Il mondo è un immenso pianto e Gesù dà avvio alla salvezza partendo da
una festa di nozze. Anziché asciugare lacrime, colma le coppe di vino. Sembra
quasi sprecare la sua potenza a servizio di una causa effimera, un po' di
vino in più, eppure il Vangelo chiama questo il «principe dei segni», il
capostipite di tutti.
Perché a Cana Gesù vuole trasmettere il principio decisivo della
relazione che unisce Dio e l'umanità. Tra uomo e Dio corre un rapporto
nuziale, con tutta la sua tavolozza di emozioni forti e buone: amore, festa,
gioco, dono, eccesso, gioia. Un legame sponsale, non un rapporto giudiziario o
penitenziale, lega Dio e noi. Gesù partecipa con tutti i suoi alla
celebrazione, e proclama così il suo atto di fede nell'amore tra uomo e donna,
lui crede nell'amore, lo ratifica con il suo primo prodigio. Perché l'amore
umano è una forza dove è custodita la passione per la vita, dove l'altro ha
tutta la tua attenzione, dove la persona viene prima della legge, dove la
speranza batte la rassegnazione. Dove nascono sogni. La Chiesa, come Gesù, dovrebbe
attingere vino dall'amore degli uomini, custodirlo, inebriarsi e offrirlo alla
sete del mondo. Gesù prende l'amore umano e lo fa messaggio, parola di Dio. Con
le nozze l'uomo scende al nodo germinale della vita, e Gesù dice: l'incontro
con Dio è la tua primavera, fa germogliare vita, porta fioriture di coraggio.
«E viene a mancare il vino». Il vino, in tutta la Bibbia, è il simbolo
dell'amore felice tra uomo e donna, tra uomo e Dio. Felice e sempre minacciato.
Simbolo della fede e dell'entusiasmo, della creatività, della passione che
vengono a mancare.
Non hanno più vino, esperienza che tutti abbiamo fatto, quando
stanchezza e ripetizione prendono il sopravvento. Quando ci assalgono mille
dubbi, quando gli amori sono senza gioia e le case senza festa. Ma ecco il
punto di svolta del racconto. Maria, la madre attenta, sapiente della sapienza
del Magnificat (sa che Dio ha saziato gli affamati di vita), indica la
strada: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Il femminile capace di unire il dire
e il fare! Fate il suo Vangelo, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne. E si
riempiranno le anfore vuote del cuore, si trasformerà la vita, da vuota a
piena, da spenta a felice.
Più Vangelo è uguale a più vita. Più Dio equivale a più io. A lungo
abbiamo pensato che al divertimento Dio preferisse il sacrificio, al gioco la
gravità, e abbiamo ricoperto il Vangelo con un velo di tristezza. Invece a
Cana ci sorprende un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura.
«Dobbiamo trovare Dio precisamente nella nostra vita e nel bene che ci dà.
Trovarlo dentro la nostra felicità terrena».
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