domenica 31 agosto 2014
Straoratorio, 21esimo appuntamento
Siamo arrivati alla 21a Straoratorio che si correrà domenica 14 settembre. Non è solo una corsa, ma una camminata per le vie del nostro quartiere. La corsa sarà dei giovani, la camminata per chi ha qualche anno in più nelle gambe. È quindi un appuntamento di gioia e di vita. Di gioia e di vita per il fatto che ci ritroviamo insieme, piccoli e giovani, adulti e anziani, con la volontà di esprimere la vita che più meno giovanilmente pulsa nel nostro cuore e nel nostro corpo, anch’esso dono del Signore.
Sarà pure un segno che dice a tutto il quartiere che a S. Fereolo esiste l’oratorio, che sempre si pone al servizio delle nuove generazioni, per formarle alla vera vita.
Anche per quest’occasione, è stata preparata una nuova maglietta con un nuovo simbolo. Indossandola diremo a tutti che la vita è un cammino sostenuto dalle braccia amorose di un Padre che ci conduce come Lui solo sa fare. Le magliette saranno vendute sabato 6 e domenica 7 settembre, prima e dopo le Messe, ma anche nella stessa mattinata del 14, prima della Straoratorio.
Il programma: alle ore 9,30 raduno nel cortile dell’oratorio per la celebrazione della S. Messa. Subito dopo, lo sparo per la partenza.
Il percorso si svolgerà come in questi anni per le vie del nostro quartiere e potrà essere ripetuto una seconda volta. In oratorio ci sarà anche un punto ristoro.
Al termine, verso le ore 11,45 circa, la premiazione.
Così iniziamo il nuovo anno pastorale
Poiché tutto tace, a me ancora il compito di iniziare, insieme con voi, un nuovo anno pastorale per il nostro bene e perché la nostra comunità parrocchiale continui con sempre nuovo slancio la sua missione a favore del nostro quartiere. Noi infatti viviamo e siamo chiamati a spenderci proprio per questi due scopi. Per noi l’impegno consiste nel diventare sempre più santi, per la nostra comunità nel continuare a rendere visibile e credibile l’amore del Signore. Guardando a questi due impegni dobbiamo dire che
NON C’E’ NIENTE DI NUOVO
Per quanto riguarda noi stessi, dobbiamo dire che ogni anno che passa ci è donato dal Signore, perché abbiamo a diventare quello che siamo per grazia di Dio. Noi infatti in forza del Battesimo siamo santi, ma non basta averlo ricevuto un giorno. Gli anni di vita che ci sono donati devono servirci a far sì che questo germe di santità trasfiguri tutta la nostra esistenza. In una parola siamo chiamati, giorno per giorno, a diventare santi nel nostro stile di vita, e cioè nel rapporto con Dio nostro Padre col lasciarci amare e amandolo sempre di più, nel rapporto con noi stessi cercando di vivere sempre da figli, nei rapporti con gli altri cercando la vera fraternità, in quanto sono nostri fratelli e sorelle. Ogni anno quindi dovrebbe servirci a crescere in santità di vita per essere pronti, quando Dio vorrà, per la gioia che non conosce tramonto: il paradiso.
Per quanto riguarda la comunità parrocchiale dovrebbe, ogni anno che passa, divenire sempre meglio un segno vivo e concreto, amabile e soprattutto significativo, dell’amore della santa Trinità per tutto il quartiere. E questo per la comunità vuol dire servire spiritualmente coloro che frequentano, ma essere segno dell’amore di Dio per tutti i sanfereolini che per diversi motivi non la frequentano o appartengono ad altre religioni.
MA TUTTO E’ NUOVO
Per chi crede veramente nel Signore Gesù, il vivere un nuovo anno pastorale non vuol dire sobbarcarsi la stessa sinfonia noiosa e stancante degli anni passati. Se lo si vede e lo si vive così, è segno che si è capito poco o nulla della vita in genere e soprattutto della vita cristiana. Per la fede che portiamo nel cuore, per l’amore che nutriamo per il Signore Gesù, ogni anno pastorale che iniziamo dovrebbe farci sussultare di vera gioia, potenziare la speranza cristiana, farci crescere nell’amore verso il Signore, la sua Chiesa e verso i fratelli. In tutto questo sta la vera e sempre nuova novità cristiana. Il cristiano infatti è chiamato ogni anno, e di conseguenza ogni giorno, a inabissarsi nella stessa novità di Dio. Più ci si sprofonda spiritualmente in Lui più si scoprono cose nuove, si vive la vita nuova, si cammina verso il meglio che un uomo e una donna possano desiderare.
QUESTA NOVITA’ CI MANCA
Se non percepiamo e soprattutto se non viviamo questa novità spirituale che ogni nuovo anno pastorale ci porta, è segno allora che siamo vecchi nel profondo del nostro cuore. Ciò che dà origine a questa vecchiaia anche se siamo giovani, sta nel fatto che la fede cristiana non ci dice più nulla, è sopportata, il Signore sembra scomparso. La speranza cristiana è sepolta, non ci fa più alzare benevolmente e gioiosamente gli occhi al cielo, non ci fa attendere più nulla di bello. L’amore, sia verso il Signore che verso fratelli, si è inaridito e non si è più capaci di sentire sussultare il cuore fino a piangere di gioia per aver conosciuto maggiormente l’amore del Padre e per aver scoperto che chi ci sta accanto non è un nemico, ma un fratello.
CI AIUTI IL SIGNORE
Consapevoli che non sarà facile far tesoro del nuovo anno pastorale per la crescita della nostra vita spirituale e per una missione sempre più significativa della nostra comunità parrocchiale a favore del quartiere, ci affidiamo al Signore e alla nostra Maria Bambina. Con loro non dobbiamo temere. Essi sono più di noi interessati e impegnati al nostro vero bene e alla missione della comunità parrocchiale.
Da parte nostra apriamo ancora una volta il cuore al Signore che non si stanca mai di compiere meraviglie in chi si abbandona totalmente a Lui con fiducia e amore.
L'anno dell'Eucarestia.... Conclusioni e suggerimenti
Chi ha una certa età si ricorda molto bene come veniva celebrata la S. Messa prima del Concilio: il celebrante iniziava ai piedi dell’altare e solo il chierichetto rispondeva (perché era in latino), mentre i fedeli iniziavano la recita del S. Rosario, interrotto solo al momento della consacrazione e ripreso poi fino al termine.... Era necessario un cambiamento!
L’anziano papa, S. Giovanni XXIII, illuminato ed incoraggiato dallo Spirito, per “aggiornare” la Chiesa, convoca il Concilio Ecumenico Vaticano II che ha la soddisfazione di aprire il giorno 11 Ottobre 1962 con uno stupendo discorso che iniziava con le parole: “Oggi la santa Madre Chiesa gioisce, perché, per singolare dono della Provvidenza divina, è sorto il giorno tanto desiderato in cui il Concilio Ecumenico Vaticano II qui solennemente inizia, presso il sepolcro di S. Pietro, con la protezione della Vergine santissima, di cui oggi si celebra la dignità della Maternità divina”.
Il primo argomento sul quale i padri conciliari sono stati invitati a discutere è stato proprio quello sulla Sacra Liturgia, perché, “è ardente desiderio della Madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della Liturgia e alla quale il popolo cristiano ha diritto e dovere in forza del Battesimo”. Sulla S. Messa, si afferma: “... la Chiesa si preoccupa che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene per mezzo di riti e preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano istruiti nella Parola di Dio, si nutrano alla mensa del Corpo del Signore, rendano grazie a Dio, offrendo l’ostia immacolata non solo per le mani del sacerdote, ma, insieme a lui, imparino ad offrire se stessi, e, di giorno in giorno, per mezzo di Cristo Mediatore, siano perfezionati nell’unità con Dio e tra di loro, in modo che Dio sia tutto in tutti”. Vivendo la S. Messa in questo modo, i cristiani (non solo quelli dei primi secoli, ma tutti) vedono nell’Eucaristia il loro Gesù che anima e rafforza la loro vita, riempiendola della gioia della Risurrezione.
Quanto più un cristiano partecipa alla S. Messa, tanto più perfeziona se stesso, preparandosi all’incontro finale col Redentore e questo viene ricordato ogni volta che risponde alle parole del Celebrante: “Mistero della fede” con: “Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta!”. Partecipando in modo giusto alla S. Messa, si fa la migliore preparazione alla morte che è la cosa più importante di cui dobbiamo preoccuparci in questa vita. Ecco perché Gesù, quando ha istituito l’Eucaristia, ha raccomandato: “Fate questo in memoria di me!”; ed ecco perché i primi cristiani (ma dovrebbe essere così anche per noi) dicevano che non potevano vivere senza “celebrare il giorno del Signore”. Non partecipare alla S. Messa nel giorno del Signore è come essere uno studente che, pur vedendo che si avvicina sempre di più il tempo degli esami, tuttavia si preoccupa solo dello svago e non di prepararsi per essere promosso.
Sentite cosa dice un’animatrice di un gruppo di cresimandi: “Eucaristia significa ‘grazie!’ È una parola che noi cristiani dovremmo ricuperare, perché è importante ringraziare Dio per tutto quello che ci circonda e che noi siamo, ed il modo migliore e sicuramente a Lui gradito è l’Eucaristia. Molte volte sono stata tentata di non andare a Messa perché la notte prima ero rimasta fuori fino a tardi con gli amici, ma sono sempre riuscita ad alzarmi in tempo per arrivare alla celebrazione. Devo ammettere che non tutti i giorni ho la stessa voglia di partecipare all’Eucaristia, per qualche problema domestico o per gli amici o per il lavoro ma, se riesci a mantenere un dialogo con Lui, senza volerlo ti lasci coinvolgere dalla celebrazione. La pausa che noi cristiani facciamo durante la settimana, la facciamo con l’Eucarestia, è il momento in cui chiediamo a Dio perdono per le mancanze commesse, gli chiediamo la forza per poterlo seguire meglio nella prossima settimana, lo preghiamo per la pace, per la Chiesa, ascoltando il suo messaggio che ci viene dalla Bibbia, ed accettando il suo invito al Banchetto Eucaristico. L’Eucarestia è un sacramento e noi cristiani non dobbiamo sottovalutarlo anche perché, per mezzo suo, vediamo la mano di Dio Padre sul mondo. Grazie all’Eucarestia e vivendola in comunità posso recuperare le forze per seguire meglio Gesù e ricordare che Egli ci ha reso possibile credere che esiste una vita nuova, se mettiamo in pratica ciò che ci ha insegnato!”.
Un giovane universitario di 24 anni dice:
“Per me, l’Eucarestia è un luogo d’incontro, un momento speciale per entrare in relazione con Gesù, la cui vita, morte e risurrezione sentiamo importante per noi, anche se siamo annoiati, stanchi, Lui c’è sempre. E’ un incontro con il Dio, padre di tutti, che ci mostra Gesù che muore e risorge per noi.
E’ un incontro con i fratelli per essere comunità credente e cristiana che si relaziona con il suo Dio. E’ anche un incontro con noi stessi, perché questa relazione con Gesù, questo incontro con Dio e con i fratelli, ci trasformi, ci aiuti a maturare e a migliorare sia come persone sia come credenti.
E’ da questa esperienza di incontro che scaturisce per me la convinzione dell’andare a messa non come obbligo, ma come necessità, come il mangiare.”
AIl’Eucarestia domenicale noi portiamo la vita della settimana che abbiamo appena concluso e riceviamo la forza per la nuova settimana che inizia.
Ogni domenica riceviamo forza dalla parola del Signore, dalla comunione con il corpo e sangue di Cristo e dalla compagnia dei fratelli di fede.
E così, rinnovati, ringiovaniti, torniamo alla nostra vita di tutti i giorni, per ripetere nei nostri ambienti i gesti di Gesù che abbiamo ricordato, torniamo alla nostra vita rafforzati, pronti ad essere come Gesù!
La messa domenicale è una pentecoste in cui lo Spirito di Dio ci dona vigore ed energìa per essere testimoni di Cristo morto e risorto, perché, quando si esce dalla chiesa, dopo aver partecipato alla S. Messa, il sacrificio di Gesù è terminato, ma inizia il nostro.
E il nostro sacrificio è quello di continuare la missione di Gesù nel mondo d’oggi, e sappiamo che la missione di Gesù è quella di “andare contro corrente” come, del resto, Gesù stesso ci ha avvisato: “Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”....
Facendo quello che farebbe Gesù se fosse al nostro posto, noi diventiamo sempre più simili a lui e, passando gli anni della nostra vita, noi arriviamo al termine con una somiglianza talmente fedele a lui che il Padre ci riterrà degni di entrare nella sua casa (il Paradiso).
Quindi la vita di un cristiano che frequenta la Chiesa nella Messa domenicale non deve essere continuamente impostata nella ricerca delle comodità, nell’illusione di renderla più facile; Gesù ci ha dato un altro esempio: “Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, divenendo simile agli uomini. Apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte ed alla morte di croce. Per questo, Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome...”
I santi sono diventati tali perché hanno avuto il coraggio di seguire l’esempio di Gesù, rinunciando a tanti loro “diritti”. Un esempio molto chiaro l’abbiamo in papa Francesco: ha rinunciato a tanti privilegi ai quali aveva diritto ed ha scelto di vivere a contatto con tutti e, quando appena può, anche con quelli più poveri ed emarginati.
Queste scelte le compie perché si chiede sempre: “Se Gesù fosse al mio posto, cosa farebbe? Cosa direbbe? Come si comporterebbe?”.
Cari cristiani, se veramente vogliamo salvare la nostra anima, dobbiamo avere anche noi il coraggio di rinunciare a certi diritti, più presunti che reali. Anche papa Francesco aveva diritto alle sacrosante ferie, ma vi ha rinunciato, può benissimo riposarsi (le ferie devono solo servire a questo!) stando a Roma, rinunciando a certi impegni non proprio necessari: scelta condivisa da Gesù!
L’abbiamo sentito in questo anno dedicato all’Eucarestia, che Gesù ha istituito l’Eucarestia proprio per aiutarci a vivere la nostra vita come la vivrebbe lui se fosse al nostro posto. S. Paolo diceva: “Vivo io, ma non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me!” Chi ci osserva, dovrebbe poter capire che noi siamo figli di Dio, di passaggio su questa terra ma diretti verso la Patria celeste. Le persone di altre religioni che la Provvidenza ha attirato nelle nostre comunità per motivi economici, ci osservano e, se vedono in noi dei buoni esempi, possono anche venire attirati dalla nostra Religione. Gesù ci invita, quindi, ad essere missionari nelle nostre comunità multiculturali, cerchiamo di non tradire questa fiducia e ricordiamo quello che diceva S.Agostino: “Animam salvasti, animam tuam praedestinasti” cioè “Hai salvato un’anima, hai predestinato la salvezza della tua” (cfr. Javler M. Suescum: Mi annoio a Messa! Ed. Paoline)
Dopo un anno sull’Eucarestia, penso che si potrebbero tirare delle semplici conclusioni pratiche:
Quando veniamo in Chiesa non per fare una semplice visita, ma per partecipare alla S. Messa, dovremmo essere presentabili, come se andassimo ad un’udienza con un personaggio importante (papa o vescovo).
Mentre ci si reca in Chiesa, è necessario preparare il proprio cuore a questo appuntamento così importante con Gesù.
Cercare di arrivare sempre con qualche minuto di anticipo.
Scegliere un posto più vicino all’Altare e, possibilmente non vicino a persone che si conoscono per evitare chiacchiere inutili e distruttive.
Inginocchiarsi, alzarsi e sedersi assieme agli altri per dimostrare che l’Assemblea forma un corpo solo.
Ricevuta la S. Particola, approfittare degli istanti di silenzio per ascoltare e parlare con Gesù, chiedendogli gli aiuti per la prossima settimana.
Ricevuta la benedizione finale della S. Messa, se si ha tempo, ci si può benissimo fermare ancora qualche minuto in Chiesa.
Entrando in Chiesa, casa di Dio, la prima cosa da fare è quella di salutare il Padrone di casa (il Signore) perché è lui che ci ha chiamato ed è anche segno di educazione...
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