Una parola scorre sotto tutte le parole di Gesù, come una corrente sotterranea, una nervatura delle pagine: «vita». Che hai a che fare con me, o carne e sangue di Cristo? La risposta è una pretesa perfino eccessiva, perfino sconcertante: io faccio vivere! Incalzante certezza da parte di Gesù di possedere qualcosa che inverte il corso della vita, orientandola non più alla morte ma all'eternità. La sorpresa è che Gesù non dice: «Prendete di me la mia sapienza». Non dice: «Bevete la mia innocenza, mangiate la santità, la divinità, il sublime che è in me, la giustizia assoluta, la potenza illimitata». Dice invece: «Prendete la fragilità, la debolezza, la precarietà, il dolore, l'intensità di questa mia vita». Il mio Dio è così, conosce i sentimenti, sa la paura e il desiderio, ha pianto, ha gridato i suoi perché al cielo, è stato rifiutato dalla terra. Per questa sua fragilità è il Dio per l'uomo, con il suo dolore è il Dio per la vita mia fatta di germogli amari. Quasi un Dio minore, ma è solo così che diventa il «mio» Dio. Non si può giungere alla divinità di Cristo se non passando per la sua umanità, carne e sangue, corpo in cui è detto il cuore, mani che impastano polvere e saliva sugli occhi del cieco, lacrime per l'amico, passioni e abbracci, i piedi intrisi di nardo, la casa che si riempie di profumo e di amicizia, e la croce di sangue. I verbi ripetuti quasi in una incantatoria monotonia – mangiare, bere – sono innanzitutto il linguaggio della liturgia del vivere, di una Eucaristia esistenziale, della comunione totale con Cristo. «Nella comunione il cuore assorbe il Signore e il Signore assorbe il cuore, così i due diventano una cosa sola» (Giovanni Crisostomo). E tu sei fatto vangelo. E se sei fatto vangelo senti la certezza che l'amore è più vero dell'egoismo, la pietà più umana del potere, il dono più divino dell'accumulo. Io mangio e bevo il mio Signore, quando assimilo il nocciolo vivo e appassionato della esistenza di Gesù e mi innesto sul suo tronco che è il suo modo di vivere. Chi fa proprio il segreto di Cristo, costui trova il segreto della vita. A questo mi conduce l'Eucaristia domenicale, dove il sublime confina con il quotidiano, l'infinito con il perimetro fragile del pane e del vino, là Dio è vicino a me che temo la solitudine e il dolore. Se solo lo accolgo, trovo il segreto della vita.