martedì 28 maggio 2013

La festa del Sacro Cuore

Nel mese di Giugno e, precisamente, il Venerdì che precede la seconda Domenica dopo la Pentecoste, viene celebrata la solennità del Sacro Cuore di Gesù e, per questo, si può dire che tutto il mese di Giugno è consacrato alla devozione al S. Cuore. E’ una devozione che trae la sua origine da alcune apparizioni che il S. Cuore fece a S. Margherita Maria Alacoque, una suora Visitandina nel monastero di Paray-le-Monial nel quale venne celebrata per la prima volta la festa nel 1686.
Ma la devozione al Sacro Cuore è ancora attuale?
Nel clima di desacralizzazione in cui viviamo, è lecito chiedercelo, anche se sappiamo che la risposta è certamente positiva, purché si comprenda il vero spirito che la deve sostenere.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, alla domanda: “Che cosa rappresenta il Cuore di Gesù?”, risponde con queste chiare parole: “Gesù ci ha conosciuti e amati con un cuore umano. Il suo cuore, trafitto per la nostra salvezza, è il simbolo di quell’infinito Amore col quale Egli ama il Padre e ciascuno degli uomini (cfr. Catechismo Chiesa Catt. n.478).
Gli altri pii esercizi che sono collegati a questa devozione devono essere intesi come un aiuto per accrescere in noi l’amore verso Gesù e per esprimere il nostro desiderio di riparare le offese a Lui arrecate.
Ma Gesù aveva veramente un amore umano, oltre ché divino?
Nel Vangelo troviamo tanti riferimenti in proposito; mi limito a ricordarne uno: Gesù amava tutti, ma aveva un affetto particolare per una famiglia di Betania, composta da tre persone: Marta, Maria e Lazzaro.
Un giorno le due sorelle (Marta e Maria) mandano a dire a Gesù: “Signore, quello che tu ami, è ammalato!” Gesù si trattenne ancora due giorni, poi, andò a trovarlo ma, nel frattempo, Lazzaro (l’ammalato) moriva.
Gesù, arrivato alla casa, si fece accompagnare presso la tomba dell’amico morto e, dice il Vangelo, Gesù “Pianse!”. Allora i Giudei che erano andati per consolare Marta e Maria, si meravigliarono e dissero:”Guarda come lo amava!”.
Gesù stesso ci tiene molto a far conoscere agli uomini questo suo amore, narrando tre parabole, chiamate le “parabole del cuore”, comandando ai suoi discepoli di farle conoscere in tutto il mondo, perché se conosciute, capite e vissute, devono dare ad ogni persona umana, in qualunque situazione della vita si possa trovare, una grande serenità e gioia.
Queste tre parabole (la pecorella smarrita, la dramma perduta ed il padre buono) le troviamo tutte nel capitolo 15 del Vangelo di Luca e manifestano veramente il cuore umano di Gesù.
Tutte e tre le parabole parlano di festa: “Rallegratevi con me - dice il pastore - perché ho ritrovato la mia pecora che avevo perduto!”; “Rallegratevi con me - dice la donna - perché ho ritrovato la dramma!”; “... e cominciarono a far festa” per il ritorno del figlio prodigo.
Festa in terra, dice Gesù, ma più festa in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti. Ma in Cielo non può aumentare la festa eterna, allora è il cuore umano di Gesù che esplode di gioia per la pecora riabbracciata, la dramma ritrovata, il figlio prodigo ritornato.
Nelle tre parabole, Gesù sottolinea il luogo privilegiato nel quale fare la festa: la casa. Chi ritrova la pecorella, va a casa e chiama gli amici; chi ritrova la dramma, spazza la casa; il figlio che ritorna viene accolto a far festa in casa. La casa richiama la famiglia, dove tutto viene condiviso, sia le gioie come le sofferenze; Gesù associa l’idea della festa e della socialità della gioia alla casa. I tre protagonisti, infatti, chiamano gli amici a festeggiare in casa e non nel ristorante. 
Le tre parabole manifestano tre atteggiamenti molto importanti del cuore umano di Gesù. 
- La sua tenerezza: la pecorella ritrovata non viene castigata dal pastore, ma viene presa sulle spalle e portata nell’ovile, mentre i pastori, di solito, spingono la pecora ritrovata nell’ovile a suon di legnate!
- La sua attenzione: narrando la parabola della dramma, Gesù ha voluto ricordarci quanto gli siamo preziosi. Infatti la dramma era una piccola moneta che si poteva facilmente perdere nelle fessure del pavimento (di allora), sotto i mobili od anche sotto il letto; ecco perché il modo migliore per ritrovarla era quello di “spazzare” la casa. Quindi, anche se noi siamo una piccola cosa, per lui, però, siamo importanti e se ci perdiamo, lui ci cerca come se fossimo soli al mondo!
- Il suo perdono: il terzo atteggiamento del cuore umano di Gesù nei nostri confronti è la continua sua disponibilità al perdono.
Ricordiamo la risposta che Gesù ha dato a Pietro quando l’apostolo gli ha chiesto quante volte si deve perdonare al fratello che sbaglia verso di te. Dicendo fino a sette volte, Pietro pensava di aver raggiunto il massimo, Gesù, invece, lo completa: “Non dico fino a sette volte, ma, fino a “settanta volte sette!” Cioè, sempre!
Il giovane della parabola che abbandona la casa paterna, diventa uno sciupone, un donnaiolo e finisce per diventare un misero guardiano di porci, contendendo ad essi le ghiande, non merita che disprezzo, ma fino a quando non decide di tornare e chiedere perdono. Perfino il fratello maggiore lo accusa e non condivide la troppa remissività del padre che lo riveste delle vesti più belle, lo reintroduce in casa, fa uccidere il vitello più grasso e organizza una grande festa.
Si avvera così il detto che il cuore ha delle ragioni che la ragione non ha e Gesù, finché viviamo in questo mondo, preferisce ragionare con il cuore, quindi Gesù è una persona come noi ed allora, cerchiamo di trattarlo come ci comportiamo noi: vedete, quando noi andiamo in casa di qualcuno, anche se siamo in compagnia, la prima cosa che facciamo è quella di salutare il padrone di casa, di parlare con lui e di ascoltarlo (soprattutto se ci ha chiamato lui), purtroppo, invece, tante volte capita che si viene in chiesa in compagnia e si continua a parlare con la persona vicina e Gesù viene ignorato. Può anche capitare che si occupi tutto il tempo che si sta in chiesa, recitando delle preghiere, mentre, già nell’Antico Testamento, Dio diceva al suo popolo: “Ascolta, Israele!”. Perché dobbiamo sapere che quando ci rechiamo in chiesa, è perché il Signore ci chiama: quindi, è perché Lui ha qualche cosa da dirci. Quindi noi, se accogliamo il suo invito, dobbiamo recarci in chiesa disposti più ad ascoltare il Signore che a parlare noi. Sapendo che Gesù ha un cuore umano, lo dobbiamo anche trattare come una persona umana; sapendo che Gesù è anche una persona divina, dobbiamo anche ammettere che ha più cose Lui da dire a noi che noi a Lui.
Il nostro Creatore ci ha fatto intelligenti apposta perché potessimo capire queste cose e comportarci in modo coerente: quando, ad esempio lo riceviamo nella S. Comunione, dovremmo capire che siamo in intimità profonda con Lui, che è un amico che ci vuole bene, e quindi dobbiamo tacere ed ascoltarlo perché è una persona viva ed è lui che ci ha chiamato.
Teniamo sempre presente questi sentimenti del cuore umano di Gesù; sono sicuro che ricaveremo un grande aiuto per la nostra vita spirituale, godendo della vera gioia che Lui ci farà provare in abbondante misura, perché è Lui stesso che ce lo dice: “Amore voglio, non sacrifici; non offerte, ma comunione con me”.