sabato 29 dicembre 2012

La Santa Famiglia

Stiamo vivendo l’Anno della Fede ed anche questa iniziativa del Papa Benedetto XVI, come le altre (ad esempio quella dell’Anno Sacerdotale) la dobbiamo vedere come una divina ispirazione. Si vede veramente come il Papa sia guidato dallo Spirito Santo e lui si lascia guidare, anche a costo, a volte, di essere criticato.
Del resto, basta riflettere un po’ per constatare quanto noi cristiani abbiamo bisogno di essere richiamati su questo nostro grave problema: vivere con convinzione e con entusiasmo la fede che abbiamo ricevuto come dono nel giorno del nostro Battesimo.
Ebbene, la fede ci dice, innanzitutto, che noi dobbiamo credere in Gesù che è la Parola che il Padre ci ha mandato per salvarci; ma perché la Parola del Signore possa veramente salvarci, non dobbiamo limitarci ad ascoltarla, ma, una volta ascoltata, la dobbiamo vivere nella nostra vita ogni giorno, cioè, la dobbiamo "incarnare" in noi, come ha fatto Maria, L’apostolo S. Giacomo ce lo ricorda nella sua lettera (cfr. Gc. 1,22) quando dice: "Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo (ingannando) voi stessi." Ebbene, la Parola di Dio che cosa ci dice?
In Genesi 1,26, troviamo: e Dio disse: "Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza..." ma, Dio è uno solo, ma in tre Persone, ecco perché non si è limitato a creare Adamo, ma ha creato anche Eva ed ha detto loro: "Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra...".
Ouindi, la famiglia umana è immagine e somiglianza della SS. Trinità e come la SS. Trinità sono tre Persone unite nell’Amore, così anche la famiglia umana deve essere formata da persone unite solo dall’amore. Questo era il progetto di Dio! Purtroppo il peccato ha rovinato anche questo.
Dio Padre, però, ha voluto ridare all’uomo la possibilità di salvarsi ed ha pensato di mandare il suo unico Figlio Gesù, facendolo nascere da una famiglia umana, quella che noi chiamiamo la S. Famiglia, donandocela come esempio per le nostre famiglie.
Giovanni Paolo II già da tempo osservava che la Chiesa sta vivendo un momento molto critico per la fede, soprattutto nella vecchia Europa perché si sono abbattute correnti di antievangelizzazione, insegnando visioni atee e materialistiche della vita (Chiese semivuote, cattedrali trasformate in musei, crocifissi tolti dalle pareti, feste religiose scippate, ecc.).
Questi ed altri sono segni visibili di un tradimento spirituale che si consuma nei cuori.
La Chiesa, madre e maestra, istituita da Gesù per continuare nel mondo la sua missione di evangelizzazione e di salvezza, ha fissato, nella Domenica fra l’ottava di Natale, la festa della S. Famiglia, facendoci recitare questa breve, ma bellissima, preghiera:
"O Dio, nostro Padre, che nella S. Famiglia ci hai dato un vero modello di vita, fa’ che nelle nostre famiglie fioriscano le stesse virtù e lo stesso amore, perché, riuniti insieme nella stessa casa, possiamo godere la gioia senza fine."
Ma, quali erano le virtù e l’amore che regnavano nella S. Famiglia?
Innanzitutto c’è da fare una premessa: quando un giovane ed una ragazza si sposano, devono essere convinti che il matrimonio che contraggono non si basa solo sul sentimento, ma è la risposta ad una chiamata del Signore e che i figli che nasceranno dalla loro unione sono un dono di Dio per continuare la vita umana sulla terra. Devono anche sapere che la loro salvezza eterna dipenderà dallo sforzo che faranno per rimanere sempre uniti e dall’impegno che metteranno per dare ai loro figli una formazione conforme alla loro fede.

Vediamo ora come si sono comportati Gesù, Maria e Giuseppe quando vivevano assieme nella loro casetta di Nazareth.
Gesù: nel Vangelo di Luca troviamo che Gesù all’età di 12 anni (che corrispondono all’età della Cresima dei nostri ragazzi) ha chiarito molto bene la sua missione, rispondendo alla domanda di sua madre Maria ("Figlio, perché ci hai fatto questo? ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo!" gli dice sua madre; "perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" risponde Gesù.) Maria e Giuseppe, tacciono ed il Vangelo osserva che Maria conservava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.)
Dopo questo fatto, il Vangelo ricorda che Gesù cresceva in età e grazia presso Dio e gli uomini e rimase fin a quasi trent’anni ubbidendo ai suoi genitori. Certamente Maria e Giuseppe non avranno mai voluto che Gesù avesse a fare qualche cosa contro la volontà del Padre.
Così dovrebbero fare tutti i genitori quando i loro figli ricevono la Cresima: non esigere mai da loro qualche cosa di contrario alla legge del Signore, anzi, stimolarli perché la possano sempre osservare, poiché diventano responsabili delle loro scelte.
Maria: mamma laboriosa, riflessiva e silenziosa. Ha parlato con l’Angelo nell’Annunciazione, con la cugina Elisabetta nella visita che le fece ed alle nozze di Canaa quando, volendo evitare una figura meschina ai novelli sposi (era esaurita la scorta di vino nel bel mezzo del banchetto nuziale) ha strappato il primo miracolo al figlio Gesù, facendogli mutare l’acqua in vino. Ha assistito 24 ore su 24 il figlio Gesù per quasi 30 anni fino a che è rimasto in casa, cercando di far bastare il magro stipendio del lavoro di Giuseppe. Come vera sposa giuridica di Giuseppe, ha sempre avuto verso di lui un grande rispetto, prova ne sia che quando hanno smarrito Gesù, ritrovandolo dopo tre giorni nel Tempio, disse a Gesù: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo!" Non ha detto: "Io e tuo padre", ma: "Tuo padre ed io!".
Giuseppe: l’uomo, il marito ed il padre putativo, silenzioso (non è riportata nessuna sua parola), impegnato nel quotidiano lavoro per mantenere la famiglia, sempre attento ad accogliere le divine ispirazioni e ad ubbidire con fiducia, generosità e prontezza ("Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre e fuggi in Egitto!" Giuseppe si alzò, nella notte, prese il Bambino e sua Madre e si rifugiò in Egitto e vi rimase fino alla morte di Erode, quando ricevette di nuovo l’ordine di ritornare nella terra d’Israele. Vedi la descrizione particolareggiata in Matteo: 2, 13 ss). Sapeva che Gesù era figlio di Dio (glielo aveva detto anche l’Angelo nel sogno, quando aveva in mente di rimandare Maria, perché era incinta) eppure non ha mai chiesto un aiuto particolare nelle varie difficoltà nelle quali è venuto a trovarsi, proprio per causa di Gesù.
Nella Santa Famiglia, quindi, possiamo dire che vi era una grande fede in Dio ed un grande amore che li ha sempre tenuti uniti ed hanno così potuto superare ogni genere di ostacolo.
La santa Famiglia era veramente un’immagine ed una somiglianza della SS. Trinità. La Chiesa, facendoci celebrare la festa della S. Famiglia, desidera che tutte le famiglie cristiane si modellino su di essa, quindi che siano indissolubilmente unite ed impegnate, in prima persona, nell’educazione della prole.
Il Concilio Vaticano 2° nella "Dichiarazione sull’educazione cristiana" al paragrafo 3, dice: "
I genitori, poiché hanno trasmesso la vita ai figli, hanno l’obbligo gravissimo di educare la prole: vanno pertanto considerati come i primi ed i principali educatori di essa...Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell’atmosfera vivificata dall’amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l’educazione completa dei figli in senso personale e sociale".
Il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1641 afferma: "...Questa grazia propria del sacramento del matrimonio è destinata a perfezionare l’amore dei coniugi, a rafforzare la loro unità indissolubile. In virtù di questa grazia, essi "si aiutano a vicenda per raggiungere la santità della vita coniugale, nell’accettazione e nell’educazione della prole".
Ecco perché da troppo tempo le famiglie sono in crisi. Perché dimenticano che la famiglia è stata istituita da Dio e deve essere regolata dalle leggi di Dio e non da quelle degli uomini.
Preghiamo il Signore, in modo particolare la S. Famiglia, per tutte le nostre famiglie, affinché abbiano il coraggio di "riscoprire il loro valore" e di seguire l’esempio della S. Famiglia.

domenica 16 dicembre 2012

Buon Natale a tutti!


In questi giorni tutte le persone, se hanno qualche segno di bontà ancora nel cuore, aprono la bocca e con le proprie parole fanno gli auguri a chi incontrano. E’ una tradizione, è un fatto culturale, è forse anche un’abitudine. E questo gesto per gli auguri di Natale è bello, ha un significato profondo, dà serenità a chi lo riceve, ma anche a chi lo pronuncia. A me, vi confesso, piace fare gli auguri, come pure mi piace riceverli. Non sono malato di salamelecchi, ma ho bisogno di sperimentare l’apertura dei cuori e nello stesso tempo di aprire il mio.

ECCO ALLORA….
Apro a voi carissimi sanfereolini il mio cuore di parroco per farvi gli auguri di Natale. Vi assicuro che non ve lo apro solo in questa occasione, sarei falso. E’ sempre aperto. Anche se a volte sono incapace di farvi vedere, attraverso il mio volto, quello che porto dentro per voi. Ho tanto bisogno anch’io di essere aiutato a comunicare l’amore che si ha nel cuore per chi si ha accanto e per il quale si spende la vita.
In questi giorni il mio cuore di parroco si apre a voi in un modo tutto particolare. Consapevole che voi siete la mia famiglia, che voi mi siete stati affidati dal Signore come fratelli e sorelle da aiutare a scoprire e ad accogliere il suo amore, consapevole anche di essere responsabile di tutti voi davanti al Padre che sta nei cieli e di essere invitato a darvi tutta la mia vita, vi apro in questo nuovo Natale il mio animo e vi dico ciò che il cuore vi vuole augurare quest’anno.

AUGURI A TUTTI E A CIASCUNO
Nel fare questi miei vorrei non tralasciare nessuno, proprio nessuno. Vorrei raggiungere tutti. Sì, tutti. Quelli che frequentano la comunità. Quelli che per diversi motivi l’hanno un po’ accantonata. Giungano questi miei auguri anche a chi viene da terre lontane, a chi vive secondo altre religioni, ma anche a chi vive la vita senza avere nessun riferimento a principi superiori o a divinità. Nell’avventura umana siamo tutti uguali, per la fede cristiana che abbiamo ricevuto, tutti sono nostri fratelli e sorelle.

IN MODO PARTICOLARE
Rivolgendomi giustamente a tutti e a ciascuno, non posso non avere un’attenzione particolare per alcune persone. Se l’amore deve andare a tutti indistintamente, un padre non può non avere un’attenzione speciale per quei figli che per diversi motivi sono sotto il peso della croce. E allora sono vicino agli ammalati. Sono accanto agli anziani che non escono più di casa. Sono vicino alle famiglie che stanno vivendo in modo duro e scarnificante l’attuale crisi che ha tolto il posto al padre o alla madre. Oppure soffrono per i figli per diversi motivi. A chi ha perso un proprio caro, a chi si trova nella più profonda solitudine sia della casa, che soprattutto del cuore. Vorrei che i miei auguri arrivassero anche a chi a Natale si trova in ospedale, nelle case di riposo, nelle carceri o agli arresti domiciliari. 
Più vado avanti nella vita più mi accorgo che questa esistenza è veramente segnata dalla croce. Fino a quando si è giovani, normalmente non la si vede, non la si sperimenta. Giunti ad una certa età, anche se non si è ancora vecchi, ci si rende conto che la vita qui in terra è veramente “una valle di lacrime”. Ma noi abbiamo il Signore Gesù, noi abbiamo la grazia di essere stati fatti suoi figli, noi abbiamo a nostra disposizione il suo grande amore, noi abbiamo Dio come Padre ricco di bontà infinita e di grandissima misericordia. E’ lui e soltanto lui che in tutti i giorni della nostra esistenza terrena ci rasserena, ci infonde speranza, ci promette veramente e ci fa attendere sempre nuove meraviglie anche se attualmente non ci toglie la croce.

ECCO I MIEI AUGURI
Auguro a tutti, in questi giorni e soprattutto vivendo l’eucaristia del Natale del Signore, di sperimentare nel profondo del proprio cuore la grandezza, l’altezza, la profondità dell’amore di Dio Padre per ciascuno e per tutti. Oggi più che mai abbiamo bisogno di fare questa scoperta. L’amore di Dio è tutto per noi. Dio Padre ci ama di un amore senza limiti. Il suo amore non viene mai meno. Non inganna. Non distrugge la nostra personalità. E’ originale, è sempre nuovo. E’ di questo suo grande amore di cui ha bisogno il nostro cuore, tutta la nostra vita.
Dopo questo augurio fondamentale, vi auguro di vivere serenamente questo Natale. Ma anche di trovare un po’ di speranza per i mesi che verranno. La speranza sembra scomparsa dal cuore dell’uomo. So che in questi ultimi tempi non è facile avere serenità e speranza. Ma guardiamo a quel Bambino, tenerezza di Dio per ogni uomo. Se Dio è venuto in mezzo a noi e si è fatto uno di noi, è segno che c’è ancora qualcosa di buono in noi. Dio infatti non è ancora stanco degli uomini. 
Agli ammalati, a chi vive nella solitudine, agli anziani, a chi è in carcere o agli arresti domiciliari, auguro di sentire nel cuore l’amore del Signore, ma anche la vicinanza della comunità parrocchiale. A chi è venuto da terre lontane, a chi vive altre religioni, auguro di sentire che qui nel quartiere c’è una comunità che è attenta alle loro persone e che le ama.

AFFIDO TUTTI AL SIGNORE
Dopo questi auguri che cosa posso assicurare a tutti? Nessun regalo umano, ma l’impegno di affidare tutti all’amore del Signore e di pregare per ciascuno. Sono infatti più che mai convinto che la preghiera è la forza di Dio Padre messa a disposizione dei suoi figli. A tutti e a ciascuno, perché ormai da vent’anni vi conosco, prometto una preghiera particolare sia nella Messa che nella mia personale. Il Signore che non si lascia mai vincere in generosità, esaudisca le mie preghiere per voi e voi accogliete i miei auguri carichi di tanto amore per voi e di cordiale riconoscenza per il bene che mi volete. Auguri allora di Buon Natale dal vostro parroco, da don Roberto e da don Marco!

domenica 2 dicembre 2012

Proposte per l'Avvento

Se in queste settimane che precedono il Natale andiamo al supermercato, ci troviamo inevitabilmente di fronte a tante proposte per vivere le festività natalizie. Tutte le proposte sono presentate come il toccasana, il non plus ultra, cioè come necessarie. 
Come comunità parrocchiale ci sentiamo, mossi dalla fede e dall’amore al Signore che viene, di fare anche noi le nostre proposte. Si tratta di proposte spirituali.

L’ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO
Come popolo di Dio siamo chiamati all’ascolto della Parola che viene dall’altro. Sì, perché il nostro Dio è un Dio che parla.
Proponiamo:
  • la lettura della parola di Dio in famiglia. Perché non leggere ogni giorno una pagina di Vangelo?
  • la partecipazione ai centri di ascolto o/e alla catechesi parrocchiale;
  • la lettura di qualche libro spirituale;
  • la partecipazione alla messa feriale con una breve omelia;
  • la partecipazione ai ritiri spirituali.

LA PREGHIERA
Dopo aver ascoltato la parola di Dio, ecco subito, come vera necessità, la preghiera. Il vero ascolto del Signore porta inevitabilmente a rivolgersi a Lui. Proponiamo:
  • la preghiera in famiglia seguendo il sussidio della diocesi;
  • la recita della preghiera dei salmi: lodi e vespro;
  • la partecipazione durante la settimana ad una messa feriale;
  • la partecipazione qualche volta ai momenti di adorazione proposti della parrocchia: venerdì dalle ore 16 alle 17 a Robadello e dalle ore 16,30 alle 18 a S. Fereolo;
  • la partecipazione alla preghiera silenziosa del martedì sera;
  • la partecipazione alla recita del vespro alla domenica sera in chiesa dopo la messa alle ore 18,45;
  • il recitare almeno una volta alla settimana il rosario in casa o anche una decina al giorno.

LA CARITA’
Anche in tempo d’Avvento non può mancare l’impegno per la carità. Se mancasse dovremmo dubitare della sincerità della preghiera e dell’ascolto della Parola di Dio.
Proponiamo: 
  • il prendersi a cuore un anziano che conosciamo o vicino a casa;
  • l’andare a trovare un ammalato in ospedale o al ricovero;
  • il mettere nel cesto in chiesa qualche genere alimentare per i poveri;
  • l’avere parole e modi di fare pieni di carità con chi incontriamo;
  • il fare pace con qualcuno che abbiamo emarginato;
  • l’essere maggiormente disponibile ad aiutare in casa e con gli anziani

E POI, ANCORA...
Tutto quanto suggerisce il cuore di chi vuole amare il Signore e i fratelli. Nella misura in cui siamo sinceri con noi stessi e aperti al bene, il Signore fa sentire i suoi richiami e i suoi inviti ad essere generosi.
Forse il Signore può dirci anche di assumere un servizio particolare all’interno della Caritas parrocchiale o dell’oratorio. Di servizi ce ne sono. Basta avere un po’ di buona volontà e di disponibilità agli altri.

SOLO ALLORA
Se avremo preparato nei dovuti modi il nostro cuore, allora vivremo nel modo giusto il mistero del Natale di Gesù e ci saremo rinnovati nel cuore e nello spirito. La giovinezza del Signore incomincerà a diventare anche nostra. Non sono le tavole imbandite piene di cibi succulenti e di bevande prelibate, non è l’albero pieno di luci e nemmeno il presepe fatto nell’angolo della casa, non sono nemmeno i regali più o meno numerosi, non sono neanche i vestiti all’ultima moda comprati per sfoggiare qualcosa di nuovo in questa giornata, ma è l’esperienza profonda e sincera, fatta nella fede di Dio che ama, a farci dire che abbiamo celebrato e fatto veramente Natale. E questa esperienza è possibile a tutti, basta volersi impegnare nel modo giusto durante questo tempo d’Avvento.

Il percorso di un anno

La nostra vita va avanti quasi senza che ce ne accorgiamo. E così gli anni passano inesorabilmente per tutti. Infatti i bimbi crescono a vista d’occhio. I giovani diventano adulti anche se cercano di conservarsi giovani. Gli adulti diventano inevitabilmente anziani. Gli anziani restano tali anche se si immergono nei loro giovanili ricordi. E questo avviene per tutti indistintamente a livello fisico, a livello mentale. Mentre a livello spirituale non si dovrebbe mai invecchiare. Anzi più si procede nella vita di figli di Dio, cioè nella vita spirituale, maggiormente si dovrebbe ringiovanire nel cuore e nello spirito. Se invecchiamo anche nello spirito, è segno che in noi qualcosa non ha funzionato. Un maestro di spiritualità ha detto che l’uomo nasce vecchio, ma deve morire giovane. Dice questo rifacendosi al cammino di vita cristiana che ognuno di noi è chiamato a vivere dal giorno del suo battesimo al termine della sua vita terrena. Rifacendoci a questo autore diciamo che si nasce vecchi in quanto segnati dal peccato originale. Incapaci di vedere dove stanno in veri valori della vita, come pure non si conosce ancora il vero significato dell’esistenza. Si procede e si vive quasi maggiormente mossi dagli istinti che non dal vero senso della vita. Più si va avanti nella vita, passando attraverso situazioni di gioia, di fatiche e di dolore, più si dovrebbero capire tante cose. Ci si dovrebbe spogliare di cose inutili e superficiali, come pure si dovrebbe scoprire il vero senso della vita. Ne viene di conseguenza che si conoscono e si apprendono le cose importanti e fondamentali della vita. E così si inizia sempre più a vivere nel modo giusto come appunto si dovrebbe vivere fin dalla nascita.
Per ricuperare questo slancio di giovinezza, la Chiesa ci fa rivivere ogni anno nella liturgia il mistero della nostra salvezza. Infatti prima con l’Avvento, poi con la Quaresima e con la Pasqua, e infine con il tempo della Pentecoste, noi siamo chiamati e soprattutto coinvolti nella vita di Gesù in ordine ad assumere con l’ascolto della Parola e la celebrazione dei sacramenti i suoi valori e il suo stile di vita. Compiendo con fede e amore questo cammino della Chiesa, noi rinnoviamo continuamente la nostra vita spirituale e di conseguenza si qualifica sempre più in noi la spirito di giovinezza spirituale che è lo spirito di Gesù stesso.
Il corpo continuerà inevitabilmente la sua corsa verso la sua consumazione, mentre lo spirito si farà sempre più giovane giungendo alla giovinezza eterna.
Dopo tutto questo dobbiamo dire che all’uomo e alla donna è offerta la medicina per la giovinezza dello spirito. Vivendo l’anno liturgico, lasciandosi coinvolgere in un continuo rinnovamento spirituale, noi possiamo allora esultare di vera giovinezza. Non sarà certo quella del corpo perché questo è destinato alla corruzione, ma quella dello spirito. E questa noi sappiamo che è la parte più nobile e grande dell’uomo. 
Perché questo avvenga è necessario impegnarsi nel rinnovamento spirituale seguendo la stessa strada di Gesù. Lui infatti è il nostro modello. Con Lui noi non correremo a cercare prodotti sofisticati che lasciano il cuore vecchio e schiavo delle cose di questa terra, senza mai rinnovarci nello spirito.
Cerchiamo allora in questo tempo sacro che ci fa attendere il Signore, di lasciarci provocare dalla parola dei profeti. 
Spogliamoci di qualche cosa di inutile per fare posto al Signore che viene per incontrarci personalmente. 
Apriamo i cuori ai fratelli più bisognosi perché il nostro cuore si allarghi sempre di più. Instauriamo un vero rapporto d’amore con il Signore mediante la preghiera vissuta con fede e amore. E tutto questo non per un giorno solo, ma in tutto l’Avvento. 
Alla fine sentiremo nel nostro spirito che la giovinezza del Signore diventa sempre più nostra.

martedì 23 ottobre 2012

La festa della nostra famiglia

Ogni anno ritorna puntuale la grande festa della vera famiglia: la solennità di tutti santi. Nella misura in cui abbiamo fede noi vediamo che la nostra vita è da esiliati, siamo lontani da casa, siamo in cammino vero la vera nostra meta, cioè il paradiso.
Quando parliamo di santi noi pensiamo subito alle persone rappresentate delle statue che vediamo nelle nicchie delle nostre chiese. Sono anche loro, ma non solo loro. Saremmo poveri e soprattutto fuori dalla verità del vangelo se mettessimo in paradiso solo quei pochi che onoriamo pubblicamente con il titolo di santi. Con loro ci sono anche tanti altri. 
Come dice il libro dell’Apocalisse si tratta di “una moltitudine immensa”. I santi infatti sono tutti quei nostri fratelli e sorelle ormai arrivati a casa. 
E quindi anche tutte quelle persone che nel silenzio hanno amato il Signore, hanno servito i poveri, hanno vissuto il Vangelo.
E allora vogliamo pensare anche a tanti nostri cari. A quei genitori che nel silenzio hanno educato e formato alla vita cristiana i loro figli. A quei sacerdoti, ai missionari, alle suore, ma anche alle anime consacrate che hanno speso la loro vita per il vangelo, per la Chiesa.
A questo punto qualcuno potrebbe dire: allora ci vanno tutti? Sì, il paradiso è offerto a tutti, nessuno è escluso. Tutti possono andarci. Bisogno però tendervi se non apertamente almeno nella fede o nel profondo del proprio cuore. Ma noi sappiamo che in tutti c’è una tensione all’alto, un bisogno di amore, di gioia, di libertà. Quando queste aspirazioni sono sincere, libere da egoismi, presto o tardi si arriva al Signore.
Coloro che sono arrivati a casa, cioè in paradiso, vi sono giunti o per aver invocato sinceramente il perdono qui in terra prima del grande passo finale, o perché sono stati purificati nella misericordia di Dio in quello che noi chiamiamo purgatorio. In paradiso ci si arriva purificati e quindi quando si è santificati pienamente.
Celebrando questa festa pensiamo ai nostri cari arrivati a casa. Gioiamo con loro. Ravviviamo la nostra speranza nella vita futura. Ma anche preghiamoli di aiutarci a diventare anche noi santi qui in terra per accedere subito alla grande casa quando verrà il nostro inevitabile momento. Questa richiesta è più che mai lecita e doverosa perché anche loro non desiderano altro per noi. Tutti i loro aiuti sono su questo versante: aiutarci a diventare santi. A noi l’impegno di corrispondere generosamente. Se questo avverrà avremo veramente realizzato la nostra vita. Ed entrando nella vita eterna non avremo altro che da gioire non solo con Dio nostro Padre, ma anche con tutti i nostri cari.
Consapevoli che i nostri cari sono in paradiso, celebriamo allora con gioia la festa di tutti i santi. Sentiamoci uniti a loro e con loro lodiamo e magnifichiamo il Signore che con la sua morte ha purificato le nostre anime, ringraziamo il Padre che con il Battesimo ci ha fatti suoi figli e chiediamo allo Spirito Santo che abita nei nostri cuori di aiutarci a diventare sempre più santi, o meglio, come diceva S. Teresa di Gesù Bambino, grandi santi. In questa richiesta non c’è superbia, non c’è nemmeno orgoglio perché è ciò che desidera Dio nostro Padre e i nostri stessi cari che ormai contemplando il volto del Signore sanno che questa è la vera strada della vita e volendoci bene non desiderano altro per noi.

La chiesa santa che soffre

La Commemorazione di tutti i fedeli defunti appare già nel calendario romano nel secolo nono ed è ispirata ad una tradizione monastica di consacrare un giorno intero alla preghiera di suffragio per le anime dei morti.
Quando noi recitiamo il Credo, il simbolo apostolico, verso la fine, diciamo: “Credo... la comunione dei santi” manifestiamo di credere che siamo ancora uniti a quei fratelli ed a quelle sorelle non ancora arrivati alla gloria del Cielo, ma che ci hanno preceduto nel segno della fede e dormono il sonno della pace. L’ultima riforma liturgica ha tenuto conto delle affermazioni del Concilio Vaticano II ed ha sottolineato il carattere pasquale della morte cristiana, dando, fra l’altro, la preferenza al colore liturgico viola, anziché al nero.
Cerchiamo ora di approfondire un po’ questa “opportunità” che la Chiesa ci offre per ricordare ed, efficacemente, aiutare i nostri cari defunti.
Il Padre celeste, volendo salvare l’uomo, creato a sua immagine e somiglianza e destinato, secondo il suo progetto, al Paradiso, ma, per la disubbidienza, condannato all’Inferno, ha pensato di mandare il suo unico Figlio, la sua Parola Incarnata, perché chiamasse (convocasse) gli uomini, dando loro la possibilità della salvezza. Gesù, ubbidendo al Padre, è venuto ed ha istituito la Chiesa. Infatti, il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 759 afferma “L’Eterno Padre, con liberissimo ed arcano disegno di sapienza e di bontà, ha creato l’universo, ha decretato di elevare gli uomini alla partecipazione alla vita divina, alla quale chiama tutti gli uomini nel suo Figlio. I credenti in Cristo li ha voluti convocare nella santa Chiesa. Questa famiglia di Dio si costituisce e si realizza gradualmente lungo le tappe della storia umana, secondo le disposizioni del Padre... E’ stata manifestata dall’effusione dello Spirito Santo e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli”.
La Chiesa, quindi, è il popolo di Dio “convocato” per compiere i propri doveri verso il Signore e Gesù, come Figlio di Dio (immolato e risorto) è il Capo mentre tutti i cristiani divengono sue membra. Queste membra sono formate da tre gruppi di persone: i Santi, già in Paradiso, le anime Sante del Purgatorio e noi, ancora pellegrini su questa terra.
I Santi sono già al sicuro e se da noi pregati, possono intercedere per noi presso il Signore; le anime sante del Purgatorio sono soggette ad una sofferenza purificatrice (perché sono irresistibilmente attratte verso il Signore, ma non lo possono raggiungere) e poi ci siamo noi, ancora pellegrini su questa terra, continuamente sottoposti a prove, difficoltà e tentazioni. Gesù, nella sua vita terrena, si è sempre dimostrato molto vicino alle persone che soffrono, infatti tutti i suoi miracoli li ha compiuti per alleviare o togliere le sofferenze, per questo la Chiesa, da Lui istituita, ha pensato di dedicare il 2 novembre come giorno più indicato per un efficace ricordo della anime sante del Purgatorio che costituiscono la parte della Chiesa che soffre e che non può far nulla per alleviare o abbreviare tale sofferenza. Solo noi, Chiesa ancora pellegrina su questa terra, possiamo dare a loro l’aiuto di cui hanno bisogno.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice, infatti, al n. 1030: “Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo”.
Che nel Purgatorio ci sia anche il fuoco purificatore, la Chiesa lo deduce da due passi della Bibbia: dalla 1ª lettera di S. Paolo ai Corinti al capitolo 3°, versetto 15 e dalla prima lettera di S. Pietro, al 1°capitolo, versetto 7.
Questo insegnamento del culto dei morti poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui parla la Bibbia già nell’Antico Testamento: “... perciò Giuda Maccabeo fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dai loro peccati. (cfr. 2° libro dei Maccabei, capitolo 12, versetto 46).
L’aiuto che possiamo dare ai nostri defunti è soprattutto quello di far celebrare delle Sante Messe in loro suffragio, perché, nella S. Messa è Gesù stesso che, nella persona del prete, prega il Padre, ed il Padre ascolta sempre il suo Figlio. La volontà ed il desiderio di portare presto le anime del Purgatorio in Paradiso e, così, di accorciare il tempo della loro sofferenza, è grande, cosicché la Chiesa ci dà la possibilità di aiutare le anime del Purgatorio anche attraverso l’acquisto delle indulgenze plenarie o parziali, le elemosine e le opere di penitenza.
Ci possiamo chiedere: perché, proprio il mese di novembre, la Chiesa ha scelto per ricordare i defunti? Riflettendo, si può capire uno dei motivi, infatti: il primo freddo che ci punge, le foglie ingiallite che si staccano dai rami, le lente piogge che tutto macerano, le nebbie che mortificano la vista e che tutto avvolgono nel grigio, ci inducono naturalmente a raccoglierci, a rientrare in noi stessi ed a riflettere.
Ogni persona è necessariamente costretta a pensare: l’avvicendarsi delle stagioni si ripete anche nella vita umana: il freddo nelle ossa, il vigore che si affievolisce, i lenti, ma progressivi, acciacchi che ci opprimono, gli eventuali dubbi che ci assalgono, sono segni indiscussi del lento, ma inesorabile tramonto: si è incamminati là dove tanti nostri fratelli e sorelle ci hanno preceduto: al cimitero.
Non è una novità! Lo sappiamo molto bene che tutto ciò che ha avuto un inizio, necessariamente avrà anche una fine. Quasi ogni domenica siamo invitati a pregare per uno, due, tre o quattro parrocchiani che nei giorni precedenti Dio ha invitato a lasciare questo mondo; verrà anche la domenica nella quale, tra quei nomi, ci sarà anche il nostro.
Il buon Dio ci ha fatto intelligenti per capire e saper distinguere il bene dal male e ci ha dato la volontà libera per saper scegliere il bene ed evitare il male: sappiamoci, quindi, regolare! 
I fatti che capitano ogni giorno ci dicono in modo molto chiaro che la nostra vita è veramente appesa ad un filo, basta un’imprudenza per tagliarlo!
Sulla tomba di un personaggio famoso per i suoi discorsi, hanno scritto la frase: ”Defunctus adhuc loquitur!” Ossia: “Il morto parla ancora!”. Non è una novità, tutti i morti parlano, basta saperli ascoltare! Quando andiamo al Cimitero a trovare i nostri morti, dopo aver pulito la tomba e recitato qualche preghiera, facciamo un po’ di silenzio ed allora sentiremo anche noi la loro voce che ci implora: “Suffragateci! Applicate a noi il sacrificio di Gesù (la S. Messa); il suo sangue laverà le nostre anime ed il buon Dio ci accoglierà in Paradiso!” 
Ma, poiché ci vogliono veramente bene, ci faranno anche delle raccomandazioni: “Cerca di vivere in pace con Dio e con il prossimo, comportati bene, ricorda che solo il bene che hai compiuto verso il prossimo potrà seguirti, accetta le sofferenze e le varie prove della vita perché ti purificheranno l’anima, vivi nell’amore e sarai sempre più vicino a Dio...”.
Chissà quante anime nel doloroso Purgatorio aspettano questa occasione (del 2 novembre) per avere un aiuto, anime dimenticate dai parenti: ricordiamole e non dimentichiamo che se riusciamo a liberare un’anima dal Purgatorio, siamone certi che, quest’anima, raggiunto il Paradiso, pregherà per noi il buon Dio.
Leggiamo nel Vangelo che Gesù, un giorno, salì a Gerusalemme e si recò presso la piscina chiamata Betzatà dove vide un ammalato che giaceva sotto uno dei cinque portici; aveva 38 anni. Vedendolo, Gesù gli disse: ”Vuoi guarire?” Quello gli rispose: “Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre, infatti, sto per andarvi, un altro scende prima di me”. E Gesù lo ha guarito. Che non capiti che l’anima di qualche nostro parente o famigliare, soffra da tempo in purgatorio, perché “non ha nessuno” che lo aiuti a liberarsi. (cfr. Gv. 5, 7).

Programma delle celebrazioni

PREPARAZIONE
Domenica 28 ottobre 
- alle ore 15 al cimitero maggiore: recita del S. Rosario e celebrazione della S. Messa
Lunedì 29 ottobre 
- ore 20,45 in via Del Chiosino 46: celebrazione della Parola
Martedì 30 ottobre 
- ore 20,45 presso il circolo Poiani in viale Pavia: celebrazione della Parola
Mercoledì 31 ottobre 
- dalle ore 20,45 in Chiesa S. Fereolo: possibilità delle confessioni

CELEBRAZIONI
Giovedì 1 novembre
SOLENNITA’ DEI SANTI
- orario domenicale per le Messe sia a S. Fereolo che al S. Cuore
- alle ore 10 in S. Fereolo Messa solenne
- ore 21 in oratorio recita del rosario e castagnata

Venerdì 2 novembre

COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI
- a S. Fereolo: S. Messa ore 8,30 - ore 15
- al S. Cuore: S. Messa ore 17 
- ore 21 Solenne celebrazione per tutti i defunti alla chiesa del S. Cuore

METTIAMO UN CERO ALLA FINESTRA
Anche quest’anno vogliamo testimoniare la nostra fede nella vita eterna alla quale i nostri cari sono già arrivati accendendo un cero alle finestre delle nostre case. 
Si tratta di un cero particolare con il messaggio che vuole essere una testimonianza di fede a tutto il mondo. 
Anche se viene acceso ad una piccola finestra semi nascosta, la testimonianza di chi lo ha acceso percorre il mondo e dice ai propri cari che in quella casa sono ancora ricordati e per loro sono ancora vivi. Il cero con il messaggio lo si può ritirare in chiesa o nei luoghi delle celebrazioni nei giorni precedenti la commemorazione dei defunti. Non si abbia timore o vergogna a compiere questo gesto. Si tratta di un atto di fede nella parola del Signore e di un atto d’amore nei confronti dei nostri cari. Oggi la nostra società ha più che mai bisogno di questi segni. Compierlo è fare del bene anche a chi non crede.
I ceri con il messaggio sono disponibili alle porte delle nostre chiese. 
Si prega di evitare di prenderli per portarli al cimitero. Questo cero non è per il cimitero, ma per la propria finestra. Portarlo al cimitero non ha senso.

L'anno della Fede, l'anno del Battesimo

In questo mese di ottobre è iniziato per volontà del papa l’anno della fede. Ricordando i 50 anni del Concilio, la promulgazione del catechismo della Chiesa cattolica, il papa ha ritenuto opportuno impegnare la Chiesa a riflettere sul grande dono della fede in Cristo morto e risorto. Se poi pensiamo anche al sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione, dobbiamo dire che la scelta è più che mai opportuna e di conseguenza necessaria per dare nuovo slancio alla nostra vita cristiana e nuovo impulso alle nostre comunità parrocchiali.
Consapevoli che abbiamo sempre bisogno di approfondire il dono della fede e di rendere sempre più viva e significativa la vita della nostra comunità parrocchiale, abbiamo accolto con gioia l’invito del papa e vogliamo impegnarci in tutto questo anno a seguire le indicazioni che la chiesa ci ha suggerito nel documento “Porta della fede”. 
Questo nuovo sforzo pastorale lo compiamo con le nostre capacità, ma anche con tutto il nostro amore al Signore che ci ha fatto il dono della fede e sempre ci sostiene nel viverlo e nel testimoniarlo in questa società non sempre favorevole a sostenere chi vuole vivere da vero cristiano.
Quando abbiamo sentito l’intenzione del papa di volere impegnare la Chiesa in questa riflessione sulla fede, abbiamo esultato perché veniva a convalidare maggiormente la scelta pastorale che la nostra comunità parrocchiale intendeva progettare per questo nuovo anno. 
Il cammino di nuova evangelizzazione fatto in questi anni, ci ha infatti portato ad intraprendere la riflessione sui sacramenti. 
Ed il primo sacramento che siamo chiamati a ricevere come dono del Signore è appunto il Battesimo. Fede e battesimo si armonizzano pienamente. Quindi noi vivremo l’Anno della Fede prendendo coscienza del grande dono del Battesimo. E’ da questo dono che tutta la vita si illumina perché la fede in Cristo morto e risorto sta all’origine del dono e ne è anche la conseguenza.
E così iniziando il nuovo anno pastorale ci siamo impegnati subito a riflettere sul Battesimo. Celebrando infatti la festa di Maria Bambina abbiamo riflettuto che in Maria Dio Padre ci ha dato il “sacramento fondamentale” Gesù Cristo. Ci siamo poi soffermati - nel pomeriggio di fraternità - con la riflessione di mons. Gabriele Bernardelli a prendere coscienza che il Battesimo è un dono, ma anche un impegno. Celebrando la sagra abbiamo visto che è dal grembo della comunità parrocchia, la sposa di Cristo, che i figli degli uomini nascono a figli di Dio mediante l’acqua e lo Spirito. 
E così con la solenne liturgia del fonte abbiamo aperto in parrocchia il nostro anno della fede.
A questi primi passi, ne seguiranno altri. L’intento è quello di aiutare tutti i fedeli della nostra comunità a prendere coscienza che il Battesimo è il dono più grande e maggiormente significativo per la propria vita. Se lo si vive con fede e spirito di riconoscenza a Dio Padre, si giunge ad avere uno nuovo sguardo su tutto quanto la quotidianità ci mette davanti e ci fa vivere.
Sarà sempre illuminato per tutto l’anno della fede, proprio perché come parrocchia ci soffermeremo a riflettere sul Battesimo. Avrà sempre un grande cero acceso per ricordare tutti i fedeli di S. Fereolo che a quel fonte hanno ricevuto il Battesimo. Sarà possibile rinnovare la grazia del proprio Battesimo accendendo un cero e recitando la preghiera messa a disposizione. Un grande foglio darà la possibilità a chi lo vuole di leggere i nomi dei battezzati del mese corrente dal 1969 all’attuale anno.
Siamo più che mai convinti che il Signore stia lavorando anche in questi nostri momenti. Noi speriamo che riflettendo sia singolarmente che comunitariamente sul dono che fa grandi agli occhi di Dio, fino a divinizzarci, qualcuno scopra di essere amato e di vivere in un mare infinito d’amore.

sabato 29 settembre 2012

La gioia di essere la comunità del Signore

Ogni paese, come pure ogni città, ha la sua festa patronale, che noi normalmente chiamiamo sagra. In città poi ogni parrocchia ha la sua propria sagra. Si tratta di un appuntamento annuale che dà la possibilità non solo di raccogliersi attorno all’altare per pregare il santo patrono, ma anche per fare un po’ di festa con parenti e amici attorno alla tavola e nei luoghi di ritrovo dove per l’occasione vengono organizzati giochi e attività di vario genere.
Come ogni parrocchia della città, così anche noi abbiamo la nostra sagra. Infatti ogni anno alla seconda domenica di ottobre il quartiere di S. Fereolo si mette con gioia la veste della festa e con tante e svariate attività vive giornate di incontri e di svago caratterizzate dalla serenità e dalla gioia. Guardando con occhi semplici e con un cuore disinteressato dobbiamo dire che queste feste di sagra sono un dono del Signore.
Oggi abbiamo quanto mai bisogno di queste feste. Pur non mancando oggi occasioni per far festa, tuttavia non sempre abbiamo la pace e la serenità che si respira nelle feste di sagra all’ombra del campanile. In queste giornate noi viviamo insieme ogni dimensione della nostra vita. Quella fisica perché in questi giorni ci si siede ben volentieri attorno ad una tavola con qualcosa di diverso; quella spirituale perché una vera sagra ha sempre il suo fondamentale momento attorno all’altare del Signore con la celebrazione dell’Eucaristia e spesso anche con la processione per le vie del paese; quella parentale e amicale perché in queste giornate parenti e amici si incontrano e si ritrovano con maggior facilità.
Dobbiamo allora guardare con occhio benevole queste feste attorno alla parrocchia e nutrire il desiderio di gioire sia per la propria umanità e in modo particolare per essere figli appartenenti a quella comunità parrocchiale.
Noi come parrocchia nel celebrare la nostra sagra ricordiamo il giorno della consacrazione della nostra chiesa parrocchiale al Signore avvenuta nell’anno 1898. Questo sacro avvenimento continua nel tempo. Infatti noi ci ritroviamo costantemente in questa casa che i nostri antenati hanno costruito e dove il Signore ha posto un giorno la sua dimora e che nel suo amore continua ad abitarvi per il bene di tutti i sanfereolini.
Entrando in questa chiesa noi ci incontriamo con il Signore, perché Lui qui vi abita, celebriamo e riceviamo il suo amore, perché in questo sacro luogo non solo vi abita, ma si dona continuamente a tutti coloro che vi entrano e desiderano lasciarsi raggiungere dal suo  amore ascoltando la sua Parola e ricevendo i sacramenti. E così sia con l’entrare nella sua casa sia nel vivere il suo amore con tutti coloro che vi entrano, noi formiamo la sua famiglia, siamo la sua comunità qui nel quartiere.
Consapevoli che mediante il dono della sua Parole e con la grazia dello Spirito Santo, siamo la sua amata comunità, la sua famiglia, noi dobbiamo esultare di gioia, dobbiamo lasciarci amare, dobbiamo sentirci tutti fratelli e sorelle. Perché possiamo sperimentare la gioia di essere la sua comunità, ed esultare di vero cuore, dobbiamo però superare una certa visone puramente umana della Chiesa e quindi della parrocchia. Noi infatti ci lasciamo spesso prendere dagli aspetti negativi, dalle povertà, dagli sbagli che puoi fare o che sono commessi dai sacerdoti  e dai cristiani che vi appartengono. Questo aspetto umano della Chiesa c’è e ci sarà sempre, noi dobbiamo guardare soprattutto alla sua realtà spirituale.
Auguro allora a tutti una felice sagra. Invito tutti a vivere momenti di serenità nella propria famiglia, ma anche con i parenti e amici. In modo particolare invito a gioire di appartenere alla comunità del Signore, alla sua amata famiglia radicata qui nel quartiere di S. Fereolo.

Programma della sagra

Celebrazioni

Durante la settimana alle Messe di orario si terrà un breve pensiero di omelia e si reciterà la preghiera per l’evangelizzazione.

Martedì sera dalle ore 21 alle 22 la preghiera silenziosa. Venerdì pomeriggio adorazione prima della Messa sia alla Chiesa del S. Cuore che a S. Fereolo.

Domenica 14 ottobre la Messa delle ore 10 in S. Fereolo sarà celebrata solennemente con tutti gli operatori pastorali
Lunedì alle ore 10 ufficio  solenne  a S. Fereolo, alle ore 17 al S. Cuore e alla sera alle ore 21 ancora in S. Fereolo.


Confessioni

Martedì sera durante la preghiera silenziosa ci sarà la possibilità di confessarsi. Sabato pomeriggio dalle ore 14,30 sia al S. Cuore che a S. Fereolo.



Altre attività

Come sempre in occasione della sagra sarà allestita al pesca di beneficenza, il banco ristoro, il mercatino del ricamo e della nonna, la vendita delle torte e tante altre cose buone. Ci sarà pure la mostra dei quadri e altre novità. Nel cortile nel pomeriggio della domenica ci saranno il luna park per i bambini e…… per adulti e tante novità.

lunedì 10 settembre 2012

E' l'inizio di un cammino

(don Roberto Abbà)


Carissimi, con grande gioia ho l’occasione di rivolgervi qualche parola di saluto dopo che il vescovo da qualche settimana mi ha nominato come vostro nuovo sacerdote. Come saprete sono stato ordinato lo scorso mese di giugno e questo per me è proprio l’inizio di questa nuova grande avventura. Sono davvero felice che il vescovo mi abbia inviato nella vostra comunità e anche se ancora non ci conosciamo, fin da subito ho percepito una bella accoglienza e una grande attesa nei miei confronti, che i vostri sacerdoti non hanno mancato di comunicarmi.
Che tipo sarà? Che carattere avrà? Che cosa vorrà? Immagino che queste siano le domande che giustamente vi state facendo in questi giorni. Naturalmente non vi svelo nulla e aspetto di avere l’occasione per incontrarci e conoscerci a partire dal prossimo mese di settembre. So che il compito che mi attende non sarà facile: conoscere tante nuove persone, imparare ritmi e abitudini, entrare in sintonia,… ci vorrà sicuramente un po’ di tempo, ma confido che avremo modo di partire con grande entusiasmo.
Ringrazio in modo particolare don Riccardo per l’accoglienza e l’amicizia che subito mi ha dimostrato e per il grande lavoro che fino ad ora ha svolto fra di voi in particolare con i giovani e i ragazzi.
Che dire ancora? Un arrivederci a presto e non mancate di ricordarmi nelle vostre preghiere!

C'è un tempo per ogni cosa

(don Riccardo Agosti)


C'è un tempo per ogni cosa e, per noi, è giunto il tempo di separare le nostre strade, per condividere un nuovo tratto del nostro cammino con altre persone: voi con don Roberto ed io con la comunità di Codogno.
Nei dieci anni passati insieme, il Signore ci ha concesso del tempo che si è riempito di tante, tantissime cose. Abbiamo condiviso moltissime esperienze, belle, impegnative ed entusiasmanti, come il rinnovamento della chiesa del Sacro Cuore e la missione giovani, come pure momenti di distacco da persone care (penso a don Virginio e a tanti volontari). C'è stato donato anche un tempo che (forse) a volte abbiamo impegnato per alcune iniziative non riuscite, o che volevamo riempire con desideri realizzabili, ma che abbiamo dovuto accantonare. Per tutto il tempo che il Signore ci ha donato ‒ ed è stato tanto ‒ ringraziamolo ma, nello stesso tempo, siamo invitati a continuare a viverlo sempre meglio.
Mi rivolgo allora a tutti voi, per incoraggiarvi, perché possiate continuare a dare una mano a don Roberto per il cammino che insieme a voi sta per iniziare. Tanti sono i volontari che operano in parrocchia. 
Mi rivolgo a quelli maggiormente impegnati in oratorio per le pulizie, i turni al bar, la presenza e l’assistenza: continuate a farlo. Il vostro contributo facilita l'abitare i luoghi in cui ci è dato condividere tempo prezioso.
Mi rivolgo a tutti gli educatori dei cammini di fede: fatevi aiutare sempre più, perché la vostra testimonianza dia sempre più forza a quello che dite e trasmettete ai ragazzi: non pensate di perdere tempo se vi verrà chiesto di fermarvi a pregare un po' e a partecipare con i vostri sacerdoti ai momenti di formazione e di confronto.
Rivolgo un pensiero alle famiglie della nostra comunità: abbiate sempre fiducia che quanto verrà proposto ai vostri figli (catechesi, incontri, grest, campi estivi, sport ...), unito al vostro sforzo educativo di genitori,  anche se non matura subito, i suoi frutti prima o poi li porterà! E’ questo ciò che ho sperimentato in prima persona in questi dieci anni. Ma, se voi stessi non ci credete e non favorite la partecipazione dei vostri figli ‒ perché vi tocca staccarvi un po' da loro o perché li credete "abbastanza grandi" per decidere da sé, o per non dovervi scontrare con le loro mode controcorrente ‒ non sperate poi nei miracoli, perché Dio non li compie contro nostra voglia: lui vede cosa alberga nel nostro cuore.
Un pensiero ai tanti (ma proprio tanti!) giovani che in questi anni ho incontrato, accompagnato, guidato, con i quali ho stretto belle amicizie e per i quali ho tanto pregato. La distanza ci arricchirà perché, quando ci sarà dato di rivederci, lo faremo con quella profondità che magari, nel vederci spesso (o spessissimo), a volte è venuta un po' a mancare. Chi non vive sempre gomito a gomito, quando si rivede, va subito al sodo.
Agli adolescenti, per i quali ho speso tante energie e non solo, chiedo di diventare la soddisfazione di don Roberto: continuerete così ad esserlo anche per me! Sappiate però che questo dipende in gran parte da voi: dal vostro entusiasmo (ricordo i balli nella piazza di Ascoli Piceno), dalla vostra presenza in oratorio (se lo abitate, chi viene e magari pensa di mettere della zizzania, non troverà terreno fertile), dal vostro sacrificio (per partecipare anche a quegli incontri un po' impegnativi ma che formano il cuore e l'anima). A tutti i ragazzi della comunità con cui ho passato e vissuto tanto, tantissimo del mio tempo ‒ pur volendo essere il prete di tutti ‒ dico: spero che continuiate a stare nei "paraggi" di don Roberto, per non perdere nulla di quanto vorrà proporvi (con l'aiuto dei catechisti e degli educatori che per ora noi sacerdoti gli consigliamo) e che un domani saprà maggiormente valorizzare per voi.
Un ultimo pensiero lo rivolgo a tutti gli anziani della comunità, specialmente a quelli che soffrono e che in tutti questi anni hanno sempre accompagnato il mio ministero in mezzo a voi con la preghiera, che ho sempre percepito e apprezzato: continuate! Questo è l'ingrediente nascosto ma fondamentale perché fermenti la pasta.
Infine rinnovo, ancora una volta, a tutti l'invito a non lasciare solo don Roberto: sarebbe come averlo fatto a me o a qualcun altro che ben conosciamo. A quelli che posso aver offeso o allontanato durante la mia presenza in parrocchia e in oratorio, chiedo: tornate! Troverete certamente un bravo sacerdote ad accogliervi. Cercate però di essere tutti collaboratori di don Roberto, non giocate con lui dicendo una cosa e poi facendone un'altra, così fanno i bambini (forse!): tra adulti non dovrebbe essere così, si perderebbe del tempo prezioso che Dio continua a donare generosamente a questa comunità. Io farò certamente tesoro di tutto quanto abbiamo condiviso, non solo perché oramai fa parte della mia vita, ma, soprattutto, perché così vi sentirò vicini. 
Al termine vi chiederete se non ho nulla per cui ringraziare: beh, per questo vi aspetto tutti alla Celebrazione della Santa Messa e alla processione in onore di Maria bambina, il 9 settembre.

domenica 9 settembre 2012

Cambiano i sacerdoti, ma la comunità va avanti

(don Giuseppe Raimondi - parroco)

Da quando Gesù è salito al cielo e lo Spirito Santo è disceso su gli apostoli nel giorno di Pentecoste, è iniziata la vita e il cammino della Chiesa in ogni parte del mondo. Da quel giorno quindi non solo è nata la Chiesa a Gerusalemme, ma con la loro predicazione e il loro martirio questa comunità del Signore risorto si è radicata ovunque. E così è giunta anche in terra lodigiana. La sua corsa lungo i secoli e il suo insediamento in ogni parte del mondo si sta ancora attuando. Agli apostoli sono succeduti i vescovi. Ai sacerdoti loro primi collaboratori nelle parrocchie si succedono altri sacerdoti. Così è sempre stato e sempre continuerà fino a quando il Signore Gesù ritornerà glorioso sulle nubi del cielo.
In questi anni abbiamo visto nella nostra Chiesa lodigiana il susseguirsi di Vescovi. Ne abbiamo visti diversi. Lo stesso è avvenuto, e anche in questi giorni sta avvenendo, nella nostra parrocchia. Ai parroci si sono succeduti altri parroci. Ai sacerdoti giovani sono subentrati altri sacerdoti giovani impegnati soprattutto per il servizio pastorale al mondo giovanile.
Gli inviti, che come parroco mi sono sentito di rivolgere a tutti nel giorno dell’annuncio del cambiamento, sono usciti dal mio cuore per la vita della comunità parrocchiale e perché il bene, compiuto dal sacerdote che parte, continui e sia anche il modo migliore per essergli riconoscenti. Come ho detto in quella circostanza, quegli inviti andranno bene anche per me quando verrà il mio momento di lasciare San Fereolo.
Ripetendoli ora di nuovo dico a tutti: in primo luogo evitiamo, pur avendo nel cuore il disagio del distacco, di nutrire eccessivi rimpianti. Il sacerdote è infatti al servizio della Chiesa diocesana. Noi preti sappiamo che, nello svolgimento del nostro servizio pastorale alla Chiesa, non abbiamo posti fissi. Siamo veramente servi. E il Signore, che guida la sua Chiesa per mezzo del Vescovo, può aver bisogno altrove. E il cambiamento spesso può essere anche un bene per lo stesso sacerdote sia come parroco che come coadiutore. In secondo luogo evitiamo le fughe. Infatti avviene spesso che con il cambio dei sacerdoti, parroci o coadiutori che siano, qualche fedele si allontani, si metta in disparte o anche, pur rimanendo, metta i remi in barca. Non essendoci più colui con il quale si condividevano tante cose, è facile che ci si metta in disparte oppure si stia a guardare. Anche qui, pur costatando che il nuovo sacerdote può cambiare qualcosa o avere un diverso stile di vita e di rapportarsi con le persone, se vogliamo il bene della comunità, dobbiamo continuare a spenderci per il Signore.
Dopo tutto questo noi dobbiamo allora avere nel cuore, sia come sacerdoti che come fedeli, un'unica preoccupazione: salvare sempre e dare continuità alla vita della comunità parrocchiale. E’ vero che è il Signore che sostiene, salva e dà continuità alla Chiesa parrocchiale. Ma consapevoli che lui si serve di noi sacerdoti e fedeli, noi dobbiamo metterci sempre al suo servizio, perché la parrocchia continui a servire nei dovuti modi, come appunto vuole il Signore, tutto il quartiere nel quale l’ha voluta.
Noi infatti siamo tutti di passaggio, la comunità invece resta anche dopo di noi. E questo è ciò che vuole il Signore da parte di tutti coloro che le appartengono. Amiamo allora la nostra comunità parrocchiale, serviamola con tutte le nostre forze, rendiamola sempre più bella perché da essa traspaia il volto misericordioso di Dio per tutti i sanfereolini. Facendo questo noi daremo gloria al Signore, salveremo le nostre anime e faremo il maggior bene a tutto il nostro quartiere.