Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare... […] E in quest'ora speciale Gesù pone la domanda decisiva, qualcosa da cui poi dipenderà tutto: fede, scelte, vita... ma voi chi dite che io sia? Preceduta da un «ma», come in contrapposizione alle risposte della gente: dicono che sei un profeta, bocca di Dio e dei poveri, una creatura di fuoco e luce. Quella di Gesù non è una domanda per esaminare il livello di conoscenza che gli apostoli hanno di lui, ma contiene il cuore pulsante dei miei giorni di credente: Chi sono io per te? Non è in gioco l'esatta definizione di Cristo, ma la presa, lo spazio che occupa in me, nei pensieri, nelle parole, nella giornata. Il tempo e il cuore che mi ha preso. Gesù, maestro di umanità, non impone risposte, ti conduce con delicatezza a cercare dentro di te. Allora il passato non basta, non serve riandare ad Elia o a Giovanni. In Gesù c'è un presente di parole mai udite, di gesti mai visti, una mano che ti prende le viscere e ti fa partorire (A. Merini). Partorire vita più grande. Pietro risponde con la sua irruenza: tu sei il Cristo di Dio. Il messia di Dio, il suo braccio, il suo progetto, la sua bocca, il suo cuore. Ma Pietro non sa che cosa lo aspetta. La risposta di Gesù ci sorprende ancora: ordinò severamente di non dire niente a nessuno. Severamente, perché c'era il grave rischio di annunciare un Messia sbagliato. Ed è lui stesso a tracciare il vero volto del Figlio dell'Uomo che deve soffrire molto, venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Dio è passione, passione d'amore. Passione che sacrifica se stessa. Una passione che nessuna tomba può imprigionare. Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sè stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Seguire Cristo significa portare avanti il suo progetto. Ma come? Gesù non dice «prenda la mia croce», ma la sua, ciascuno la sua. Il progetto è unico, ma ognuno percorrerà la sua strada libera e creativa, diversa da tutte, che deve tracciare, che non è già tracciata. La croce è la sintesi del Vangelo. Qualunque sia il tuo stato di vita, l'età, il lavoro, la salute, tu puoi, con le tue fatiche, i tuoi talenti e le debolezze, prendere il Vangelo su di te e collaborare con Cristo alla sua stessa missione, allo stesso sogno di una umanità incamminata verso una vita buona, lieta e creativa, «non come un esecutore di ordini ma come un artista sotto l'ispirazione dello Spirito» (Maritain).
domenica 19 giugno 2016
Il Vangelo della Domenica - 12 giugno 2016
Un momento esplosivo del Vangelo, che rovescia convenzioni e ruoli, che mette prepotentemente al centro l'amore: questa donna ha molto amato. Questo basta. Un Vangelo che ci provoca, ci contesta e ci incoraggia. La fede non è un intreccio complicato di dogmi e doveri. Gesù ne indica il cuore: ama, hai fatto tutto. Ecco una donna venne... con un vasetto di profumo. Non con la cifra corrispondente (da dare ai poveri), non a mani vuote, non con un discorso di belle parole. Viene con quello che ha, con ciò che esprime amore, più che pentimento. Qualcosa per il corpo di Gesù, solo per il corpo, e che rivela amore. Bagna i suoi piedi con le lacrime, li asciuga con i capelli, li profuma, li bacia. Sono gesti imprevisti, nuovi, oltre la legge, oltre lecito e illecito, oltre doveri o obblighi, con una carica affettiva veemente. Ai quali Gesù non si sottrae, che apprezza. Bastava, come tanti altri, chiedere perdono. Ma perché questi gesti eccessivi, il profumo e le carezze e i baci? Già nella legge antica Dio aveva chiesto per sé un altare per i profumi; nel Cantico dei Cantici il profumo prolunga la presenza dell'amato, quando ha lasciato la stanza; le carezze e i baci sono la lingua universale dove è detto il cuore. Ogni gesto d'amore è sempre decretato dal cielo. Gesù gode il fiorire dell'amore, vede la donna uscire dalla contabilità del dare e dell'avere, come se avesse una specie di conto da regolare con il Signore, ed effondersi negli spazi della libertà e della creatività, fino a bruciare in un solo gesto un intero patrimonio di calcoli e di tristezze. Ogni gesto umano compiuto con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio. Gesù guarda al di là delle etichette: arriva una donna, gli altri vedono una peccatrice, lui vede un'amante: ha molto amato. L'amore vale più del peccato. È la nostra identità. L'errore che hai commesso non rèvoca il bene compiuto, non lo annulla. È il bene invece che revoca il male di ieri e lo cancella. Una spiga conta più di tutta la zizzania del campo. Questo Dio che ama il profumo e le carezze, mi commuove. Non è il grande contabile del cosmo, ma è offerta di solarità, possibilità di vita profonda, gioiosa, profumata, che sa le sorgenti della gioia, del canto, dell'amicizia. Un solo gesto d'amore, anche muto e senza eco, è più utile al mondo dell'azione più clamorosa, dell'opera più grandiosa. È la rivoluzione totale di Gesù, possibile a tutti, possibile ogni giorno.
Il Vangelo della Domenica - 29 maggio 2016
Mandali via, è sera ormai e siamo in un luogo deserto. Gli apostoli hanno a cuore la gente, ma solo in parte, è come se dicessero: lascia che ognuno si risolva i suoi problemi da solo. Gesù non li ascolta, lui non ha mai mandato via nessuno, vuole fare di quel deserto, di ogni nostro deserto, una casa dove si condividono pane e sogni. Il Vangelo trabocca di miracoli compiuti sui corpi di uomini, donne, bambini. I corpi guariti diventano come il laboratorio del Regno, il collaudo di un mondo nuovo, risanato, liberato, respirante. Diventato casa: «fateli sedere in gruppi», metteteli in relazione tra loro, che facciano casa. Il miracolo della condivisione dei pani e dei pesci il Vangelo non parla di moltiplicazione - inizia con una richiesta illogica di Gesù ai suoi: Date loro voi stessi da mangiare. Ma gli apostoli non sono in grado, hanno soltanto cinque pani, un pane ogni mille persone. La sorpresa di quella sera è che poco pane condiviso con gli altri è sufficiente, che la fine della fame non sta nel mangiare a sazietà, da solo, il tuo pane, ma nello spartire con gli altri il poco che hai, il bicchiere d'acqua fresca, olio e vino sulle ferite, un po' di tempo e un po' di cuore. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato alla fame d'altri. Gesù avanza questa pretesa irragionevole e profetica (voi date da mangiare) per dire a noi, alla Chiesa tutta di seguire la voce della profezia, non quella della ragione; di imparare a ragionare con il cuore, il cuore sognatore di chi condivide anche ciò che non ha. Dona, allora, anche il tempo che non hai. Non conta la quantità ma l'intensità. E vedrai che il tempo e il cuore donati si moltiplicheranno. Vedrai che torneranno a te ore più liete, giorni più sereni, battiti danzanti del cuore. Tutti mangiarono a sazietà.
Quel «tutti» è importante. Sono bambini, donne, uomini. Sono santi e peccatori, sinceri o bugiardi, donne di Samaria con cinque mariti e altrettanti divorzi, nessuno escluso.
Così Dio immagina la sua Chiesa: capace di insegnare, guarire, saziare, accogliere senza escludere nessuno, capace come gli apostoli di accettare la sfida di mettere in comune tutto quello che ha. Capace di operare miracoli, che non consistono nella moltiplicazione di beni materiali, ma nella prodigiosa e creativa moltiplicazione del cuore.
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