sabato 3 settembre 2016

Un anno sull'Eucarestia

Non è da molto che la nostra comunità ha posto al centro della sua attenzione e riflessione la realtà dell’Eucarestia dedicandovi un anno pastorale. Lo faremo anche quest’anno accogliendo l’invito del vescovo, in concomitanza con il Congresso Eucaristico Nazionale, che si terrà a Genova dal 15 al 18 settembre prossimi, dal tema: “L’Eucarestia sorgente della missione: nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro”.
Non sarà una sterile ripetizione perché l’Eucarestia merita di essere posta al centro sempre e non saranno mai sufficienti la riflessione e l’attenzione affinché possa maturare nei credenti una soda spiritualità eucaristica che è spiritualità di comunione, di dedizione, di apertura missionaria.
Presento, pertanto, brevi linee di riflessione che possano introdurre il percorso partendo dall’icona evangelica di Luca 24, che narra la vicenda dei discepoli di Emmaus, e da un’opera artistica di un autore francese, Arcabas, (Jean Marie Pirot), dal titolo: “Ciclo di Emmaus”, custodito nella chiesa della Risurrezione di Torre de’ Roveri (BG).

L’EUCARESTIA: UN GIORNO
Il primo riferimento è che l’Eucarestia si celebra in un giorno speciale: la domenica. Certo, si celebra tutti i giorni, ma la domenica, Pasqua della settimana, è per antonomasia il giorno dell’Eucarestia. “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato …”. E’ la Pasqua e ogni Eucarestia domenicale è celebrazione della Pasqua.
Non è indifferente che la nostra settimana sia ritmata sul ritmo domenicale e che la domenica sia il primo giorno della settimana: c’è un giorno diverso dagli altri giorni che dovrebbe aiutarci a recuperare il senso della fatica e del cammino quotidiano facendoci riscoprire e ricordandoci che c’è una dimensione religiosa della vita, una presenza, quella di Dio che ci consente di dare pienezza di significato al nostro vivere. Non a caso la domenica è chiamata anche l’”ottavo giorno”, perché, oltre il ritmo settenario del tempo, ci proietta in un tempo “ulteriore”: quello di Dio, che è già qui, presente, in mezzo a noi.
Da tempo la domenica è diventata il giorno per fare tutt’altro: sembra che la celebrazione eucaristica non riesca a trovarvi collocazione … ma, senza nulla togliere alla legittimità e necessità di momenti di riposo e di svago, invito a riscoprire, a rimotivare e a scegliere nuovamente di celebrare insieme l’Eucarestia domenicale, perché i nostri giorni e il nostro lavoro, le relazioni possano beneficiarne.

L’EUCARESTIA: UN RITO
Il secondo riferimento è che l’Eucarestia è un rito.
Dobbiamo intenderci bene sul significato del termine perché qualcuno tende a svalutare i riti come qualcosa di sterile, noioso ed estraneo alla vita.
Il rito, invece, nella sua corretta comprensione, è qualcosa di necessario alla vita, addirittura indispensabile. Ce lo ricordano i riti della vita quotidiana: un caffè bevuto in compagnia … il bacio alla persona cara prima di andare al lavoro … la buonanotte etc. ...: gesti e parole di una semplicità disarmante, che si ripetono con regolarità per esprimere cose straordinarie: ti voglio bene, ti amo, ti ricordo, sei importante per me … Normalmente il linguaggio dell’amore passa attraverso i riti.
Con le dovute distinzioni il rito per eccellenza, che è l’Eucarestia, è la ripetizione di gesti e parole, quelli di Gesù nell’Ultima Cena, che non solo ci ricordano, ma riattualizzano, rendono presente per noi il suo mistero di donazione e di amore.
La logica del rito, nella ripetizione di gesti e parole, è la conferma che il Signore Gesù ci offre ogni domenica, per dirci: ti voglio bene, tu sei importante per me, tu mi interessi, mi dono a te. 
E di questa conferma, quanto abbiamo bisogno, tutti! 

L’EUCARESTIA: UN DONO
C’è un gesto particolare con il quale, fin dalle primissime comunità cristiane, si definiva la celebrazione dell’Eucarestia: spezzare il pane. I due discepoli, proprio in questo gesto, riconoscono Gesù presente e vivo. Spezzare il pane ci rimanda alla vita di Gesù che si è fatto dono; è sinonimo di donare, di vita donata: lo è per Gesù e deve esserlo anche per ciascuno di noi.
Celebrare l’Eucarestia, spezzando il pane, significa riconoscere e accogliere il dono che è Gesù e accettare di fare della nostra vita un dono, un pane spezzato per il bene di tutti.
L’Eucarestia non è un bene solo per me; non posso celebrare l’Eucarestia senza la disposizione del cuore a divenire io stesso pane spezzato, vita donata.

L’EUCARESTIA: UN MANDATO
L’ultima indicazione è quella che ci fa alzare dalla tavola eucaristica, ci fa uscire dal “cenacolo” e ci manda: agli altri, alla città degli uomini, al mondo, alla storia.
L’Eucarestia è sempre un mandato: siamo convocati per essere mandati. Ci riuniamo come fratelli in assemblea per “disperderci” nella quotidianità della vita, in mille rivoli che possano portare all’umanità in attesa un po’ di quella forza, di quella gioia, di quella pace che la Parola e il Pane ci donano. Sarebbe un vero controsenso se la nostra Eucarestia si concludesse dentro le mura delle nostre chiese e non si prolungasse, invece, nei giorni della settimana, negli spazi della vita, negli incontri con le persone.
L’immagine che ci accompagna ci presenta la tavola ormai deserta, le porte spalancate su un cielo stellato che accende la speranza: fuori c’è un mondo, un’umanità che attende il Pane, la Parola e gesti autentici di fraternità che possano aiutare a restituire senso e dignità al vivere.
Dall’Eucarestia bisogna alzarsi e andare, come testimoni dell’amore.

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