sabato 24 settembre 2016

Il Vangelo della Domenica - 11 settembre 2016

Un uomo aveva due figli. Questo inizio, semplicissimo e favoloso, apre la parabola più bella, e nessuna pagina al mondo raggiunge come questa la struttura stessa del nostro vivere, nessuna lascia intravedere come questa il cuore stesso di Dio. Si è persa una pecora, si perde una dracma, si perde un figlio. Si direbbero quasi delle sconfitte di Dio. E invece l'amore vince proprio perdendosi dietro a chi si era perduto. Io voglio bene al prodigo. Il prodigo è storia di tutti, questa crisi del ribelle l'abbiamo tutti vissuta, e spesso il gesto di rivolta non era che il preludio a una dichiarazione d'amore. Ma il prodigo si trova a pascolare i porci. Il libero ribelle è diventato servo, ha fame, «può rubare le ghiande ai porci, ma non può accontentarsi, come loro, delle sole ghiande. L'uomo nasce con il cuore malato di cose lontane. Si ricorda del pane di casa e si mette in cammino verso suo padre. A Dio non importa il motivo per cui ritorni, se per il pane o per il padre, a Lui basta che tu ti metta in viaggio e ti «vede quando sei ancora lontano», ti corre incontro, ti si getta al collo, non ti lascia parlare, per salvarti dal tuo cuore quando il cuore ti accusi, per salvarti anche dalla tentazione di appesantirti del tuo passato. Il Padre non guarda indietro, non chiede pentimenti, a lui non interessa né giudicare né assolvere, ma aprire un futuro nuovo. Vuole salvare il figlio fallito che si accontenta di essere un garzone, vuole salvarlo da se stesso, dal suo cuore di servo, restituendogli un cuore di figlio. Non saranno mai né penitenza, né paura, né rimorso a liberare l'uomo dal suo male profondo, ma un "di più" di vita, l'abbraccio e la festa di un Padre più grande del nostro cuore. Il fratello maggiore torna dal suo lavoro ed entra in crisi; virtuoso e infelice, perché misura tutto sulle prestazioni, sulla contabilità del dare e dell'avere: «Io ti ho sempre ubbidito, e tu non mi hai dato neanche un capretto». Sono le parole di chi ha osservato le regole, ma come un salariato; è la confessione di un fallito, che ha fatto il bene ma sognando in cuor suo tutt'altra vita. Onesto ma infelice, perché il suo cuore è assente. Ma il padre vuole salvare anche lui dal suo cuore di servo: «Tu sei sempre con me, tutto ciò che è mio è tuo». Avrà capito? Padre, non sono degno, ma mi prendo lo stesso il tuo abbraccio, la tua veste nuova, la tua festa. Sono il tuo figlio. Grazie di essere Padre a questo modo, un modo davvero divino.

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