Un racconto di una modernità unica, dove Luca crea
una tensione, una aspettativa con questo magistrale racconto, che si dipana
come al rallentatore: riavvolse il rotolo, lo riconsegnò e sedette. Nella
sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. E seguono le prime parole
ufficiali di Gesù: oggi la parola del profeta si è fatta carne. Gesù si
inserisce nel solco dei profeti, li prende e li incarna in sé. E i profeti, da
parte loro, lo aiutano a capire se stesso, chi è davvero, dove è chiamato ad
andare: lo Spirito del Signore mi ha mandato ai poveri, ai prigionieri, ai
ciechi, agli oppressi. Da subito Gesù sgombra tutti i dubbi su ciò che è venuto
a fare: è qui per togliere via dall'uomo tutto ciò che ne impedisce la
fioritura, perché sia chiaro a tutti che cosa è il regno di Dio: vita in
pienezza, qualcosa che porta gioia, che libera e da luce, che rende la storia
un luogo senza più disperati. E si schiera, non è imparziale Dio; sta dalla
parte degli ultimi, mai con gli oppressori. Viene come fonte di libere vite,
e da dove cominciare se non dai prigionieri? Gesù non è venuto per riportare i
lontani a Dio, ma per portare Dio ai lontani, a uomini e donne senza speranza,
per aprirli a tutte le loro immense potenzialità di vita, di lavoro, di
creatività, di relazione, di intelligenza, di amore. Il primo sguardo di Gesù non si posa mai sul
peccato della persona, il suo primo sguardo va sempre sulla povertà e sulla
fame dell'uomo. Per questo nel Vangelo ricorre più spesso la parola poveri, che
non la parola peccatori. Non è moralista il Vangelo, ma creatore di uomini
liberi, veggenti, gioiosi, non più oppressi. Scriveva padre Vannucci: «Il
cristianesimo non è una morale ma una sconvolgente liberazione». La lieta
notizia del Vangelo non è l'offerta di una nuova morale migliore, più nobile o
più benefica delle altre. Buona notizia di Gesù non è neppure il perdono dei
peccati.
La buona notizia è che Dio mette l'uomo al centro, e dimentica se
stesso per lui, e schiera la sua potenza di liberazione contro tutte le oppressioni
esterne, contro tutte le chiusure interne, perché la storia diventi “altra” da
quello che è. Un Dio sempre in favore dell'uomo e mai contro l'uomo.
Infatti la parola chiave è “liberazione”. E senti dentro l'esplosione
di potenzialità prima negate, energia che spinge in avanti, che sa di vento,
di futuro e di spazi aperti. Nella sinagoga di Nazaret è allora l'umanità che
si rialza e riprende il suo cammino verso il cuore della vita, il cui nome è
gioia, libertà e pienezza.
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