venerdì 25 dicembre 2015

domenica 22 novembre 2015

Misericordiosi come il Padre

L’anno che iniziamo sarà totalmente dedicato al tema della misericordia: il papa ha indetto un Anno santo straordinario, un giubileo della misericordia.
Nella bolla di indizione (la lettera con cui ha ufficialmente indetto l’Anno Santo), chiamata Misericordiae Vultus, egli scrive: “Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti.” Chiamati dunque a diventare segno efficace dell’amore del Padre. Il motto che accompagnerà l’anno giubilare è proprio questo: “Misericordiosi come il Padre”; prende spunto dall’invito di Gesù, nel vangelo di Luca: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro”.
Se Gesù rivolge questo invito ai suoi discepoli e quindi anche a noi significa che la misericordia è possibile, che si può essere misericordiosi, che possiamo partecipare alla misericordia con cui il Padre ama.


LA MISERICORDIA SI “FA”

Ciò che emerge in tutta la Scrittura e che il Papa ci suggerisce nell’indizione dell’Anno Santo è che la misericordia non è un vago sentimento, non è un’astrazione della mente, ma si traduce in opere, in fatti concreti, in azioni. Con un’espressione che, forse, nella lingua italiana ci suona un po’ male possiamo dire che “la misericordia si fa”.
Di fatto, a partire dalla tradizione biblica e poi dalla tradizione della chiesa, il tema della misericordia si è tradotto nelle “opere di misericordia”, due elenchi di sette opere che non vogliono chiudere il campo alla creatività della carità, ma esprimere una ricchezza di gesti in cui la misericordia può essere espressa.
Vogliamo ricordare e riportare queste due liste.

Opere di misericordia corporali
Dar da mangiare agli affamati
Dar da bere agli assetati
Vestire gli ignudi
Ospitare i pellegrini
Visitare gli infermi
Visitare i carcerati
Seppellire i morti

Opere di misericordia spirituali
Consigliare i dubbiosi
Insegnare agli ignoranti
Ammonire i peccatori
Consolare gli afflitti
Perdonare le offese
Sopportare pazientemente le persone moleste
Pregare Dio per i vivi e per i morti.

PROPOSTE DI FORMAZIONE E DI SPIRITUALITA’ 

L’anno della misericordia ci vedrà obbligatoriamente impegnati a riflettere, pregare e maturare sulle opere di misericordia. I centri di ascolto del vangelo, la scuola di Bibbia, la preghiera silenziosa del martedì e l’adorazione del venerdì, gli incontri del gruppo famiglie, le catechesi al gruppo anziani – pensionati e anche le catechesi per gli adolescenti e giovani verteranno tutte sulle opere di misericordia.


IL LOGO DELL’ANNO

Abbiamo scelto un logo che accompagni il cammino pastorale di quest’anno e che possa ricordarci costantemente il tema di riferimento. E’ un particolare di un famoso dipinto di Rembrandt, “Il Padre misericordioso”, custodito all’Ermitage di san Pietroburgo. Il dettaglio riporta le mani del Padre, che sono il vero centro del dipinto: su di esse si concentra tutta la luce; in esse si incarna la misericordia.
Non sono uguali, ma sono una maschile (robusta, forte, muscolosa, che protegge, difende) ed una femminile (tenera, delicata, che accarezza). Attraverso le mani Rembrandt vuole comunicare il volto paterno e materno di Dio. Dio Padre e Dio Madre.
Le mani che toccano le spalle del figlio sono gli strumenti dell’occhio interiore del padre. «Il tatto sostituisce la vista». Attraverso queste mani il padre afferma di «vedere»: vede lo smarrimento di donne e uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, sente compassione per la sofferenza di coloro che hanno scelto di andarsene da casa.
Attraverso le mani, paterna e materna, la misericordia trova la sua concretizzazione, si trasforma in opere di misericordia.
In questo anno vogliamo essere mani di misericordia, mani che vedono e incontrano, che accolgono, che si stringono, che riconciliano, che offrono e donano, che abbracciano, che accarezzano e consolano … mani di misericordia.


IL SACRAMENTO DELLA MISERICORDIA

Un’ultima attenzione per questo anno giubilare sarà al sacramento della misericordia: la riconciliazione, o penitenza, o confessione. Sacramento significa segno concreto, tangibile, della salvezza con cui Dio ci viene incontro. Sarà un sacramento da riscoprire e a cui ritornare. Esso ci ricorda che siamo anzitutto noi bisognosi di misericordia e possiamo esercitarla solo e nella misura in cui l’abbiamo sperimentata.
A questo proposito cercheremo di offrire sussidi che possano aiutarci ad approfondire e a celebrare in modo più consapevole e partecipe il sacramento e noi sacerdoti cercheremo di offrire una maggiore disponibilità, già a partire dal tempo di Avvento e in preparazione al Natale (vedi sotto).

Proposte per il cammino di fede
Centri di Ascolto del Vangelo: Le opere di misericordia spirituali.
Una volta al mese. Per indicazioni dettagliate contattare il parroco.

Scuola di Bibbia: La misericordia nella Bibbia.
- Martedì 24 novembre: L’arte della misericordia: vivere nell’amore
- Martedì 1 dicembre: Il popolo di Israele: una storia all’insegna della misericordia
- Mercoledì 20 gennaio: I salmi: la misericordia diventa preghiera
- Martedì 26 gennaio: Gesù: l’uomo della misericordia
- Martedì 16 febbraio: La Chiesa: una comunità di misericordiosi
- Martedì 23 febbraio: La rivelazione finale: un giudizio di misericordia
Gli incontri si tengono in Oratorio alle ore 21. Relatore: don Stefano Chiapasco.

Preghiera silenziosa: Le opere di misericordia corporali. 
Ogni martedì alle 21, salvo indicazione contraria ed ogni venerdì alle 16.30.
Esercizi Spirituali parrocchiali: Le Parabole della Misericordia.
- Lunedì 7, martedì 8, mercoledì 9 marzo ore 15
Predicatore: mons. Domenico Morstabilini
- Lunedì 7, martedì 8, mercoledì 9 marzo ore 21

Il Sacramento della Misericordia: disponibilità dei sacerdoti per le Confessioni.

Il parroco don Elia è disponibile ogni martedì sera, durante la preghiera silenziosa; ogni venerdì dalle 16.30 alle 17.30, durante l’adorazione; ogni sabato pomeriggio dalle 15.30 alle 17. Don Marco è disponibile quasi tutte le mattine, prima e dopo la Messa delle ore 8.30 a San Fereolo e ogni pomeriggio prima della Messa delle 17, alla chiesa del Sacro Cuore.

domenica 25 ottobre 2015

La festa degli anniversari di matrimonio


Più di 30 coppie hanno partecipato alla celebrazione della festa degli anniversari di matrimonio. Qui trovi qualche foto della cerimonia.

domenica 11 ottobre 2015

Ecco la Sagra!

In un caldo pomeriggio autunnale sono state centinaia le famiglie che hanno affollato il cortile dell'oratorio per la Sagra...
Guarda qui le foto.


domenica 27 settembre 2015

Benvenuto don Elia!

La Comunità parrocchiale di San Fereolo, alla presenza del Vescovo di Lodi mons. Malvestiti, ha accolto il nuovo parroco don Elia Croce.
Guarda qualche foto della celebrazione.



domenica 20 settembre 2015

Il saluto a don Peppino

La chiesa del Sacro Cuore affollata come nelle grandi occasioni per il saluto al don Peppino... Guarda qui le foto della celebrazione e della serata.


domenica 13 settembre 2015

La Straoratorio più bagnata di sempre!


Il tempo inclemente (a tratti un vero e proprio nubifragio) non ha spaventato i 350 iscritti alla tradizionale maratonina di quartiere. Qui trovi qualche foto della corsa e delle premiazioni.

domenica 6 settembre 2015

Don Elia: un cammino inseme

Carissimi,
volentieri approfitto delle pagine di “Camminiamo Insieme” per raggiungervi tutti con il mio saluto, in attesa di incontrarvi, conoscervi di persona e poter condividere con voi un tratto del cammino.
Vengo a voi mandato dal vescovo Maurizio, cui ho promesso obbedienza; vengo cioè nel nome della Chiesa, mandato dalla Chiesa, a servizio della Chiesa, per il bene della Chiesa. Non ho nulla da portarvi di mio personale, se non il Vangelo di Gesù, di cui sono e voglio essere umile strumento. Vi chiedo di accogliermi così.
Ho nel cuore la gioia, l’entusiasmo e l’attesa di potermi inserire pienamente nella “nostra” comunità, che voglio amare e servire.
Sono pieno di riconoscenza nei confronti di don Peppino, a cui mi lega un fraterno affetto, e da cui so di raccogliere una eredità preziosa e impegnativa. Sono sicuro che la gratitudine è il sentimento anche di ciascuno di voi nei suoi confronti. A don Peppino chiedo e prometto il ricordo della preghiera.
Saluto cordialmente i miei primi collaboratori, don Roberto e don Marco, cui va tutta la mia stima e il mio apprezzamento; saluto tutti i collaboratori e volontari che, in modi diversi e tutti preziosi, operano per il bene della comunità, cosi come non posso dimenticare i bambini, i ragazzi, i giovani, le famiglie, gli anziani, gli ammalati e coloro che soffrono: siete già tutti nella mia preghiera!
Il Signore vi benedica, vi protegga e vi doni la sua pace! A presto!

Un parroco va ed uno arriva: la comunità però continua

In procinto di lasciare definitivamente la comunità parrocchiale di S. Fereolo ecco a voi, carissimi sanfereolini, il mio saluto. Desidero illustrarvi ancora una volta il significato di ciò che tra poco il quartiere vivrà. Si tratta dell’uscita di un parroco e nello stesso tempo dell’accoglienza di un nuovo pastore.


TUTTO IL QUARTIERE
Un parroco che parte non lascia solo la comunità che ha servito, ma lo stesso quartiere. Il parroco è sì dato alla comunità, ma per servire con essa tutto il quartiere. Il distacco è quindi duplice: comunità parrocchiale e quartiere. Lo stesso lo si deve dire del nuovo parroco. Viene per servire la comunità parrocchiale e continuare con essa ad evangelizzare il quartiere


UN PARROCO SE NE VA
Come tutti i mortali, anche i parroci diventano vecchi e quindi è necessario che lascino ad altri sacerdoti più giovani di continuare a servire la Chiesa. In questi mesi è toccato a me vostro parroco. I miei anni sono ormai tanti, le forze vengono meno e soprattutto la comunità parrocchiale di S. Fereolo ha bisogno di un nuovo slancio pastorale. Quindi è giusto che lasci la parrocchia di S. Fereolo. 
Il Signore sa che nel cuore di questo vostro vecchio parroco, spero di non peccare di presunzione, non è venuto meno l’amore verso la comunità, anche dopo ventitré anni, non è diminuito nemmeno lo slancio spirituale, anzi è cresciuto grazie a voi e alla comunità, non sono venute meno neppure le idee e tanto meno la passione pastorale. 
Dobbiamo allora essere tutti convinti che dopo ventitre anni di vita assieme, il cambio del parroco porterà senz’altro nuovo slancio, porterà freschezza di vita, realizzerà quelle nuove linee di pastorale di cui la parrocchia di S. Fereolo ha in questo momento grandemente bisogno.


UN NUOVO PARROCO ARRIVA
Se un parroco se ne va, un altro ne arriva. Così vuole la Chiesa. Non c’è infatti comunità parrocchiale senza il suo pastore. Davanti a questa scelta del Vescovo, io, parroco uscente, non posso far altro che ringraziare il Signore per questo dono. Sono, ve lo dico sinceramente, molto contento della scelta fatta dal Vescovo. Abbiamo pregato molto in questi mesi. Il Signore ci è venuto grandemente incontro dando alla parrocchia di S. Fereolo un bravo sacerdote.


E COSI’ LA COMUNITA’ VA AVANTI
Quello che sempre vi dicevo, ora lo si vede ancora più apertamente. I sacerdoti vengono, lavorano, e poi se ne vanno altrove, ma la comunità resta e continua la sua vita e la sua missione. La comunità parrocchiale siete voi fedeli. Siete voi il punto focale e determinante di una parrocchia. E’ vero, è necessario il sacerdote perché è lui che vi darà Gesù nell’eucarestia, sarà lui che vi assolverà i peccati, ma se non ci siete voi a chi può dare il suo servizio pastorale?


ECCO IL MIO GRANDE AUGURIO
Accogliete il nuovo parroco. Accoglietelo nella fede. E’ infatti Cristo, il buon pastore, che ve lo manda. Collaborate sinceramente e generosamente con lui. Lui infatti avrà bisogno di voi come voi avrete bisogno di lui. Ricordatevi sempre quello che vi ho detto tante volte: è vero che è il parroco che dà un volto alla parrocchia, ma è anche la parrocchia, cioè i fedeli, che dà un volto al suo parroco. E dopo averlo accolto nella fede e dopo esservi impegnati a collaborare con lui, non stancatevi mai di pregare per lui, per i vostri sacerdoti. Se alla sua preghiera manca la vostra, non può far altro che sperimentare la vostra povertà. Se sarete uniti nella preghiera diventerete allora un faro stupendo di luce e di forza che illuminerà e chiamerà al Signore tutti gli abitanti del popoloso quartiere di S. Fereolo.
Dopo tutto questo permettete, poiché parto per sempre da voi, che vi rivolga un sincero e cordiale invito. Abbiate anche per me un ricordo presso il Signore. Da parte mia, poiché siete ormai presenti indelebilmente nella mia vita e nel mio cuore, vi prometto che cercherò di continuare a pregare per voi là dove il Signore ha voluto che viva in attesa della beata speranza di incontrarlo per sempre.

lunedì 29 giugno 2015

La speranza è il nostro motore

Di questa verità siamo tutti convinti. Per confermare questa consapevolezza, la sapienza popolare ha inventato anche un proverbio che spesso diciamo anche noi: “La speranza è l’ultima a morire”. Se non avessimo un po’ di speranza nel cuore, non saremmo in grado di vivere dignitosamente la battaglia della vita. Infatti più andiamo avanti, maggiormente abbiamo tutti bisogno di aiuti e quindi soprattutto di speranza.

MA CHE COS’E’ LA SPERANZA?
Ci piace definirla con semplici parole. E’ il motore. Noi sappiamo infatti che una macchina non si muove, non va avanti e non serve a nulla se non ha un motore. Questi può essere potente o debole, nuovo o vecchio, bello o brutto, silenzioso o rumoroso. Quello che importa è che ci sia e che compia il suo dovere. Se mancasse, la macchina sarebbe da buttare, anche se bella e nuova. Se tutto questo lo riferiamo alla vita dell’uomo, dobbiamo dire che la speranza è il motore della vita dell’uomo, della donna, di una famiglia, di un prete, di un’azienda, della stessa umanità.
Se questo è vero, ed è verissimo almeno per noi, dobbiamo allora dire con estrema certezza che senza la speranza non possiamo vivere. Questa virtù può essere debole, può essere fragile, faccia pure fatica ad esserci, ma ci vuole. Nessuno può farne senza. Constatiamo infatti che, oggi in modo particolare, quando viene meno questo motore, spesso volontariamente distrutto con le proprie mani, ci si chiude ad ogni futuro.

NOI VOGLIAMO AVERE SPERANZA
Dobbiamo però dire subito che la virtù della speranza non si compera. Non c’è infatti nessun negozio che possa venderla, non ci sono nemmeno dei prodotti per caricare il nostro animo di speranza. Questa virtù è inserita nel nostro essere, nel nostro cuore. La possediamo infatti con la nostra nascita. E’ Dio stesso che l’ha impressa nel nostro corpo quando ci ha dato di incominciare ad esistere. Basti pensare alla tensione in avanti con la quale il nostro corpo, animato e sostenuto dallo spirito, si proietta in avanti, sospira il meglio, tende sempre a un qualcosa.
Comprendiamo molto bene allora che il primo impegno a favore dell’uomo, ma anche nei nostri confronti, è quello di “non uccidere” mai la speranza che abita in noi e nell’uomo che ci sta accanto e che ovunque incontriamo. “Uccidere la speranza” vuol dire infatti annientare il futuro di un uomo, togliergli quel motore che lo sostiene in vita.

C’E’ PERO’ SPERANZA E SPERANZA
Abbiamo detto che la speranza è il motore che tiene in vita e che ci fa camminare in avanti con serenità. Questa speranza può avere due volti. Si tratta in primo luogo della speranza umana, che tutti inevitabilmente abbiamo ricevuto in dono dal Signore, sia che si accetti o si accantoni Dio nella propria esistenza. L’altra è quella cristiana. Non si tratta di un’altra speranza, è la medesima, che però
ha accolto in sé la luce del Signore Risorto. Il dono della fede in Cristo Risorto imprime infatti nella speranza umana la forza e lo slancio della vittoria di Cristo sulla morte. Viene arricchita di una luce nuova e di una forza divina. Se poi questa speranza è vissuta costantemente in profonda comunione con il Risorto, l’uomo possiede lo stesso sguardo e la medesima forza della vittoria di Cristo. Per possedere questa speranza cristiana occorre però vivere e crescere continuamente nella fede cristiana, ma anche testimoniarla con convinzione e gioia. 
Dopo tutto questo dobbiamo anche dire che se il cristiano non si impegna a maturare nella vita cristiana, si affievolisce non solo la speranza, ma anche la stessa fede.

ABBIAMO BISOGNO DI QUESTA SPERANZA
Se è la speranza umana che ci dà la forza per la battaglia della vita, noi diciamo che è quella cristiana che ci dà la capacità di guardare sempre avanti nonostante tutto e di avere continuamente in noi la certezza che aggrappati a Cristo risorto vinceremo anche la stessa morte. Chi vive la fede in Cristo e di conseguenza la speranza cristiana e la carità fraterna, è sempre proteso verso un “meglio” che deve senz’altro venire. Un “meglio” che racchiude la soddisfazione piena di tutte quelle aspettative che il suo cuore ha portato e nutrito per tutta la sua vita. Anzi troverà anche molto di più, perché ha sperato in un Dio così amante dell’uomo che per la sua gioia ha sacrificato il suo amato Figlio, per averlo con sé in una piena ed eterna soddisfazione nella comunione trinitaria.

domenica 24 maggio 2015

Gli anni passano

E’ passato un altro anno pastorale. Senza accorgerci i giorni sono volati uno dopo l’altro senza far baccano. Gli avvenimenti lieti e tristi li abbiamo invece non solo avvertiti, ma anche portati e vissuti. E gli acciacchi? Non solo li abbiamo sopportati con poca rassegnazione, ma anche sono aumentati con il passare delle settimane. E così siamo diventati più vecchi o meglio, come si preferisce dire oggi, siamo diventati più anziani. Non ci si scappa. Non siamo noi padroni del tempo e dei giorni. Tutto è dono del Signore. E allora che cosa dobbiamo fare? Due possibilità.

SOPPORTARLA
La prima possibilità, la più facile e la maggiormente seguita: andare avanti portando il peso degli avvenimenti. Sfogandosi su qualcuno per liberarsi un po’ dei pesi che si devono portare o affrontare. Curarsi della salute in tutti i modi. Cercare di stordirsi con qualche cosa per poter dimenticare. Fare “qualcosa” per non invecchiare e così mantenersi, se non concretamente, almeno nello stile di vita e o nell’abbigliamento in modo da non essere considerato poi troppo anziano. E soprattutto avere paura che tutto finisca presto. Che si debba avere qualche attenzione, è una cosa più che mai giusta, ma vivere nell’ansia, nel timore del futuro, nella non accettazione delle problematiche della vita, non è cosa buona, perché questo stile non fa vivere la bellezza della vita con i suoi veri valori, sia quelli umani che quelli spirituali. Dobbiamo infatti essere più che mai convinti che la vita, nonostante i problemi di vario genere che ci può offrire, è sempre un grande dono.

VIVERLA
E’ lo stile del vero cristiano. Se la vita è un dono perché senza nostro merito la riceviamo, dobbiamo saperla vivere. Come? Dandole un significato, una ragione, un obiettivo. Siamo infatti più che mai convinti che se non si ha una ragione per morire, non si ha nemmeno una ragione per vivere. Più grande sarà questo scopo, meglio si vivrà e si avrà la forza per la battaglia della vita. E’ stato detto, e noi lo confermiamo. che quanto più grande e profonda è la speranza che l’uomo porta nel cuore, tanto più sarà capace di vivere e di gioire in tutti i suoi giorni. Dicendo questo e vivendo in questo modo non si ignorano le fatiche e le difficoltà della vita di tutti i giorni. Nemmeno la precarietà della salute che a volte fa soffrire grandemente. E tanto meno la paura della morte. Siamo però convinti che con la grazia del Signore tutto si può affrontare con una certa serenità e soprattutto con la speranza che se gli anni passano il meglio deve sempre venire.

IL GRANDE VALORE DELLA FEDE
Tutto dipenderà allora dalla fede che si porta in fondo al proprio cuore. Quanto più qualificata sarà la fede, tanto più la vita avrà un senso. Quanto più la fede sarà radicata in fondo al cuore, tanto più si avrà la forza per affrontare gli avvenimenti lieti e tristi che i giorni ci offrono. Ancora: quanto più la fede sarà vissuta, tanto più si vivranno gli avvenimenti facendone un’offerta per il bene dei fratelli e di tutto il mondo. In una parola si tratta allora della fede in Cristo morto e risorto. E’ Lui e soltanto Lui che dà senso e significato alla nostra vita, alla vita della comunità parrocchiale e del mondo intero. Se togliamo Cristo Signore, tutta la vita cade nel nulla e ogni uomo ha come eredità la morte eterna.

NOI CREDIAMO
Se anche gli anni passano e gli acciacchi aumentano, anche se la giovinezza va in fumo e la vecchiaia ci fa spavento, anche se lo splendore del giorno sta per essere sostituito dal tramonto al quale poi succederà la notte, noi siamo più che mai convinti che il meglio, sia per ciascuno di noi, se per la nostra comunità parrocchiale, sia per il mondo intero, sta per venire. Il meglio infatti sta sempre al di là di tutto. La ragione di tutto questo sta nel fatto che Cristo è risorto per noi, lo Spirito Santo ci è stato donato e abita nel nostro cuore, il Padre celeste ci ama e noi siamo suoi amati figli. E per completare tutta questa infinita grazia di doni celesti, abbiamo in eredità tutti i beni di Dio. Beati coloro che hanno questa fede e la vivono con fedeltà e con gioia.
Sulla Parola del Signore diciamo che non saranno delusi in eterno.

I doni dello Spirito Santo - Il Timor di Dio

S. Giovanni Bosco (quest’anno ricorrono i duecento anni dalla sua nascita) diceva: “Il dono del timor di Dio è il rispetto filiale di Dio che ci aiuta a stare lontano dal peccato perché dispiace a Lui, facendoci confidare nel suo potente aiuto”.
La sera del 24 novembre 1864 don Bosco suggerì ai suoi giovani un mezzo per studiare bene il timor di Dio. Diceva loro: “Volete veramente ottenere un buon risultato negli studi? Temete il Signore! Guardatevi bene dall’offenderlo! Un solo peccato mortale arreca al Signore un’offesa così grande che tutti gli Angeli e tutti gli uomini insieme non potrebbero riparare! E Dio dovrebbe aiutare negli studi coloro che gli fanno un insulto così grave!?”.
Il card. Martini afferma: “Il timore di Dio è l’atteggiamento che ci fa vivere abitualmente sotto lo sguardo del Signore, preoccupati di piacere a Lui, piuttosto che agli uomini. Quel Dio che ti guarda continuamente - prosegue il cardinale - è sì il Dio-giudice, ma, come ci ha fatto conoscere Gesù, vuole ora essere considerato come un Padre che ti conosce e che ti ama come nessun altro e che vuole solo e sempre il tuo bene”.
“Il timor di Dio - dice papa Francesco - non è aver paura di Dio, ma ci fa capire che noi siamo come dei bambini fra le braccia di Dio e, quindi, ci stimola alla riconoscenza, alla docilità ed alla lode, ricolmando il nostro cuore di Speranza”.

Frammenti di vita quotidiana
Che vergogna, papà! La rapidità dell’uso del telecomando ti dava una certa sicurezza. Di quel film avevi sentito parlare molto tra i colleghi di lavoro ed avevi persino letto la recensione sul giornale che ne descriveva la volgarità in modo da renderla... desiderabile. Ti sei accertato che la stanchezza, gli impegni con gli amici svuotassero il salone, poi ti sei accomodato curioso a seguire il racconto confuso di improbabili amori. Forse eri troppo incuriosito o troppo stanco per accorgerti accorto dell’apparire imprevisto ed improvviso della tua figlia più grande nel momento meno opportuno....
Neppure tu credi che la tua ironia sulle “stupidità che fanno vedere alla tv” sia stata sufficiente per nascondere il tuo imbarazzo e per dissolvere lo sconcerto e lo scandalo che hai letto sul suo volto di adolescente. Ora quella scena ti ritorna in mente ed ancora arrossisci di vergogna; cerchi di immaginarti che idea si sarà fatta la ragazza di suo padre e non riesci a perdonarti......
Eppure ho ragione io!
Come nasce un litigio? Credo che per un po’ si accumuli il risentimento: c’è stata quella parola offensiva che non hai potuto (o voluto?) digerire, hai creduto di leggere in quello sguardo l’invidia per ciò che sei riuscito a fare, hai interpretato quel modo maldestro di parcheggiare la macchina come un dispetto per esasperarti,.... Ti sei sorpreso a fantasticare sul “modo di fargliela pagare”.
Poi, un brutto giorno, per una sciocchezza che, in altre occasioni, hai facilmente perdonato ad altri, ti sei arrabbiato davvero e hai detto:
“Adesso, basta!” e sono venute fuori parole veramente offensive, è venuto fuori un elenco impressionante di sgarbi, ingiustizie, torti, colpevoli trascuratezze, ... Il risultato è che da allora non sei più riuscito a parlare con il tuo vicino ed ogni incontro, puramente casuale, è stato solo un imbarazzato volgere altrove lo sguardo. A furia di pensarci, ti sei sempre più convinto che tu hai solo ragione, mentre lui ha sempre e solo torto.
Ma... da dove viene quel disagio che non ti lascia mai del tutto tranquillo quando ti accosti all’Eucarestia? Perché sei così complicato nel distinguere tra rancore, risentimento, “non aver niente contro”, per giustificarti di fronte alla pagina del Vangelo che ti dice chiaramente: “Se tu stai per presentare la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che un tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt. 5, 23-24).
L’altro giorno il tuo vicino è stato ricoverato all’ospedale, ora, che farai?

Preghiera e riflessione
Invoco con voi e per voi lo Spirito Santo, perché effonda il dono del “Santo timor di Dio”.
1. Abbiamo visto quello che dicono S. Giovanni Bosco, il card. Martini e papa Francesco sul dono dello Spirito Santo: il timor di Dio. Ora applichiamo questo dono ai casi sopra ricordati:
• Il timor di Dio non è la paura che paralizza, ma lo sguardo amico e amorevole del “Padre” che incoraggia e rassicura: “Questa cosa è giusta e tu la puoi fare”. E’ una presenza amica che ti salva dalla confusione che rende desiderabile il male e cerca di giustificarlo: “Se nessuno viene a saperlo, che male c’è?”.
• Il dono del timor di Dio aiuta ad essere onesti per amore del bene, per rispetto verso se stessi, per quella profonda ed intima relazione con il Padre che sta nei cieli e che ci ha resi “Tempio” del suo Santo Spirito”.
Quel padre, scoperto dalla figlia a guardare un film “volgare”, non deve ora restare “paralizzato” dalla vergogna, piuttosto, da qui in avanti, vigili per non sbagliare più, per non cedere più alla tentazione.
Anche se la segretezza è garantita (non si pensa che una figlia possa far conoscere ad altri le eventuali debolezze del padre!) però il padre deve convincersi che continuamente lo sguardo paterno di Dio lo accompagna, amorevole ed incoraggiante per non lasciarsi umiliare dalla volgarità.
2. Il dono del timor di Dio deve rendere possibile affrontare la fatica del bene difficile, nell’intento di ristabilire la pace tra vicini di casa.
Lo so che, prima o poi, troverai le parole adatte per avviare il cammino difficile e faticoso della riconciliazione e, mentre andrai a trovarlo all’ospedale, ti verrà in mente tante volte che, forse, sarebbe meglio lasciar perdere i presunti torti subiti.
Sentirai anche la voce di Dio (la tua coscienza) che t’incoraggerà nel tentativo della riconciliazione.....
Forse sarai accolto male, forse ti verrà data una risposta “sgarbata” che non ti saresti aspettato, forse ti morderai la lingua per non aver avuto la parola giusta al momento giusto, ma, certo, sentirai di aver fatto quanto dovevi e che il risultato è, senz’altro, meno importante della grazia di sentirti in pace con la tua coscienza e, quindi, con il Signore. (C. M. Martini, Lo Spirito Santo in famiglia).
Un proverbio latino dice: “Ab assuetis non fit passio” cioè “Dalle cose che capitano con una certa frequenza non ci si meraviglia più”, ed è un pericolo nel quale possiamo cadere anche noi, soprattutto nei confronti del Signore.
S. Agostino, infatti, diceva: “Timeo Jesum transeuntem” cioè “Temo Gesù che passa” perché, quando Gesù passa vicino a noi (nella S. Comunione, nella preghiera, in un buon esempio visto, in un rimorso di coscienza per qualche sbaglio) ci manda sempre qualche buon suggerimento, qualche utile richiamo ed il Santo temeva di non saperne approfittare e, di conseguenza, di dover rendere conto al Signore per aver sciupato quell’opportunità.
Prima del Concilio Ecumenico Vaticano II si usava tanto la lingua latina in Chiesa (nella S. Messa ed in tanti canti liturgici) quindi, giustamente, la maggior parte dei fedeli non la conosceva e, di conseguenza, non comprendeva il significato, ma ora che si usa la lingua italiana, i fedeli possono e devono comprendere il significato delle parole che sentono e che pronunciano.
Purtroppo il diavolo, soprattutto quando siamo in Chiesa, le inventa tutte per distrarci e noi, con troppa facilità, lo ascoltiamo e, di conseguenza, le belle parole e le promesse che facciamo a Gesù, non ottengono nessun buon risultato, perché non migliorano la nostra condotta di vita.
Allora possono aver ragione quelli che dicono: “Quella persona, pur frequentando la Chiesa, è peggiore degli altri che non vanno in Chiesa!”.
S. Agostino ci avvisa e ci scuote dal nostro torpore: “Guardate che dovrete rendere conto al Signore di tutte queste opportunità che abbiamo sciupato per la nostra indifferenza”. Il dono dello Spirito Santo del “Timor di Dio” vorrebbe sempre darci una mano, soprattutto quando siamo in Chiesa, ma rispetta la nostra libertà di amare di più la distrazione del raccoglimento, il parlare col vicino più che con il Signore, col doppio risultato negativo: non preghiamo noi e disturbiamo anche chi vuol pregare, dandogli cattivo esempio.

I doni dello Spirito Santo - La Pietà

S. Giovanni Bosco diceva che: “La pietà è la convinzione della nostra filiazione divina, che ci fa nascere un grande amore verso il Padre che ci aiuta per un servizio filiale verso di Lui”. Papa Francesco afferma: “La pietà è il dono dell’amicizia con Dio, donatoci da Gesù, un’amicizia che necessariamente deve cambiare la nostra vita, donandoci gioia ed entusiasmo di vivere.... Quando lo Spirito Santo ci fa percepire la presenza del Signore ed il suo grande amore per noi, ci riscalda il cuore e, inevitabilmente, ci muove alla preghiera, poiché ci fa riscoprire che noi siamo figli di Dio. Questo ci aiuta anche a riscoprire che se noi siamo figli di Dio, siamo anche fratelli tra di noi ed allora, ne viene di conseguenza che dobbiamo prestare attenzione alla loro situazione per, eventualmente, dare una mano per le loro necessità. In questo modo, il nostro stato d’animo deve arrivare al punto di “gioire con chi gioisce e soffrire con chi soffre”.
Il card. C.M. Martini dice: “La pietà è l’ordinamento del cuore e della vita intera ad adorare Dio come Padre, a prestargli il culto che lo riconosca come sorgente e come meta di ogni dono autentico. La pietà è la tenerezza per Dio, l’essere innamorati di Lui ed il desiderio di rendergli gloria in ogni cosa. La misericordia del Signore è talmente grande con noi che Egli desidera la nostra carità verso di Lui. Grazie alla pietà, il cristiano non cerca solo le consolazioni di Dio, ma il Dio delle consolazioni, desiderando di fargli compagnia nella sua gioia e nel suo dolore per i peccati del mondo.”(C. M. Martini: Tre racconti dello Spirito) Il dono della pietà ha accompagnato tutta l’esistenza terrena di Gesù, quindi deve accompagnare anche tutta la nostra esistenza e ci farà provare che noi abbiamo sempre bisogno del Signore, rendendoci consapevoli che siamo figli di un Padre così buono che ci educa all’amore gratuito, ci fa sentire sicuri, protetti e continuamente assistiti dalla sua Provvidenza. Quando riusciamo ad essere docili allo Spirito Santo, il dono della Pietà attiva la nostra energia interiore contro il male, e ci illumina nelle varie situazioni di ogni giorno e nel nostro cammino di crescita nella nostra vita spirituale.

Frammenti di vita quotidiana
1. La preghiera si è svuotata 
Inutile illudersi, mio figlio non prega più! Lo ricordo da bambino con gli occhi spalancati e le manine giunte, tutto intento alla fiammella della candela appena accesa per poi rivolgere i suoi occhioni azzurri a “salutare Gesù”. Ricordo con quanta insistenza alla sera voleva che mi sedessi sul letto accanto a lui a “dire le preghierine”. Ricordo l’emozione della sua Prima Comunione....Poi, crescendo, s’è fatto distratto, irrequieto, incapace di silenzio, sempre una musica assordante e vuota, sempre un appuntamento da non perdere con gli amici che gli fanno fare le ore piccole.....Che sarà di lui quando la vita lo spremerà con le sue asprezze?

2. Che devo fare ancora?
Mia moglie è una santa donna. In chiesa appena può, recita lei il Rosario prima della S. Messa, prega per tutti: missioni, vocazioni, i malati, Papa, ed anche per quelli che non vanno in chiesa.... quindi, anche per me!
Io sono un brav’uomo, onesto e lavoratore, sempre disponibile a dare una mano a chi me la chiede, faccio offerte per le Missioni, per il Seminario, nessuno va via da casa mia senza un aiuto, però,.... non vado in Chiesa! 
Sono dunque da condannare? Andare in Chiesa e sentire sulla schiena lo sguardo interrogativo di tanta gente abituata da cent’anni a occupare quella panca è una cosa che supera la mia pazienza. Sia ben chiaro che io non critico nessuno, solo che non mi trovo in Chiesa!

3. Un cuore può farsi di pietra....
Abbiamo avuto tante prove nella vita, non è stato facile per noi… nei primi anni di matrimonio siamo stati costretti a vivere nella casa dei suoceri perchè avevamo troppo poche risorse e sentirli sempre borbottare per ogni cambiamento, a discutere i nostri orari e perfino i nostri menu.
C’era, però, la giovinezza, l’ambizione di progredire e una fede giovane e sincera. Sono venuti poi i figli che ci hanno costretto a cambiar casa, che l’hanno subito riempita di allegria, di litigi e di giocattoli, di abbracci affettuosi e di capricci, di preoccupazioni per le scelte educative e per il loro futuro. Ma…. c’era la salute, la voglia di lavorare, il benessere a portata di sudore ed una fede adulta, sobria e solida...
Ma quando per l’ultimo dei figli la diagnosi non ha più lasciato speranze, allora mia moglie si è fatta come di pietra. Continuava a fare tutto come prima, con efficienza e precisione, ma nei suoi occhi s’era spenta quella scintilla di gioia che li rendeva così belli e vivi. Si parlava un po’ di tutto in casa, della scuola del figlio più grande, della bronchite della ragazza, dei buoni risultati scolastici, della necessità di cambiare la macchina, dei progetti per le vacanze. Ma io mi accorgevo che per lei tutto era colorato di grigio e che quel figlio diverso dagli altri le era sempre davanti agli occhi e le impediva di concedersi al riso, di sciogliersi in lacrime, di abbandonarsi ai sogni e alla preghiera.
Ecco il punto più difficile: mia moglie è arrabbiata con il Signore!

Preghiera e riflessione
Invoco con voi e per voi lo Spirito Santo perché effonda il dono della pietà.
Abbiamo visto sopra come viene definita da S. Giovanni Bosco, da papa Francesco e dal card. Martini la pietà, ora aggiungiamo solo che il dono della pietà si trova sulle vie misteriose che lo Spirito percorre per abitare nel cuore delle persone.
• Un giorno forse quel ragazzo che non prega più e, quindi, percorrendo da solo le strade della città, troverà spontaneo cercare un momento di sollievo al caldo dell’estate nella presenza di una chiesa. Lì gli parlerà il grande Crocifisso o il sacro silenzio o il comportamento umile e devoto di un fedele. Dopo tanto tempo, il ragazzo proverà ancora a mettersi in ginocchio e cercherà forse con fatica di far ritornare dalla memoria quelle antiche e dolci parole: “Padre nostro che sei nei cieli.
• Un giorno, forse, anche l’uomo onesto e buono, reso opaco dall’abitudine e dal rispetto umano, abituato a trattenere il pensiero e persino il sentimento sulle cose spicciole e fugaci, si troverà preso dalla commozione. Sarà un canto che lo raggiunge da insospettate lontananze, visitando un santuario oppure, guardando un volto di Cristo (di un artista) che era lì appeso da chissà quanto tempo ma che, ora, finalmente, trapassa con sguardo inquietante le mura impenetrabili in cui s’era rinchiuso il desiderio di Dio, spremendone la improvvisa commozione con il ricordo delle antiche e dolci parole: “Sia santificato il tuo nome...” 
• Un giorno, forse, anche la madre afflitta che va in chiesa oramai solo perchè al suo bambino ammalato piacciono i canti sacri, sentirà la vicinanza e la condivisione dell’altra Madre addolorata che sta là sotto la croce. E quando, tra le lacrime, tornerà a pregare con convinzione le parole troppo a lungo taciute:”....Sia fatta la tua volontà!” non sarà per dichiarare una resa ad un Dio strano e misterioso che manda le disgrazie, ma sarà un canto di vittoria e di speranza che si abbandona all’unico, vero, santo Dio che ha dato vita anche al suo unico Figlio morto in croce e che sa dare gioia e speranza eterna al bambino ammalato e consolazione alla sua afflitta madre…. 
Penso, a questo punto, di dover fare una riflessione molto importante.
Leggendo la S. Bibbia, nell’Antico Testamento (nel Nuovo, mai!) si trova con una certa frequenza che Dio, quando ordinava di fare qualche cosa, poi diceva: “Se tuo figlio ti chiede il perché tu risponderai: Perché il Signore ci ha liberato dalla schiavitù dell’Egitto!” Quindi Lui ha il diritto di farci conoscere la sua volontà e noi abbiamo il dovere di ubbidirgli!”.
Ebbene, dopo aver letto i tre episodi sopra ricordati, dovremmo dare un po’ più di attenzione alla volontà del Signore che ci viene fatta conoscere soprattutto attraverso il Vangelo (sentito in Chiesa o letto nelle nostre case) e metterla in pratica nella nostra vita di ogni giorno.
Ci uniformiamo troppo all’andazzo del mondo! Non abbiamo il coraggio di resistere alle lusinghe della società corrotta, non ci distinguiamo dai “figli delle tenebre”, per cui, nessun ragazzo ci chiede il perché del nostro comportamento perché non ci distinguiamo dagli “altri”.
E Lui ha il diritto di farci conoscere la sua volontà, perché ha mandato Gesù, suo figlio, a morire sulla Croce per salvarci dalla schiavitù del peccato, quindi noi abbiamo il dovere di ubbidirgli se vogliamo salvarci dall’Inferno.
Leggete la famosa preghiera che Gesù ha rivolto al Padre per i suoi discepoli e, quindi, anche per noi, nella quale chiede al Padre una speciale protezione, perché i suoi discepoli (ed anche noi), pur vivendo “nel mondo” però non sono “del mondo”, quindi devono avere il coraggio e la forza di “andare contro corrente” (cfr. Gv. 17). Ed è quello che i ragazzi ed i giovani aspettano dai loro genitori e da noi adulti ed anziani.
Non dimentichiamo che il Signore ci domanderà conto di questo nostro mancato buon esempio ai piccoli!

domenica 29 marzo 2015

E' risorto per noi!

Il Signore Gesù è veramente risorto, ed è risorto per noi. Sì, per ciascuno di noi, per questa nostra umanità. E ora rimane sempre il risorto con il cuore aperto perché tutti noi e l’umanità possiamo abbeverarci continuamente del suo grande e infinito amore.

MA CHI L’HA CROCIFISSO?
Io e voi. Non dobbiamo nascondere questa verità, anche se può far male. Sì, con quegli scribi, con quei sacerdoti, con quella folla che urlava “crocifiggilo” eravamo presenti anche noi. Senza essere stati presenti fisicamente, anche noi l’abbiamo messo a morte. E così gli abbiamo inflitto non una morte comune, ma quella più ignominiosa che esista sulla terra, cioè quella della croce. E per completare il rancore che esisteva nei cuori di tutti gli uomini nei suoi confronti, l’abbiamo innalzata tra due ladroni alla derisione di tutti e dell’universo intero per tutti i secoli.

MA LUI E’ RISORTO
Pensavano, dopo averlo visto morire così crudelmente e davanto agli occhi di tutti, che finalmente se ne erano liberati. Il loro sospiro di pace è però durato poco. Solo e neanche tre giorni. Il mattino di quel grande giorno è apparso di nuovo, ma veramente e realmente con il suo corpo trasfigurato anche se portava con sé i segni della passione subita. Nessuno se lo aspettava. Gli apostoli, pur avendolo sentito parlare alcune volte della sua morte e della sua risurrezione, non avevano capito cosa sarebbe avvenuto. I suoi crocifissori, meno ancora anche se i profeti, che leggevano nella sinagoga, avevano annunciato che il Messia avrebbe fatto nuove tutte le cose.

ORA RIMANE SEMPRE VIVO
E’ passato attraverso la morte, ma lui l’ha vinta. E’ morto anche Lui, ma Lui era più forte della stessa morte. Lo dice molto bene S. Efrem. Ecco le sue parole: “Avvenne allora che la morte si avvicinasse a lui per divorarlo con la sua abituale sicurezza e ineluttabilità. Non si accorse, però, che nel frutto mortale, che mangiava, era nascosta la Vita. Fu questa che causò la fine della inconsapevole e incauta divoratrice. La morte lo inghiottì senza alcun timore ed egli liberò la vita e con essa la moltitudine degli uomini.
Fu ben potente il figlio del falegname, che portò la sua croce sopra gli inferi che ingoiavano tutto e trasferì il genere umano nella casa della vita”.

LASCIAMOCI RINNOVARE
Se è morto ed è veramente risorto è per tutti noi, per tutti gli uomini. La sua morte e la sua vittoria devono diventare nostre. Non c’è via di mezzo. Anche noi allora dobbiamo passare attraverso la sua morte per giungere alla nostra personale risurrezione. La nostra vita cristiana è tutta qui. Morire al peccato, rinnovarci interiormente mediante il suo sangue. Questo lo dobbiamo vivere ogni giorno facendo tesoro dei sacramenti della confessione e dell’eucarestìa. E così ogni giorno, morendo al peccato e sostenuti dal suo corpo, noi cresciamo nella vita dei figli di Dio, realizziamo la nostra esistenza. In attesa di passare un giorno, quando Dio vorrà, attraverso la nostra morte fisica con Lui nel cuore, e di giungere gloriosi alla vita che non conosce tramonto. E’ infatti con Lui nel cuore che noi vinceremo la morte, passeremo a vita nuova per tutta l’eternità. Non c’è via di mezzo. Mentre abbiamo tempo nutriamoci di Lui, lasciamolo lavorare nel nostro cuore e nella nostra vita. Un giorno anche noi sorrideremo con Lui alla morte e diremo anche noi con lui: “Dov’è o morte la tua forza? Dov’è o morte la tua vittoria?”. E con tutti gli amici ormai arrivati a casa, ma soprattutto con Cristo Signore risorto, canteremo per sempre il nostro magnificat nella gioia sempre nuova, ma soprattutto consapevoli che non avrà mai fine.

A TUTTI AUGURI DI BUONA PASQUA
Eccoci ancora, carissimi, a celebrare insieme una nuova Pasqua del Signore. E’ la festa della nostra fede cristiana, è la festa della vita che vince la morte, è la festa dell’amore di Dio Padre per noi, per questa nostra umanità. Celebrando la Pasqua del Signore noi prendiamo coscienza che il Signore è ancora qui con noi e per noi compie meraviglie. Lui infatti rimane sempre con noi e sempre muore e risorge per aiutarci con il suo amore, anche se a volte sembra che il Signore se ne sia andato da questa società a volte violenta e quasi sempre costruita sul vuoto invece che sui veri valori. Consapevole che il Signore è qui e per noi lavora, ecco a voi i miei auguri.

A TUTTI E A CIASCUNO
Questi miei auguri pasquali, anche se sono ormai tanti gli anni che ve li rivolgo, sono però sempre nuovi, sono sempre freschi, sono sempre e soprattutto carichi dell’amore che porto al Signore e di conseguenza a ciascuno di voi, ma anche a tutti gli abitanti del quartiere.
Stiamo vivendo momenti difficili sotto tanti aspetti. Come vostro parroco sono a conoscenza delle vostre difficoltà. Se non le sento direttamente da voi, le sento in altre occasioni. Molte poi le intravedo personalmente guardando voi, i vostri figli. Il Signore infatti dona ai sacerdoti uno sguardo che va al di là di ciò che l’occhio umano può vedere.
E così vi assicuro che vi ricordo sempre tutti nelle mie preghiere. Di che cosa volete che parli al Signore se non di voi, dei vostri figli, delle vostre famiglie, dei giovani, dei bambini e degli anziani e in particolare degli ammalati? E’ ciò che posso fare di più utile presso il cuore del Signore. E’ Lui infatti che ci sostiene nelle difficoltà, è lui che ci rasserena e ci conforta quando il peso della vita si fa sentire.

ANDIAMO AVANTI CON IL SIGNORE
E allora invito tutti e ciascuno ad andare avanti facendo tesoro dell’amore del Signore. Con Lui nel cuore, possiamo guardare avanti con una certa serenità.
Questo amore del Signore non ci toglie, è vero, la croce, non l’ha tolta nemmeno a suo Figlio, ma ci dà la possibilità di restare in piedi e di camminare con speranza. 
Infatti con la fede in Dio Padre, si vedono e si vivono le vicende della vita in un modo diverso.

AGGRAPPATEVI A LUI
E allora, mentre vi faccio questi miei auguri pasquali, vi invito caldamente ad aggrapparvi al Signore.
Pregate, partecipate alla Messa domenicale, leggete la Parola di Dio. Se la vostra casa diventa una piccola Chiesa, allora sperimenterete la presenza del Signore, lui stesso vi consolerà e vi darà l’aiuto di cui avete tanto bisogno. Ricordatevi di quello che lui ci ha detto e che io, come vostro parroco, ho detto in tutte le vostre case, in occasione della benedizione delle famiglie: “Senza di me non potete far nulla”.

AUGURI
Questi auguri giungano a voi anche da parte di don Roberto e di don Marco. 
Come noi vi ricorderemo in modo particolare al Signore in questi prossimi giorni, così anche voi ricordatevi dei vostri sacerdoti. Come voi avete bisogno delle nostre preghiere, così anche noi abbiamo bisogno delle vostre preghiere.
Siamo infatti sicuri che, grazie alla nostra corale preghiera, il Signore ci verrà incontro come Lui solo sa fare nel suo grande infinito amore.
Con la speranza di vedervi alle celebrazioni della morte e risurrezione del Signore Gesù, vi diciamo con tutto il nostro cuore: buona Pasqua!

La celebrazione della Domenica delle Palme






I doni dello Spirito Santo - La Scienza

Parlando della scienza è facile limitarsi alla capacità che ha l’uomo di conoscere sempre meglio la realtà che lo circonda e di scoprire le leggi che regolano la natura e l’universo, ma non è questa la scienza-dono dello Spirito Santo. Questa scienza è un dono speciale che ci porta a cogliere, attraverso il creato, la grandezza e l’amore di Dio e la sua intima relazione con ogni creatura. Il dono dello Spirito Santo della scienza, ci aiuta a non cadere in atteggiamenti eccessivi e sbagliati, come ci ammonisce papa Francesco, come quello di crederci padroni del creato! “Il creato non è una proprietà su cui possiamo spadroneggiare a nostro piacimento - continua il papa - né, tanto meno, è una proprietà solo di alcuni. Il creato è un dono meraviglioso di Dio e noi lo dobbiamo custodire e, secondo le nostre possibilità, far progredire”.

FRAMMENTI DI VITA QUOTIDIANA
1 - Una volta, ai miei tempi...
Bisogna proprio dire che i miei vecchi qualche volta riescono proprio ad essere noiosi. Se incominciano a raccontare come era il mondo una volta, riescono ad essere scoraggianti! Una volta era tutto più bello, la gente era più buona, più onesta, i giovani più abituati al sacrificio, le chiese più piene, i preti più...preti! Il futuro sarà più difficile per il lavoro, per trovare una ragazza seria, per educare i figli.... Previsioni davvero scoraggianti.

2 - “Prigionieri delle stelle”
Quando Venere e Marte sono contrari, non c’è niente da fare, mi sento giù, tutto mi pesa ed anche quel modo di fare allegro di mio marito che tanto mi aveva attirato, mi mette di cattivo umore. Anche prima avevo di questi momenti e non sapevo il perchè, ma davo la colpa alla pressione, all’umidità, all’invadenza della suocera, in realtà siamo prigionieri delle stelle. Questa settimana il mio oroscopo annuncia una dissonanza di alcuni pianeti, quindi saranno giorni di malumore e di noia, mentre per mio marito i segni zodiacali promettono bene. Ci sarà quindi burrasca in casa, lui contento, io scontenta e sfiduciata....

3 - “Con tutte queste religioni, non si capisce più nulla....” 
Hanno suonato alla porta i Testimoni di Geova e con gentilezza e cordialità mi hanno lasciato il loro giornalino da leggere con tutte quelle notizie allarmanti e mi hanno spiegato, con citazioni bibliche, che la Bibbia dice cose ben diverse da quelle che insegna la Chiesa Cattolica. Che confusione!
Mio figlio mi dice: “Non farli più entrare, ti riempiono la testa di idee sballate! “Mia figlia che era presente, dice: “Questi sono proprio convinti! Vanno di casa in casa, con il caldo d’estate ed il freddo d’inverno; questi sì che hanno fede!”...
E’ finalmente tornata la figlia dei nostri vicini. E’ stata via chissà quanto e chissà dove, tanto che, ad un certo punto, non chiedevo neppure più notizie, perchè, ogni volta, sua madre mi rispondeva con un profondo e doloroso sospiro. Ora è finalmente tornata: magra da far impressione, vestita con colori sgargianti in fogge esotiche, mangia solo frutta e verdura. Dice che ora ha trovato la pace e che questa è la vera religione...
Ecco come si cerca, si prega Dio e si parla di Lui in modi così diversi: che confusione!

PREGHIERA E RIFLESSIONE
Invoco con voi e per voi lo Spirito Santo perché effonda il dono della Scienza. 
Il dono della scienza ci aiuta a giudicare rettamente le cose create, conoscendo il modo di ben usarle ed indirizzarle all’ultimo fine che è Dio. 
Le deviazioni a questo proposito sono numerosissime sia per ignoranza che per volontà deliberata. Il dono della scienza risulta indispensabile a noi cristiani, soprattutto nelle culture attuali che, spesso, sono caratterizzate dall’indipendenza da ogni criterio che non sia quello del giudizio puramente umano.
“La scienza spirituale - dice il card. Martini - è la visione della realtà che consegue all’incontro con il Signore che cambia la vita... Grazie alla scienza della fede è possibile cogliere i segni dei tempi ed i fermenti evangelici presenti dappertutto, anche nelle situazioni apparentemente più chiuse alla luce della verità rivelata”(C. M. Martini, Tre racconti dello Spirito). 
Il dono della scienza rende fruttuosa la fatica di pensare, traccia un sentiero per chi cerca e si pone delle domande, sostiene la pazienza di letture impegnative, alimenta il desiderio di una formazione anche intellettuale, fa provare noia per discorsi inutili...
Il dono della scienza insegna uno sguardo sul nostro tempo più penetrante delle statistiche e dei malumori: gli adulti diventano amici della giovinezza, si trattengono dallo scuotere affrettatamente il capo di fronte ai discorsi dei figli, ai loro entusiasmi e alle loro iniziative. Evitano confronti impossibili con un passato fantastico, traggono piuttosto dalla loro esperienza quanto aiuta ad essere saggi, a fidarsi di Dio ed a sostenere con coraggio i sogni promettenti dei giovani.
Il dono della scienza rende deciso il cammino per uscire dalla desolante ignoranza religiosa in cui molti si adagiano come se fosse un diritto.
E’ desolante, infatti, che la complessità del mondo in cui viviamo con tutti i suoi grossi problemi, invece di stimolare ad approfondire la propria fede, consegni allo smarrimento, renda muti ed imbarazzati di fronte ad ogni obiezione...
“Mentre nelle librerie aumentano i libri capaci di rispondere ad ogni possibile interrogativo, nelle case anche dei cristiani pare che entrino solo rotocalchi pieni zeppi di banalità e di indifferenza; mentre non si perde un’ora di palestra, la Catechesi per adulti e giovani rimane deserta....Lo Spirito Santo effonde il dono della scienza per convincere il cristiano che ora è tempo di coltivare un’attitudine alla ricerca, perché allora sarai fiero di dare una risposta a chi ti domanda ragione della nostra speranza, sarai fiero di non tacere di annunciare il Vangelo, scambiando il silenzio intimorito per rispetto della coscienza altrui. Sarai fiero anche di annunciare la libertà cristiana a chi si arrende ad una visione fatalista della vita e si consegna come un prigioniero degli astri, mentre è stato creato con la dignità e la libertà di un figlio di Dio” (C..M. Martini, Lo Spirito Santo in Famiglia).
La dolorosa constatazione fatta dal Cardinal Martini purtroppo continua con disastrose conseguenze nella vita della Chiesa. anche perché i laici-battezzati non si rendono conto della loro responsabilità. Sto leggendo un libro di Luisa Campagnoli (fa parte dell’Istituto delle Missionarie del Sacerdozio Regale di Cristo ed è impegnata nella catechesi e nella pastorale degli adulti della Diocesi di Lodi) dal titolo: “Il Sacerdozio Comune dei Battezzati” nel quale viene ricordata e sostenuta su documenti del Concilio e del Magistero, la parte attiva che i laici-battezzati hanno nella Chiesa. La provvidenziale diminuzione delle vocazioni sacerdotali ha fatto riportare in vita il ministero del Diaconato Permanente e dei Ministri Straordinari dell’Eucaristìa, ora, però, si deve rivalutare il Sacerdozio Comune dei Battezzati. Già S. Pietro nella sua prima lettera scritta da Roma e indirizzata ai cristiani dispersi nelle province dell’Asia, diceva: “Voi, però, siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere...”.
Quindi, la responsabilità della vita della Chiesa non è solo del Papa o dei Vescovi o dei Religiosi (sacerdoti, suore, monaci..), ma è di tutti i battezzati, perché, in forza del Battesimo, tutti hanno una parte attiva.
Questa parte attiva nella vita della Chiesa non consiste solo nell’essere presenti alle varie iniziative, ma, anche, nel fare delle osservazioni e nel dare dei suggerimenti ed avanzare delle proposte.
Un proverbio latino dice: “Spiritus ubi vult spirat” ossia “Lo Spirito agisce dove vuole”, quindi non è appannaggio solo dei Religiosi (Papa, Vescovi, Sacerdoti), ma di tutti i battezzati (anche i cosiddetti laici).

domenica 22 febbraio 2015

Benedetta Quaresima!


Siamo in Quaresima. Un tempo prezioso per la vita del cristiano. Convinti di questo, noi dovremmo ringraziare il Signore che ce lo offre, e la Chiesa, nostra madre, che ci sollecita a viverlo in spirito di conversione per un ritorno maggiormente convinto al Signore. Consapevoli di questo dono, noi ci siamo impegnati dopo aver ricevuto la cenere sul nostro capo. Lo scopo di questo cammino è in primo luogo quello della purificazione dai peccati e poi quello di vivere una vita cristiana maggiormente fedele al Vangelo.

PRIMO IMPEGNO: CONVERSIONE
Qui sorge subito l’interrogativo fondamentale. Che cosa vuol dire convertirsi? Conversione vuol dire cambiamento di vita. Abbandonare certi comportamenti contrari al Vangelo, alla vita cristiana. Dio infatti, proprio perché ci ha fatti figli nel battesimo, ci vuole santi. C’è poi l’altro interrogativo. Chi deve convertirsi? Noi molto spesso riteniamo di non doverci convertire. Ci riteniamo a posto. E lo diciamo anche. E’ una mentalità di autosufficienza, di perbenismo. Per noi sono gli altri che devono cambiare, devono smettere di fare certe cose, di aver certi comportamenti sbagliati. E invece tutti siamo chiamati a convertire il cuore. 

SFORZIAMOCI
La nostra perfezione è la santità. E questa la si raggiunge mediante una continua conversione del cuore. Infatti quelle mancanze, che noi cristiani e sacerdoti ogni giorno commettiamo, quello stile di vita consumistico di cui è segnata la nostra vita, anche se ci sembrano cose insignificanti, sono e restano sempre un ostacolo alla nostra vera perfezione. Dio Padre proprio perché ci vuole bene e desidera la nostra perfezione, non si stanca mai di sollecitarci a questo impegno. Rispondiamogli generosamente. Non dobbiamo aver paura. Se siamo stati sinceri quando ci siamo impegnati a diventare migliori, abbiamo percepito dentro il nostro cuore una certa soddisfazione. Era il segno che quella era la strada giusta.

SECONDO IMPEGNO: RITORNARE AL SIGNORE
La conversione è sempre orientata al Signore. Con il peccato, più o meno grave, noi ci allontaniamo da Lui. Non siamo più posseduti pienamente dal suo amore. Il peccato di qualsiasi genere è sempre un ostacolo all’amore di Dio. La nostra vita infatti è e deve essere sempre più intessuta, imbevuta, animata, sorretta, trasfigurata dall’amore della Trinità. La nostra piena realizzazione sta appunto qui: essere posseduti pienamente dal Signore. 

NON TEMIAMO
Non dobbiamo allora aver paura di ritornare al Signore. Lui non ci obbliga, vuole che rispondiamo liberamente al suo invito. Lui ci aspetta sempre con amore, vuole realizzare un vero incontro d’amore. Lui ordina ogni cosa, ogni avvenimento, ogni incontro, ogni situazione della nostra vita per far breccia sulla nostra volontà. La risposta deve essere nostra, personalmente nostra.
Superiamo allora ogni paura. Lui vuole veramente il nostro vero bene, la nostra autentica felicità.

POICHE’ ABBIAMO ANCORA TEMPO
Consapevoli che nella conversione e nel ritorno al Signore sta tutto il nostro vero bene, affrettiamoci ad utilizzare questo tempo di Quaresima per una sincera conversione e per un gioioso abbandono al Signore.
A tutto questo ci siamo impegnati all’inizio della Quaresima ricevendo la cenere sul capo.
La Pasqua che vivremo tra qualche settimana realizzi veramente un autentico abbandono al Signore. Inizieremo allora a vivere da veri figli di Dio, avremo gioia piena nel cuore e saremo testimoni del suo amore in casa, nel quartiere, ovunque la vita ci ponga a vivere.