domenica 24 marzo 2013

Il Venerdì Santo

Dal momento della disubbidienza a Dio nel Paradiso Terrestre, l’obbedienza a Dio da parte dell’uomo era andata sempre più deteriorandosi, nonostante i richiami dei vari personaggi che Dio continuamente mandava (Mosè ed i vari profeti) al suo popolo per mantenerselo fedele.
Gradualmente, ma inesorabilmente, il primo peccato di superbia aveva corrotto a tal punto la mentalità dell’uomo da credersi indipendente e capace di scegliere da se stesso ciò che è bene da ciò che è male, senza tener conto della volontà di Dio, espressa nei Comandamenti consegnati a Mosè.
Dio, però, che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza per averlo poi in sua compagnìa per tutta l’eternità, ha pensato di mandare il suo Figlio per insegnare all’uomo che se vuole raggiungere il fine della sua vita, deve vincere la sua superbia e sentire il bisogno di conoscere la volontà del Signore, cercando di conformarvisi a qualunque costo. Gesù, infatti, nella sua vita ha cercato non solo di insegnarci ad essere ubbidienti al Padre, ma, anche, ha sempre fatto la volontà del Padre.
Ricordiamo la dolce, ma ferma risposta che Gesù ha dato a sua Madre Maria, quando è stato ritrovato, dopo ben tre giorni di affannosa e preoccupata ricerca: “Perchè mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.
Dal momento dell’Incarnazione, il Padre ha avuto nel suo Figlio Gesù veramente l’esecutore perfetto della sua volontà, fino al sacrificio della propria vita. Gesù stesso aveva detto: “Nessuno ha un amore più grande di colui che ha il coraggio di offrire la propria vita per la persona amata!”, e lui lo ha fatto.
Infatti, quando Gesù uscì dal Cenacolo, la sera del Giovedì Santo, dove aveva istituito l’Eucaristìa ed il Sacerdozio, s’incamminò verso il monte degli ulivi dove c’era un giardino chiamato “Getsemani” e lì, dopo aver raccomandato ai suoi discepoli di pregare per non entrare in tentazione, si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava, dicendo: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice (della Passione e della morte)! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà!”.
Con queste parole, Gesù dava inizio alla sua terribile e dolorosissima passione. A questo punto, cedo volentieri la parola ad un’anima devota: “Nel Getsemani - confida Gesù - conobbi i peccati di tutti gli uomini del passato, del presente e del futuro! Fui fatto, quindi, ladro, assassino, adultero, bugiardo, sacrilego, bestemmiatore, calunniatore e ribelle al Padre, che, invece, ho sempre amato! Io, puro ed innocente, ho risposto al Padre come se fossi macchiato di tutte le impurità! In questo è consistito il mio sudare sangue: nel contrasto tra il mio amore al Padre e la sua volontà che voleva addossarmi tutto il marciume dei miei fratelli!
Ma ho ubbidito e, per amore dei miei fratelli, mi sono ricoperto di ogni macchia di peccato, pur di far il volere di mio Padre e darvi la possibilità di salvarvi dalla dannazione eterna! 
Forse nessuno crederà che molto più soffrii nel Getsemani che sulla Croce, perchè nel Getsemani ho dovuto vivere contemporaneamente un contrasto inimmaginabile: ero Figlio di Dio e quindi lo dovevo amare, ma, nello stesso tempo, ero suo acerrimo nemico e, quindi, lo dovevo odiare! In quel momento conobbi tutto il peso delle offese che al Padre mio erano e sarebbero state fatte, la mia Divinità, essendosi unita alla mia umanità, mi faceva conoscere tutta la bruttezza della ribellione e della disubbidienza a Dio operata dall’uomo, per questo raggiunsi il culmine del dolore e venni atterrato, sopraffatto e, fisicamente, distrutto. Se qualcuno mi avesse visto in quel momento, sarebbe morto di spavento per il solo aspetto fisico che avevo! lo sono stato capace di abbracciare ogni vostra colpa e tutte le vostre sofferenze, perché io ero voi e voi eravate me.
Fu una notte di vera tragedia per me! Il Padre mio mi preparava l’altare sul quale io, sua vittima innocente, dovevo essere immolato. lo dovevo prendere la colpa degli altri ed il Padre, che mi aveva mandato, attendeva quella notte per dare agli uomini la misura del suo Amore, con il sacrificio cruento di me, suo amato Figlio. Quale angoscia nel mio cuore alla visione dei peccati degli uomini: ero la luce e non vedevo che tenebre, ero fuoco e non sentivo che gelo, ero l’Amore e non avvertivo che odio, ero la gioia e non sentivo che tristezza, ero il Bene e non sentivo che il male, ero Dio e mi sentivo un verme, ero il Giudice e mi sentivo un condannato, ero il Santo e mi vedevo il più grande peccatore...” Con questo stato d’animo, Gesù affronta il processo, la condanna e la conseguente salita al Calvario dove verrà crocifisso e, dopo ben tre ore di straziante agonìa, morirà, dopo aver affidato la sua madre Maria al discepolo prediletto, Giovanni, l’evangelista, l’unico apostolo che ha avuto il coraggio di seguirlo fino alla morte.
“Tutto è compiuto!”: ecco l’ultima affermazione che Gesù farà per indicare che la volontà del Padre è stata compiuta fino in fondo; ma la morte di Gesù non significa la fine di tutto, come desideravano i suoi crocifissori, ma l’apertura alla vita, perché Gesù non è venuto solo per morire, ma per dare la vita e la sua morte dà la vita e la sua vita in noi comporta però la morte del nostro io - peccatore.
“Chi perde la propria vita - dirà Gesù - la ritroverà!” ma il ritrovamento avviene solo alla luce del Risorto (la vittoria definitiva sulla morte e sul peccato). La morte di Gesù sulla Croce è il vero e definitivo sacrificio pasquale, tutto è consumato, ma tutto inizia nella luce della Redenzione; mai una morte è stata apportatrice di salvezza come questa.
Ecco allora il nostro compito che il Padre, facendoci nascere e diventare cristiani con il Battesimo, ci ha affidato: “Far conoscere a tutti che il Padre ha voluto il sacrificio del suo unico Figlio Gesù per dare a ciascuno di noi la possibilità di salvarsi”. Però questo non potrà avvenire senza la nostra collaborazione, perché il Signore rispetta la nostra libertà.
S. Paolo ce lo dice molto chiaramente:”... Nella misura nella quale partecipate alla sofferenza di Cristo (facendo morire il peccato in noi), parteciperete anche alla gioia della sua Risurrezione”.
Il Venerdì Santo, facendoci rivivere la passione e la morte di Gesù, ci ricorda il nostro impegno di figli di Dio a lavorare perché trovi attuazione il desiderio del Padre: “Fare di Cristo il cuore del mondo”.
Del resto, questo è anche il desiderio di Gesù che ha detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me!”.