sabato 7 maggio 2016

Il Vangelo della Domenica - 8 maggio 2016


Li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benedi­ceva, si staccò da loro. Una lunga benedizione sospesa in eterno tra cielo e terra è l'ultima immagine di Gesù. Testimone che la maledi­zione non appartiene a Dio. Io non sono degno, eppure mi benedice. Dio dice be­ne di me! Io gli piaccio! Co­sì come sono, gli piaccio! Dice bene di me e mi au­gura il bene: nelle mie a­marezze e nelle mie povertà io sono benedetto, in tutti i miei dubbi benedetto, nel­le mie fatiche benedetto...Gesù lascia un dono e un compito: predicate la con­versione e il perdono. Con­versione: indica un movimento, un dinamismo, l'u­scire dalle paludi del cuore inventandosi un balzo. Si­gnifica il coraggio di anda­re controcorrente, contro la logica del mondo dove vin­cono sempre i più furbi i più ricchi i più violenti. Co­me fanno le beatitudini, conversione che ci mette in equilibrio, in bilico tra ter­ra e cielo. Annunciare il perdono: la freschezza di un cuore ri­fatto nuovo come nella pri­mavera della vita. La possibilità, per dono di Dio, di ri­partire sempre, di ricomin­ciare, di non arrendersi mai. Io so poche cose di Dio, ma una su tutte, e mi basta: che la sua misericor­dia è infinita! Dio è una pri­mavera infinita. E la nostra vita, per suo dono, un al­beggiare continuo.La conclusione del raccon­to è a sorpresa: i discepoli tornarono a Gerusalemme con grande gioia. Doveva­no essere tristi piuttosto, fi­niva la presenza, se ne an­dava il loro amore, il loro a­mico, il loro maestro.Invece no. E questo perché fino all'ultimo giorno Lui ha le mani che grondano doni. Perché non se ne va altrove, ma entra nel profondo di tutte le vite, per trasformarle. È la gioia di sapere che il no­stro amare non è inutile, ma sarà raccolto goccia a goccia e vissuto per sem­pre. È la gioia di vedere in Gesù che l'uomo non fini­sce con il suo corpo, che la nostra vita è più forte delle sue ferite, che la carne è fat­ta cielo. Che non esiste nel mondo solo la forza di gravità che pesa verso il basso, ma an­che una forza di gravità che punta verso l'alto, quella che ci fa eretti, che mette verticali la fiamma e gli al­beri e i fiori, che solleva ma­ree e vulcani. Ed è come u­na nostalgia di cielo. Cristo è asceso nell'intimo di ogni creatura, forza ascensiona­le verso più luminosa vita.

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