in questo anno ha perso un proprio congiunto.


UN INVITO PER RICORDARLI
Come abbiamo fatto in questi anni, invitiamo tutti i fedeli a prendere un cero in chiesa e ad accenderlo alla propria finestra alla sera dei santi in segno di ricordo e di preghiera per i propri cari. Al cero sarà unito un foglio illustrativo circa le modalità e la preghiera da recitare al momento dell’accensione.

L'anno dell'Eucarestia - un dono per vivere da figli


Forse qualcuno si sarà chiesto: “Ma perché noi quest’anno ci impegniamo sull’Eucarestia? C’è forse tra noi qualche problema?”. Rispondiamo subito che non c’è nessun problema. Vogliamo soltanto andare avanti a conoscere i sacramenti per poi viverli nella nostra vita personale e comunitaria.



SIAMO FIGLI DI DIO
Con l’anno della fede ci siamo impegnati a riflettere sul Battesimo. Era un dovere. Tutta la Chiesa infatti era impegnata a riscoprire e rinnovare la propria fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Noi non potevamo fare diversamente. Siamo Chiesa e con la Chiesa vogliamo vivere tutti i giorni della nostra vita. Noi come parrocchia abbiamo puntato sul Battesimo in quanto è il sacramento che genera la fede nel cuore di chi lo ricevere. Avendolo ricevuto, ci siamo così impegnati a richiamare non solo quel santo giorno, ma anche a riscoprire la fede ricevuta in dono. Molti hanno letto le loro date sui tabelloni messi accanto al nostro fonte battesimale. Molti hanno preso le immagini con la preghiera con la quale chiedere al Padre celeste il rinnovamento della grazia battesimale. I frutti di questo lavoro spirituale li conosce solo il Signore. A noi basta solo la gioia di aver fatto qualcosa di bello e di significativo per i fedeli che amano dirsi cristiani.


AI FIGLI DIO DA’ UN PANE SPECIALE
L’amore di Dio Padre non solo ci fa suoi figli, ma desiderando vederci crescere nella vita divina ricevuta in dono, ci offre un pane tutto particolare: l’Eucarestia. Come un vero padre e una vera madre desiderano che il proprio bambino cresca e sviluppi la vita ricevuta dal loro amore, così fa Dio Padre nei nostri confronti una volta fatti suoi figli. Poiché Dio ci ama di vero ed autentico amore, non ci vuole spiritualmente anchilosati, non ci vuole handicappati, non ci vuole nemmeno eterni bambini, ma figli pienamente realizzati. E così, come per lo sviluppo fisico ci vogliono il pane e tanti altri nutrimenti, così Dio Padre ci offre un pane speciale che porta in sé tutte le ricchezze possibili per la realizzazione piena e perfetta della vita dei suoi figli.


IN QUEL PANE C’E’ TUTTO
Quando parliamo di pane offerto dal Padre ai suoi figli, dobbiamo avere uno sguardo molto ampio. Non si tratta solamente di pensare alla Comunione, ma soprattutto alla Messa dalla quale viene a noi il pane che è il corpo del Signore Gesù. Come pure dobbiamo pensare alla sua presenza nei nostri tabernacoli, che è sempre il suo corpo che rimane tra noi. In una parola il Signore Gesù - a nome e a gloria del Padre - ci offre il suo memoriale che è la Messa, la Comunione e la sua presenza continua tra noi. Come abbiamo detto già diverse volte, il Padre ci offre l’Eucarestia perché celebrandola ci lasciamo coinvolgere nel mistero di salvezza di suo Figlio, ricevendola ci lasciamo potenziare e trasfigurare dalla potenza del corpo di Gesù, e adorandola abbiamo a lasciarci coinvolgere nella dinamica del suo amore. 


UN MOTIVO PARTICOLARE
Come già abbiamo detto all’inizio, Dio Padre desidera che cresciamo spiritualmente come suoi figli. In una parola, abbiamo a diventare santi come lui è santo. Ma dandoci l’Eucarestia egli desidera anche che noi diventiamo a nostra volta segno vivo del suo amore in questa società nella quale siamo chiamati a vivere. Celebrando infatti il suo amore nella Messa, ricevendo il corpo di suo Figlio con la Comunione e lasciandoci amore con l’adorazione, noi siamo chiamati ad essere a nostra volta “Eucarestia”, cioè presenza viva del Signore Gesù, presso tutti coloro che incontriamo, in famiglia, nei caseggiati, negli ambienti di lavoro e della scuola. Tutto questo si realizzerà nella misura in cui vivremo veramente la Messa non solo assistendovi, ma anche se accoglieremo con fede e grande disponibilità il suo Corpo lasciandolo lavorare nella nostra vita, non solo mangiandolo come avviene per un normale pezzo di pane, e se lo adoreremo con frequenza e con tanto amore e non solo guardandolo qualche volta, la nostra vita personale e la nostra stessa comunità parrocchiale diventeranno segni vivi della sua presenza nel nostro quartiere.

SPERIAMO
Diciamo sinceramente che in tutto quanto abbiamo scritto sopra è racchiuso il nostro più vivo desiderio e nutriamo ferma speranza che tutto questo si realizzi per la gloria di Dio, per il bene della nostra comunità parrocchiale e per la nostra personale santificazione. Se questo avverrà daremo anche un aiuto al nostro quartiere. Siamo infatti convinti che il modo migliore per fare evangelizzazione non siano le attività nuove ed originali che possiamo inventare, ma sia rendere Cristo Signore sempre più e sempre meglio presente in noi e in mezzo a noi.

sabato 5 ottobre 2013

La nostra comunità è in festa

 


Tra qualche giorno vivremo la nostra sagra parrocchiale: la sagra di S. Fereolo. Si tratta di una festa caratterizzata da due splendidi volti completamente fusi uno nell’altro. Una comunità parrocchiale ha infatti un volto umano che si vede apertamente, ma ne possiede un altro che, pur non vedendosi, anima e sostiene la sua realtà visibile. Si tratta del volto umano e di quello spirituale. Nella sagra questi due volti si vedono molto bene. Uno si costruisce in Chiesa, l’altro nelle case, nel cortile dell’oratorio e nel quartiere.

QUEL VOLTO NASCOSTO
La comunità parrocchiale ha un suo particolarissimo volto che solo con gli occhi della fede si può vedere. Noi invece molto spesso, per non dire sempre, giudichiamo la parrocchia per ciò che vediamo. Consapevoli che ciò che caratterizza una comunità è il suo cuore, che è lo Spirito che la fa muovere, che è lo slancio che la proietta in avanti, cerchiamo, almeno brevemente, di dire qualcosa di questa nostra parrocchia.
Il suo cuore è grande  e cerca di allargarsi sempre di più, cercando di abbracciare sia i vicini, cioè quelli che la frequentano assiduamente, sia quelli che per diversi motivi ne sono lontani o che, pur vivendo in questo nostro quartiere, appartengono ad altre culture o religioni. Basta sostare alla porta della nostra Caritas parrocchiale per vedere che non si fa distinzione nel cercare di dare aiuto e sostegno. Basta guardare le nostre attività sportive, la vita ricreativa del nostro oratorio, e anche lì si vedono ragazzi e giovani di altre terre e di altre religioni.
Se poi guardiamo allo Spirito che la fa muovere, ci accorgiamo che non è il nostro. E’ quello che il Signore ci ha dato e che accogliamo continuamente nei nostri singoli cuori e nel cuore della comunità mediante le diverse celebrazioni che cerchiamo di vivere. Per quanto poi riguarda lo slancio, ci viene tutto dal Signore. Dobbiamo dire che ci proviene dall’ascolto della sua parola, dalla preghiera, e in particolare dall’adorazione. Siamo più che mai convinti che “senza il Signore non possiamo far nulla”. E’ allora, con le nostre ginocchia e con le nostre mani alzate nel silenzio adorante, che ricuperiamo forza e slancio per continuare a credere, a sperare e ad amare nonostante le difficoltà e i problemi che la vita ci offre. Una comunità parrocchiale che prega mette il Signore al primo posto e tutto affida a lui. Abbandonandoci a Lui, gli permettiamo di svolgere lui stesso l’attività pastorale di evangelizzazione. Questo è ciò che facciamo e che vogliamo continuare a fare.

QUEL VOLTO VISIBILE
Al volto nascosto deve corrispondere un volto concreto, visibile, sul quale tutti possono indirizzare i propri occhi. Si tratta della vita dei cristiani presa sia nella loro individualità sia nel loro ritrovarsi in gruppi. Ogni cristiano infatti dal suo modo di pensare, di vivere, manifesta il volto della Chiesa a cui appartiene. Così è dei gruppi, della comunità che si raccoglie per determinate iniziative. Quando si vivono a livello profondo determinati valori evangelici, questi dovrebbero vedersi in modo concreto nelle attività, nelle scelte dei singoli e  della comunità.
Se guardiamo alla nostra comunità parrocchiale noi possiamo vedere le scelte concrete e significative di vita che abbiamo fatto nel servizio ai poveri mediante la Caritas e la volontà di accoglienza verso tutti. La nostra Caritas infatti non vuole essere altro che le mani e il cuore della parrocchia rivolti a chi versa in necessità o vive situazioni di particolare precarietà. Basti vedere tutti i servizi che svolge a favore degli abitanti del quartiere. Li abbiamo elencati sul bollettino di settembre. Se guardiamo poi all’accoglienza, dobbiamo dire che non facciamo nessuna distinzione. Anche questo stile lo possiamo vedere nel servizio della nostra Caritas. Tutti vi possono accedere anche se sono di altre religioni o di culture diverse. Anche nell’attività sportiva vengono accolti ragazzi di ogni religione. In oratorio li vediamo vivere con molta spontaneità la ricreazione con i nostri ragazzi e questi stanno con loro senza nessun problema. Quando andiamo poi per il quartiere per la benedizione delle famiglie, noi sacerdoti bussiamo a tutte le case. Se non accettano la benedizione, instauriamo allora, quando è possibile, un discreto dialogo sulla loro provenienza e circa la loro attuale situazione, e poi porgiamo loro con rispetto il nostro più cordiale saluto.

VOGLIAMO ESSERE COMUNITA’ DEL SIGNORE
E’ questo il nostro intento più vivo. Desideriamo quindi costruire sempre più e qualificare sempre meglio la nostra immagine di Chiesa del Signore Gesù. E’ infatti attraverso questa che lui si rende ancora presente in mezzo al nostro quartiere. L’evangelizzazione si attua solo in questo modo. Le attività ci vogliono, ma se manca la testimonianza,  lui non può far nulla. Cerchiamo allora di svestirci di ciò che è superficiale e soprattutto in contrasto con il Vangelo. Facciamo parlare di Gesù la nostra vita sia personale che comunitaria, sia dei gruppi che delle famiglie.

VIVIAMO ALLORA LA NOSTRA SAGRA
Se siamo comunità del Signore qui nel popoloso quartiere di S. Fereolo, cerchiamo in questo mese, nel quale ci raccogliamo a far festa per la dedicazione della nostra Chiesa parrocchiale, di fare anche un salto di qualità come vita di comunità. Se questo avverrà sarà il regalo più bello che potremo fare al nostro quartiere.

venerdì 30 agosto 2013

Un altro anno per voi e per me


In questa espressione possiamo racchiudere tanti sentimenti, numerose aspettative, ma anche tanta nostra buona volontà. In primo luogo il sentimento della riconoscenza. Ogni anno, come pure ogni giorno, sono sempre doni del Signore. A lui e solo a lui appartengono i giorno, i mesi e gli anni. Noi invece siamo deboli e fragili. Il tempo non ci appartiene. Iniziando il nuovo anno pastorale abbiamo anche tante aspettative. Consapevoli che il nostro cuore è sempre alla ricerca del meglio, del bello, di ciò che soddisfa, noi allora speriamo che il nuovo tratto di vita che il Signore ci dona, soddisfi maggiormente i desideri del nostro cuore. Perché il nuovo anno porti i suoi frutti, quei frutti che Dio nostro padre vuole donarci, noi dobbiamo iniziarlo con tanta buona volontà in ordine a compiere ciò che il Signore si aspetta da noi. E allora ci chiediamo come fedeli e io mi chiedo come vostro parroco...

CHE SENTIMENTI ABBIAMO NEL CUORE?
Accogliamo questo nuovo anno come dono del Signore? Non guardiamo soltanto agli anni che passano. Il meglio deve ancora venire e più andiamo avanti questo “meglio” si avvicina e noi siamo più che mai riconoscenti al Signore che ce lo offre nel suo grande amore.
Per me vostro parroco ormai avviato al riposo per aver raggiunti i limiti di età, in sincerità di cuore, vi dico di sentilo e di viverlo ancora con quel medesimo spirito con il quale sono venuto tra voi in quel lontano ottobre 1992.   Sentiamoci allora tutti impegnati a viverlo come dono d’amore da parte di Dio Padre che sempre ci sostiene, ci guida come la sua famiglia piantata qui nel nostro amato quartiere.

QUALI ASPETTATIVE ABBIAMO ?
Sono diverse: crescere nell’amore del Signore e tra noi, rendere sempre più significativa la vita della nostra comunità parrocchiale per un servizio  serio e concreto di evangelizzazione nei confronti del nostro quartiere, ma anche continuare a servire i poveri e i sofferenti segno vivo della presenza del Signore in mezzo a noi. Sono le medesime aspettative che abbiamo avuto in tutti questi anni. In questo nuovo anno dobbiamo potenziarle, qualificarle, renderle vive e maggiormente significative. Consapevoli che ogni anno porta con sè i suoi problemi, l’impegno di essere un comunità parrocchiale viva, sempre più manifestazione concreta dell’amore del Signore sia mediante la nostra vita personale che con le attività pastorali, continua sempre.
Come vostro parroco, vi dico anche qui che nutro ancora tante belle aspettative e se il Signore vorrà le realizzeremo con fede e con entusiasmo per la gloria di Dio e per il bene di tutti
Impegniamoci allora tutti. Anche se le forze vengono meno perché gli anni passano, lo slancio del Signore che abita nel nostro cuore non invecchia mai.

E LA BUONA VOLONTA’?
Dicono che con il passare degli anni la volontà si indebolisce, viene meno. Per noi non è così. E questo si vede molto bene nella Chiesa in generale, ma anche nella nostra parrocchia, e se volete sapere anche nel vostro parroco.
Nella Chiesa universale. Con la venuta di papa Francesco sembra che la Chiesa sparsa su tutta la terra manifesti una grande vitalità che sembrava un po’ spenta. Con la giornata mondiale della gioventù in Brasile, l’abbiamo vista più che mai piena di vita, di gioia e di speranza.
Anche la nostra comunità parrocchiale continua con sempre nuovo slancio la sua missione di evangelizzazione del quartiere, continua a spendersi per i poveri con la sua Caritas. Questa sua forza di volontà la trova nel Signore con il suo abbandono fiducioso mediante la parola di Dio, la celebrazione dell’eucaristia e la preghiera di adorazione. E’ lui infatti e solo lui la nostra vera forza.Tutto questo vale anche per me vostro parroco ormai prossimo a lasciare. Anche se gli anni sulle mie spalle sono ormai tanti, la forza per continuare con voi a vivere, a sostenere e a qualificare la vita della nostra comunità, viene solo dal Signore. Con lui non dobbiamo temere. Il Signore ci ha detto: io sono con voi tutti i giorni, io sono la vostra forza, con me potete fare tutto il bene che vi metto nel cuore.

E ALLORA ANDIAMO AVANTI
Prendiamo dalle mani del Signore anche questo nuovo anno pastorale. E’ un dono del suo amore. Con la sicurezza che non ci abbandona, gettiamo ancora una volta le reti nel mare di questo nostro quartiere per servirlo come il Signore vuole per il bene di tutti i sanfereolini.

L'Eucarestia, il nuovo impegno pastorale

Dopo l’anno del Battesimo, passiamo all’anno dell’Eucarestia. E’ una conseguenza logica. Diventati figli di Dio, sentiamo il bisogno di crescere non solo nella fede, ma anche nella vita cristiana. Il dono che il Padre celeste ci offre per crescere e maturare nella vita di figli è appunto l’Eucarestia. Il Signore nella sua grande bontà non ci vuole figli rattrappiti, ripiegati su noi stessi, non ci vuole deboli e fragili nella vita divina ricevuta dal suo amore, ma desidera ardentemente che diventiamo robusti e splendidi spiritualmente. E’ infatti solo in questo modo che noi realizziamo la nostra vita e realizzandola daremo a lui gloria e onore.

VOGLIAMO VIVERE IN PIENEZZA
Ecco il nostro più vivo desiderio. Lo vuole in primo luogo il Signore stesso e quindi di conseguenza dobbiamo volerlo anche noi, se desideriamo realizzare la nostra vita di figli di Dio. Non basta il battesimo, è necessario lasciarci coinvolgere nel mistero dell’Eucarestia. E’ infatti questo dono d’amore che Gesù ci ha fatto, che favorisce la nostra vera e profonda crescita spirituale. Dio Padre infatti non ci vuole soltanto suoi figli, ma desidera che realizziamo pienamente la nostra vita. Come un padre non solo dà la vita ai figli, ma desidera che crescano forti e robusti nel corpo, così Dio Padre vuole che la vita divina giunga a piena maturazione.

CI IMPEGNEREMO
In questo nuovo anno pastorale apriremo la nostra mente, punteremo i nostri occhi, spalancheremo il nostro cuore su quel grande dono che Gesù ci ha fatto nella sua ultima cena e che la Chiesa continua a proporre a ogni figlio di Dio, all’umanità intera. Quella sera Gesù, prima di andare a vivere il mistero della sua morte, ci ha offerto in quel pane e in quel calice il memoriale della sua passione, morte e risurrezione. Nell’offrirlo agli apostoli ha detto loro: “Fate questo in memoria di me”. Poiché quella sera eravamo presenti anche noi nella mente e nel cuore del Signore, quell’offerta era rivolta anche a noi che saremmo venuti dopo diversi secoli. Consapevoli di questo grande dono, anche se da anni lo viviamo ogni giorno e soprattutto ogni domenica, vogliamo accoglierlo nuovamente per viverlo con maggior consapevolezza affinché diventi vita della nostra vita. 

CI SOFFERMEREMO
Contemplando questo grande dono ci soffermeremo a riflettere nel primo periodo dell’anno pastorale su l’Eucarestia celebrata. Il nostro intento sarà di cercare di conoscere, comprendere fin dove sarà possibile, il dono della Messa. E’ qui infatti che noi rendiamo attuale il memoriale del Signore Gesù. Non basta assistervi da semplici spettatori passivi, non basta celebrarlo devotamente, occorre soprattutto lasciarsi coinvolgere nel mistero che viene celebrato. Quanta strada dobbiamo fare!
Passeremo poi a meditare su l’Eucarestia ricevuta. La celebrazione della Messa diventa veramente piena e quindi raggiunge il suo obiettivo, se ci si lascia non solo coinvolgere nella celebrazione, ma anche se ci si lascia toccare e coinvolgere nel profondo del nostro essere. Gesù infatti ha detto in quella sera e lo ripete ogni qualvolta riviviamo il suo memoriale: “Prendete e mangiate, prendete e bevete”. Ci soffermeremo allora sul modo e sulle condizioni per ricevere questo dono del Signore. Passeremo poi a riflettere su un altro aspetto del dono che Gesù ci ha fatto, cioè: l’Eucarestia adorata. Ci soffermeremo a riflettere sulla preghiera di adorazione. Consapevoli che il Signore è sempre con noi nei nostri tabernacoli, consapevoli che senza di lui non possiamo far nulla, vogliamo imparare a stare presso di lui in adorazione. E’ nostro desiderio, nel realizzare questo aspetto dell’Eucarestia, di promuovere in parrocchia una scuola di preghiera. Facendo tesoro di tanti maestri di preghiera che la Chiesa ha sempre avuto lungo i secoli e anche ai nostri giorni, ci rifaremo a loro in modo concreto, accessibile a tutti.

CI RIUSCIREMO?
L’intento è grande, la speranza di fare ancora qualcosa di bello per il Signore è viva. Poniamo, come sempre abbiamo fatto, nel cuore di Maria Bambina questo nostro lavoro pastorale della comunità parrocchiale per questo anno pastorale 2013 – 2014. Siamo più che mai sicuri che ci aiuterà insieme ai nostri patroni Bassiano e Fereolo. Con questo impegno pastorale non cerchiamo noi stessi, ma desideriamo aiutare i sanfereolini a vivere nei dovuti modi l’amore del Signore che in ogni Messa si offre a tutti noi; vogliamo poi che, nutrendosi del corpo e del sangue del Signore, crescano nella vita spirituale per giungere alla santità, imparando poi ad adorarlo come lui desidera nel tabernacolo o alle nostre adorazioni sperimentino quotidianamente la sua presenza consolatrice.

TUTTI IMPEGNATI
La parrocchia, per poter attuare nei dovuti modi questa proposta pastorale sull’Eucarestia, ha bisogno di aiuti. Ecco allora l’invito a tutti i fedeli di lasciarsi coinvolgere. Siamo sicuri che se parteciperanno, troveranno piena soddisfazione. Le proposte saranno molte. Pensiamo ai Centri di Ascolto della Parola di Dio nelle nostre case. Anche qui si rifletterà su questo importante tema. Leggere il bollettino, ma soprattutto quella pagina che parlerà dell’Eucarestia. Ogni mese ci sarà un breve e facile articolo su questa tematica. Poiché abbiamo visto che diverse persone prendono volentieri i fogli con i messaggi spirituali messi in fondo alla Chiesa di S. Fereolo, ne porremo diversi. Ci sarà poi la catechesi al giovedì pomeriggio per i pensionati. Anche questo è un modo per conoscere e vivere il grande dono del Signore. La scuola di Bibbia che da diversi anni teniamo in autunno e in primavera avrà quest’anno una nuova impostazione sempre attinente a questo tema.
Concludendo, non possiamo far altro che invitare a partecipare, a lasciarsi coinvolgere, a sentire vivamente l’amore del Signore che non desidera altro se non di farci gustare il suo grande immenso amore che continuamente ci offre nel mistero della Messa.

domenica 18 agosto 2013

La festa della Trasfigurazione

Troviamo nel primo libro della Bibbia (Genesi) e, precisamente, nel primo capitolo la frase pronunciata da Dio quando, dopo aver dato la vita a tutte le creature che sono nel mondo, disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza, dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo...”. Con queste parole, Dio ha creato l’uomo, l’unico essere vivente dotato di intelligenza e volontà, quindi, capace di entrare in relazione con Dio.
Però, siccome l’uomo è un essere materiale, poiché vive in un mondo fatto di materia, il Signore gli ha dato una forma materiale: testa, collo, corpo, braccia, gambe e piedi con le rispettive e varie possibilità. Ma, perché questo essere potesse vivere, Dio, si legge nel secondo capitolo, “soffiò nelle sue narici un alito di vita” e l’uomo divenne un essere vivente. Quindi, il corpo da solo non è che un semplice pugno di terra, acquista valore se è vitalmente unito alla parte spirituale che noi chiamiamo “anima”. Noi dobbiamo ritenere anche il nostro corpo come un dono che Dio ci ha dato attraverso i nostri genitori e vederlo come l’unico strumento che abbiamo per ottenere dei meriti per la vita eterna. Infatti, se un giorno potremo godere della visione beatifica di Dio, sarà proprio perché siamo stati capaci di usare bene del nostro corpo, facendo la volontà del Signore.
Ma, qual è questa volontà del Signore?
Dio, già nell’antico Testamento, raccomandava al popolo ebraico: “Siate santi! perché io, il Signore, sono Santo!”; Gesù, nel nuovo Testamento, poiché attraverso il suo sacrificio ci ha resi suoi fratelli, quindi figli di Dio, ci raccomanda: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste!”.
Questa santità e questa perfezione noi le possiamo raggiungere solo con il nostro corpo; ecco perché lo dobbiamo trattare bene. E’ anche una conseguenza logica: siamo stati fatti ad immagine e somiglianza di Dio, ora, Dio è Amore e noi siamo stati concepiti con un atto di amore dei nostri genitori e non con manipolazioni genetiche o con qualche altra “impiastricciata” dell’uomo che non tende ad altro che a violentare la natura per i suoi scopi egoistici. L’opera dell’uomo, in questo campo in modo particolare, deve avere e riconoscere dei limiti morali ben precisi, altrimenti si corre il rischio di “invadere il campo” che Dio si è riservato (origine della vita).
Non dimentichiamo che nell’uomo la tentazione di essere come Dio, non è una novità, ma risale addirittura ad Adamo ed Eva, e tutti ci rendiamo conto delle terribili e disastrose conseguenze (guerre, malattie, morte,...) che ha avuto e che superano immensamente la misera soddisfazione del gustare un frutto.
Non dobbiamo “idolatrare” il corpo perché, essendo materiale, è soggetto alle tentazioni demoniache per cui vuole prevalere sull’anima, facendoci dimenticare che, in noi, l’anima è più importante del corpo, perché l’anima è immortale, mentre il corpo può morire da un momento all’altro. Gesù stesso, quando gli hanno presentato un ammalato nel corpo, avendo visto che era ammalato anche nell’anima, prima gli ha detto: “Ti sono perdonati i tuoi peccati!”, poi gli ha guarito anche la malattia del corpo. 
Non dimentichiamo poi che il corpo ha delle energie preziose che vengono sfruttate soprattutto, per chi è chiamato al Matrimonio, e sono la maggior parte sia degli uomini come delle donne, per trasmettere la vita. Ho letto sul giornale di qualche settimana fa, che sono in aumento i bambini che, a scuola, hanno bisogno dell’insegnante di sostegno perché presentano delle anomalìe.
Questo può dipendere anche dalla vita troppo sregolata che hanno vissuto i genitori prima del matrimonio. Permettetemi a questo proposito un ricordo.
Un giovane si vantava delle sue facili conquiste femminili, allora gli dicevo: “Stai attento perché se tu sciupi ora le tue energie, quando sarai sposato, i tuoi figli possono subire conseguenze negative!”. Quando si è sposato, infatti, i suoi figli erano talmente gracili da essere continuamente soggetti ad influenze... Non violentiamo la natura e non avremo bisogno di certi farmaci che, sappiamo molto bene, fanno bene da una parte, ma fanno male dall’altra!.
Ecco perché le principali agenzie educative (la famiglia, la scuola, il governo e la Chiesa) dovrebbero preoccuparsi maggiormente di questo problema soprattutto per la gioventù, ed invece… 
  • La famiglia: non dimentichiamoci che è stata istituita da Dio e non dagli uomini, quindi è stato Dio che le ha dato le leggi fondamentali, l’autorità civile deve solo aiutare a mettere in pratica queste leggi, non ad infrangerle (col divorzio). Purtroppo si deve riconoscere che la preoccupazione principale dei genitori, anche “nostri”, è per lo stipendio (che permette loro, non solo il necessario, ma anche il superfluo) più che per i figli, dimenticando che al buon Dio dovranno rispondere soprattutto di come avranno educato i loro figli. Soprattutto le mamme dovrebbero domandarsi se, davanti a Dio, sia giusto barattare lo stipendio con l’educazione dei figli, anche se l’odierna società consumista ti dà per scontata la risposta affermativa.
  • La scuola: alcuni decenni fa insegnavo religione al Cazzulani e ricordo che il Preside (Prof. Giacinto Ronsivalle) alla prima riunione del corpo insegnante (all’inizio dell’anno scolastico), affermava in modo molto chiaro che la scuola d’obbligo ha soprattutto un compito formativo degli alunni e non informativo; cioè tutti gli insegnanti devono insegnare agli alunni prima l’educazione, il buon comportamento, poi la loro materia. Ora non so come funzioni la scuola nel suo interno, però dai risultati non sembra che si preoccupi tanto della formazione degli alunni!
  • Il potere civile: sembra che l’unica preoccupazione del Governo si quella di non mettere nessun limite al divertimento alla gioventù, cosicché a quei poveri ragazzi viene spremuto fino all’ultimo euro e poi, tutti intontiti, vengono spediti a casa (se poi ci arriveranno!). Con un simile sregolato divertimento, non solo non si educa nessuno, anzi si contribuisce alla loro rovina.
  • La Chiesa: anche il laico più sfegatato anticlericale deve riconoscere che l’unica istituzione che veramente si è sempre preoccupata della formazione della gioventù è la Chiesa con i suoi Oratori, vere fucine di formazione. Purtroppo si deve osservare che ha sempre contro quasi tutti i mass-media (stampa e TV) che, invece, sono sempre lì con gli occhi puntati se, in qualche parte del mondo, qualche religioso o qualche religiosa fa qualche passo falso, per gridare subito allo scandalo e strombazzarlo in ogni parte della terra.
Ma questo - si potrebbe pensare - cosa c’entra con la Trasfigurazione di Gesù? C’entra, perché fa vedere la grande difficoltà che, soprattutto oggi e soprattutto i giovani incontrano per conservare il proprio corpo in modo che sia pronto per essere “trasfigurato”. Leggiamo la parola del Signore: “In quel tempo, Gesù, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro ed i suoi compagni erano oppressi dal sonno, ma quando si svegliarono videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre capanne, una per te una per Mosè ed una per Elìa. Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube che li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce che diceva: Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo! Appena la voce cessò, restò Gesù solo...”
Questa narrazione è la manifestazione anticipata della gloria di Gesù e preannuncio del suo ritorno (esodo) al Padre e mette in luce la dimensione pasquale ed escatologica della liturgia e di tutta la vita cristiana.
Ecco perché l’anno liturgico con tutte le sue feste, celebrazioni e ricorrenze, deve essere una scuola di vita per il credente il quale, vivendo necessariamente in questo mondo, tuttavia la sua attenzione deve sempre essere orientata verso il Padre. La parola che il Padre pronuncia sul Figlio trasfigurato, preannuncia anche l’adozione filiale di tutti coloro che, ascoltando e seguendo il Figlio, l’eletto, diventano suoi fratelli e, quindi, partecipi della trasfigurazione eterna. Pietro con la sua proposta, tende a porre sullo stesso piano Gesù, Mosè ed Elia, la voce del Padre, invece, corregge questa interpretazione ed attribuisce solo a Gesù il valore del compimento della presenza di Dio nel mondo. Infatti il Comandamento nuovo dato da Gesù completa la legge antica (Mosé) ed anche le profezie (Elìa). Dio, già nell’Antico Testamento raccomandava al popolo ebraico: “Siate santi, perché io, il Signore, sono Santo!”. Gesù, nel nuovo Testamento, avendoci resi figli di Dio con il suo sacrificio, ci raccomanda: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste!”.
La santità la possiamo raggiungere solo con il corpo, ecco perché lo dobbiamo trattare bene; non dobbiamo dimenticare che siamo ad immagine e somiglianza di Dio, e che Dio è Amore e che noi siamo stati concepiti da un atto di amore e non da manipolazioni genetiche o da qualche altra impiastricciata dell’uomo che non tende ad altro che a violentare la natura per scopi egoistici.
L’opera dell’uomo, in questo campo (origine della vita), deve avere dei limiti ben precisi, altrimenti si corre il rischio di”invadere il campo che Dio si è riservato. Non dimentichiamo che nell’uomo la tentazione di essere come Dio risale ad Adamo ed Eva e tutti ci rendiamo conto delle terribili e disastrose conseguenze che ha avuto (malattie, guerre, morte...) e che superano immensamente la misera soddisfazione del gustare un frutto!

Un altro anno alle nostre spalle

Senza renderci conto, un altro anno è ormai alle nostre spalle. Tutto è ormai nella mente di Dio Padre. E noi siamo contenti di quello che abbiamo fatto di bene. Lo siamo non solo perché siamo maturati nel bene, ma anche perché abbiamo contribuito a far crescere la vita della nostra comunità parrocchiale. Ricordiamo allora gli avvenimenti di questo anno pastorale, sia per ringraziare il Signore, sia per rinnovare la nostra buona volontà di continuare a spenderci per fare della parrocchia una segno vivo dell’amore di Dio per il quartiere.

NON PER ESALTARCI
Se facciamo questa riflessione ad alta voce non è per esaltarci, ma per renderci consapevoli che se abbiamo fatto qualcosa di bene, è tutta opera del Signore. Noi non siamo stati altro che obbedienti al suo progetto d’amore. Se non ci fosse stato lui a ispirarci e poi a sostenerci nella fatica, noi non avremmo fatto nulla di bello e di bene. Siamo più che mai consapevoli di essere deboli e poveri, ma con lui nel cuore e soprattutto obbedendogli, ci rendiamo capaci, con la sua grazia, di compiere ciò che fa il nostro vero bene. La nostra vita personale e quella comunitaria non dovrebbero essere altro che una continua lode alla sua potenza e al suo amore infinito.

LA NOSTRA VITA DI FIGLI DI DIO
La mano di Dio Padre ha continuato a sostenerci come suoi amati figli. Abbiamo sentito la sua mano ogni giorno, specialmente nella celebrazione del suo amore, quando ci radunavamo sia per la Messa feriale che domenicale. Le nostre celebrazioni sono sempre state vissute. Attorno all’altare ci sentiamo infatti un cuor solo e un’anima sola. Le adorazioni sono state sempre ben partecipate. Vediamo anche sempre qualche nuova presenza. Vogliamo essere una comunità aggrappata al Signore. E’ Lui infatti che ci fa essere Chiesa, è Lui che ci sostiene, è ancora lui che ci sprona al servizio del quartiere.

L’ANNO DEL BATTESIMO
Seguendo le indicazioni del Papa stiamo anche noi vivendo l’anno della fede. Noi abbiamo caratterizzato questo anno ricordando e soprattutto cercando di rinnovare la grazia del battesimo che abbiamo ricevuto un giorno. E così il nostro battistero si è illuminato, presenta ogni mese i nomi di chi negli ultimi 40 anni è stato battezzato in quel mese. Parecchi poi accendono il cero e recitando la preghiera rinnovano la grazia del proprio battesimo. Vediamo infatti ogni giorno diversi ceri accesi e asportate le immagini della preghiera predisposta.
La festa dei battesimi che abbiamo vissuto insieme domenica 2 giugno ha mandato al cielo più di 400 palloncini con un messaggio a Dio Padre. Questo gesto non è stato soltanto un atto folcloristico, ma un vero atto di fede e di ringraziamento.

I SACRAMENTI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA
Sul bollettino di giugno abbiamo già riportato le foto e i nostri pensieri. Qui vogliamo dire ancora una volta che il Signore non si stanca mai di compiere meraviglie in mezzo al suo popolo. I nostri ragazzi sono stati ben preparati dai loro catechisti. Hanno vissuto le celebrazioni con fede e con amore. Ora noi speriamo che la grazia del Signore continui a compiere le sue meraviglie nei loro cuori. Queste si realizzeranno se i loro genitori continueranno a dare loro in modo particolare una concreta e visibile testimonianza cristiana. Se lo faranno vedranno camminare nel bene i loro figli. Come abbiamo sempre detto loro, lo diciamo ancora, non si perde nulla dando il Signore ai figli, si guadagna tutto.

LA BENEDIZIONE ALLE FAMIGLIE
Anche quest’anno noi sacerdoti siamo passati a benedire le famiglie. Siamo entrati in circa 800 famiglie. Siamo così passati per un quarto del territorio del nostro quartiere. E’ stata una grande fatica. Siamo sinceri. Ma l’abbiamo sostenuta per fede e per l’amore che portiamo a tutti i sanfereolini. Abbiamo così constatato, come già abbiamo scritto sull’ultimo bollettino, che Il tessuto del nostro quartiere è molto cambiato in questi ultimi dieci anni. Siamo andati da tutti. Abbiamo suonato a chi conoscevamo e a chi non avevamo mai visto. A chi ci accoglieva abbiamo lasciato la benedizione. A chi era di altri intendimenti o di diverso orientamento di vita abbiamo lasciato il nostro saluto. Anche per questa fatica pastorale sentiamo il dovere di ringraziare il Signore. Senza la sua forza non avremmo percorso strade del quartiere, non saremmo entrati nei palazzi con ascensori, e tanto meno in quelli a cui mancava. Il nostro unico intento è stato sempre quello di dire che Dio ama e vuole bene a tutti. E lo dimostravamo con il nostro sorriso, con la nostra amabilità, con l’attenzione a chi ci apriva e trovavamo in casa. Possiamo dire che l’esperienza è stata anche quest’anno positiva.

LA CARITA’ AI POVERI
Una comunità cristiana che si limitasse a pregare e celebrare sacramenti non sarebbe una vera Chiesa del Signore. Siamo infatti qui nel quartiere per due obiettivi: per vivere l’amore del Signore celebrandolo, e per annunciarlo con la testimonianza della vita. Il servizio ai poveri, a chi versa in situazioni di particolare difficoltà deve essere accolto dai cristiani e dalla stessa comunità parrocchiale. Siamo più che mai convinti che l’evangelizzazione è opera della carità. Amando come ha insegnato il Signore e mossi dal suo spirito, noi annunciamo senza tante parole che lui è lì, che lui bussa alla porta del cuore a cui ci rivolgiamo: se noi cristiani viviamo e ci muoviamo con questo stile, allora Lui tocca.

LA NOSTRA CARITAS PARROCCHIALE
Il Signore ha voluto che avesse una sua casa. E così 17 anni fa, con il suo aiuto, gliela abbiamo costruita. Ora è il centro propulsore di tanti servizi caritativi ai bisognosi del quartiere. Questi servizi li abbiamo elencati sul bollettino di giugno. Può darsi che qualcuno dica anche che quello che facciamo è poca cosa. Infatti spesso si sente dire che un povero non può sostenersi solo con un sacchetto di generi alimentari, non può vivere solo con dei vestiti usati. Diciamo con molta semplicità che siamo al corrente di tutto questo. Soffriamo anche. Diciamo anche che questi sono e vogliono essere dei segni. Anche loro necessari. Dietro a questi piccoli e semplici servizi c’è l’attenzione alla persona che ha bisogno, che versa in difficoltà. Se avessimo più risorse faremmo ancora di più. Facciamo con quello che abbiamo.
Nella vita della nostra Caritas ci sono però dei servizi caritativi di particolare rilievo, realizzati con l’aiuto di numerosi fedeli. Anche a questi vogliamo dare rilievo e soprattutto ringraziare il Signore che suscita lo spirito caritativo.

FAMIGLIE x FAMIGLIE
Questo servizio è nato in seno alle giovani famiglie. Si sono infatti impegnate a creare un fondo finanziario per aiutare chi, a causa della crisi economica, non riesce più a sostenere alcune spese necessarie per la vita familiare. Si tratta a volte delle bollette, della rata dell’affitto o di altre necessità primarie. Di questi problemi abbiamo già scritto diverse volte su questo nostro bollettino. L’iniziativa è nata e continua ancora. C’è chi versa costantemente il proprio contributo tramite la banca, altre per mezzo dei sacerdoti. A queste famiglie si sono uniti anche i centri di ascolto della Parola di Dio che si tengono nelle nostre nel quartiere. In questi ultimi mesi anche due associazioni hanno voluto partecipare con una loro offerta significativa. Ci auguriamo che questa iniziativa continui anche nei prossimi mesi. Le necessità sono sempre numerose.

QUEL COSTANTE SACCHETTO
Ci sembra giusto presentare anche questi gesti di carità semplici e nascosti. Vi sono dei fedeli che hanno stabilito di aiutare i poveri consegnando costantemente un proprio sacchetto di generi alimentari alla casa parrocchiale. Ciò che hanno fatto nel tempo di Avvento e in Quaresima, continuano a ripeterlo anche negli altri mesi. Questi gesti ci dicono che l’attenzione ai poveri fa parte della loro vita. Il nostro magazzino dei generi alimentari ha sempre bisogno di aiuti. Se pensiamo che vengono distribuiti circa 250 sacchetti al mese e 25 grossi pacchi alle famiglie povere del quartiere, dobbiamo dire che di merce ne abbiamo sempre bisogno.

Diciamo grazie al Signore che ci ha sostenuto e ci ha dato la possibilità di fare un po’ di bene. Tutto viene da lui e solo da Lui. 
Diciamo grazie ai nostri numerosi volontari che sia all’interno della nostra Caritas si spendono continuamente nei numerosi servizi caritativi; lo diciamo anche ai catechisti che aiutano i nostri ragazzi a conoscere e ad amare il Signore.
Non vogliamo dimenticare nemmeno gli animatori dei centri di ascolto della Parola di Dio che ogni mese nelle case con i loro fratelli e sorelle meditano il vangelo per poi viverlo generosamente.
Ringraziamo anche tutti quelli che lavorano per la pulizia delle nostre chiese e dell’oratorio, ma anche coloro che in ogni necessità sono sempre pronti a rispondere alle richieste del parroco o dei sacerdoti.
Il nostro grazie va anche agli allenatori e ai dirigenti del nostro G.S.O. che gratuitamente si spendono per la nostra gioventù piccola e grande.
Un grazie particolare a coloro che rendono belle le nostre liturgie. Pensiamo ai ministranti, ai lettori, ai cantori, a chi porta Gesù nelle case agli anziani ammalati. In una parola, a tutti vada - al termine di questo nuovo anno - il grazie del Signore e quello dei sacerdoti.
Tutto quanto abbiamo fatto ora lo offriamo al Signore per la sua gloria e per il bene di tutti i sanfereolini e della nostra amata comunità parrocchiale.

martedì 28 maggio 2013

A cuore aperto

Non so se faccio bene a comunicarvi i sentimenti che provo in queste settimane in cui ho dovuto presentare al Vescovo, a norma del Diritto Canonico, la domanda di rinuncia al servizio pastorale alla parrocchia che sto servendo da quasi 21 anni. E’ un dovere che ogni parroco deve assolvere al compimento dei 75 anni. Ho vissuto questo dovere serenamente come potete leggere in altra pagina di questo bollettino. 

ECCO I MIEI PENSIERI
Pur nell’incertezza di farvi cosa utile, mi sono tuttavia deciso a scrivervi perché mi siete cari e so che anche voi, da come mi è sembrato di vedere in queste settimane, avete vissuto o state ancora vivendo un momento particolare di vita parrocchiale nei miei confronti, come pure io li sto vivendo in prima persona verso di voi.
Ho pensato allora di manifestarvi i miei sentimenti perché so che il parroco in una parrocchia è come un padre di famiglia, e come questi nei momenti difficili o di gioia deve comunicare ai figli ciò che sta vivendo nel proprio cuore, così anch’io vi dico ciò che provo e sto vivendo perché insieme possiamo offrire tutto al Signore.
La lettera che ho scritto al Vescovo e che potete leggere vi dice già molte cose. Chi mi ha mosso a scrivere questa richiesta di esonero dall’ufficio di parroco non è stato il rifiuto della comunità parrocchiale e la fatica del servizio pastorale, ma in primo luogo la volontà della Chiesa espressa nel Diritto Canonico, e subito dopo il bene della comunità parrocchiale. Mi soffermo soprattutto su questo aspetto. 

IN PRIMO LUOGO
I tempi passano, le forze vengono meno, le situazioni si evolvono, i problemi si presentano con una certa incisività, e chi ha ormai un po’ di anni sulle spalle non sempre ha quello spirito capace di affrontare adeguatamente le nuove situazioni che si presentano. Abbiamo avuto tanto coraggio nell’intraprendere faticose ristrutturazioni. Abbiamo inoltre faticato parecchio, ma sempre con gioia, per il rinnovamento della pastorale e della vita della comunità parrocchiale. Ora bisognerebbe andare e aprire maggiormente il cuore ai nuovi arrivati in questo popoloso quartiere, e sono tanti. Come dice Papa Francesco, la Chiesa deve aprirsi, non deve chiudersi, deve andare, deve accogliere. La missionarietà è una nota sempre fondamentale della Chiesa e quindi di una comunità parrocchiale. E qui quanto ci sarebbe da fare, ma le forze stanno venendo meno.

IN SECONDO LUOGO
Stiamo vivendo un momento di crisi. Manca il lavoro e con questo mancano le risorse. I poveri si fanno sempre più sentire. Vi confesso che in questi ultimi tempi il campanello della casa parrocchiale si fa sempre più sentire per richieste di aiuto. Grazie alla generosità delle giovani famiglie e di tanti altri sanfereolini dal cuore grande, viene spesso incontro l’iniziativa “famiglie per famiglie”. Nell’ascoltare questi “poveri” e nel cercare di risolvere le possibili situazioni, sento tutta la mia incapacità. Forse sarebbe necessario avere un più di coraggio per intraprendere come Caritas nuove iniziative di cooperazione. Ma anche questo manca.

IN TERZO LUOGO
C’è poi l’aspetto umano del rapporto con le persone. Ad una certa età diventa un po’ difficile. Infatti con il passare degli anni si va sempre più verso l’essenziale. Si vive l’aspetto umano, ma se ne sente il peso. E così non si è sempre sereni come si vorrebbe. Si creano invece situazioni non sempre aperte e coinvolgenti. E’ come avviene in una casa dove vi sono adulti e giovani pieni di vita e c’è pure un anziano, che se anche è ancora di spirito giovane, non sempre si lascia coinvolgere, ma anche d’altra parte non viene coinvolto perché è di un’altra età. Non dobbiamo però cercare il giovanilismo ad oltranza, ma avere capacità di coinvolgerci e di lasciarci coinvolgere in tutte le vicende, quello sì. E così un parroco più giovane potrebbe fare molto meglio, e con un’umanità più grande e soprattutto giovanile, potrebbe essere maggiormente coinvolgente a favore della comunità parrocchiale.

E INFINE
C’è anche la salute. Gli anni passano anche per i parroci. E aumentando negli anni, la cosi detta “macchina” si logora e si consuma. Gli acciacchi vengono anche a chi serve il Signore. Se anche lo spirito è ancora abbastanza giovane, anche se lo slancio pastorale è ancora più vivo che mai, la stanchezza non manca. C’è poi il desiderio di un po’ di pace lontano dal campanello di casa e dallo squillo del telefono che si fanno sentire continuamente. Sono anche convinto che il Signore vuole tutto, ma ciò non toglie che si senta la stanchezza.

E COSI’
Con questi sentimenti e con queste convinzioni ho presentato la richiesta voluta dalla Chiesa. Il nostro Vescovo ha letto la mia lettera e nella conversazione avuta con lui, tenendo conto della mia persona e delle circostanze, mi ha invitato a continuare. E adesso mi trovo a dire a me stesso e a tutti voi...

ANDIAMO OLTRE IL TRAGUARDO
E così dopo aver parlato con il Vescovo, dopo aver ricevuto la sua lettera e dopo l’annuncio che lui stesso ha dato nella nostra Chiesa del S. Cuore domenica 19 maggio al termine della celebrazione della Cresima, la mia vita a S. Fereolo continua ancora. Sono ancora il vostro parroco. Non so fino a quando. 
Una cosa è certa: dobbiamo andare avanti ancora insieme. Forse per un anno? Non stiamo qui a fare i conti. Noi dobbiamo lavorare per il Signore, per la sua e nostra Chiesa. E io e voi non desideriamo fare altro.

ACCOGLIETEMI ANCORA
Vi rivolgo questo invito con tutto l’affetto che vi ho sempre dimostrato pur nella mia povertà e incapacità. Andiamo avanti con slancio e passione, con tanta fede e soprattutto sostenuti dall’amore del Signore che non invecchia mai e sempre ci fa giovani nel cuore e nello spirito. Il desiderio che abbiamo sempre avuto in questi anni di rendere belle le nostre chiese, ma soprattutto significativa la nostra pastorale, per una degna lode al Signore e per una testimonianza cristiana viva e sostanziosa al quartiere, deve sostenerci ancora e - voglia il cielo - consolidarsi maggiormente. 

ANDIAMO AVANTI CON FEDE E AMORE
Se anche i tempi sono difficili, noi abbiamo il Signore. E allora dobbiamo andare avanti con il suo aiuto. Fede e amore sono infatti le nostre colonne. Siamo radicati nella fede. E questa, nella misura in cui è forte, dà la possibilità di smuovere anche le montagne. C’è poi il suo amore che non vien mai meno e sempre ci provoca ad andare avanti, consapevoli che alla fine lui sempre trionferà per la gioia di tutti. Lasciamoci allora sostenere dal Signore. Se lui ci vuole ancora qui insieme è perché ha ancora qualcosa da dirci e da farci fare. E noi non desideriamo altro che metterci a sua completa disposizione anche se i tempi per l’evangelizzazione sono oggi più difficili di ieri.

CHE COSA VI DARO’?
Non vi dico quello che qualcuno in questa circostanza direbbe: “Dopo esservi nutriti della mia buona carne, ora succhierete le mie ossa secche”. Non sono capace di dire queste cose. E nemmeno voglio dirvele. Vi dico invece che se il Signore ci aiuterà, e ci aiuterà senz’altro, metterò ancora in atto ciò che lui stesso mi suggerirà per il bene di questa nostra comunità parrocchiale. E sono convinto che ci suggerirà ancora cose belle da fare insieme. Lui infatti è ricco di idee stupende e ciò che vuole, sempre ci dà la possibilità di realizzarlo.

NELLA FIDUCIA E NELLA SPERANZA
Andiamo avanti in primo luogo con fiducia. Se il Signore ha voluto che restassi, è segno che va bene così. E noi sotto un certo aspetto siamo contenti. La sua volontà è sempre da mettere al primo posto. 
E poi andiamo avanti con speranza, la speranza cristiana. Questa infatti è il motore che smuove, sostiene e anima la vita dei cristiani e dei sacerdoti. Questa potenza ci dà soprattutto la certezza che tutto va a buon fine. Con il Signore tutto fiorisce anche se alcune volte bisogna passare attraverso la croce. A Lui affidiamo questo nuovo tratto di cammino da fare insieme. 
A tutti voi chiedo la grazia di un ricordo nella vostra preghiera perché la mia vita - anche se ormai carica di anni - vi dica sempre qualcosa di più dell’amore del Signore e io sappia leggere la sua presenza amorosa nella vostra vita.