Dio Padre, avendoci creati a sua immagine e somiglianza, ci vuole un bene immenso ed avendo visto che noi, in Adamo ed Eva, avevamo fatto una scelta sbagliata perché, anziché portarci presso di lui in Paradiso, ci portava all’Inferno, ha mandato qui sulla terra il suo unico figlio Gesù per darci la possibilità di riprendere la strada della salvezza.
Gesù è venuto e, con le sue scelte di vita (nato povero, vissuto più povero e morto poverissimo) e con le sue parole, ci ha ottenuto questa possibilità. Conoscendo la cattiveria degli uomini che lo avrebbero ucciso nel fiore degli anni, ha inventato l’Eucarestia, comandando ai suoi discepoli di continuarla in sua memoria. Quindi, attraverso l’Eucarestia celebrata dal sacerdote, Gesù è sempre e realmente presente in mezzo a noi sotto le specie del pane e del vino, potendo addirittura diventare il nostro nutrimento quotidiano.
Noi però non sempre lo possiamo ricevere, d’altronde siamo sempre in pericolo, 24 ore su 24, ecco allora la necessità della preghiera-adorazione che è sempre possibile.
Il termine “adorazione” deriva dal latino e vuol dire “rendere culto”, perciò l’adorazione è la manifestazione esterna attraverso atteggiamenti, preghiere, riti e gesti, di un sentimento interno di dipendenza e di sottomissione a Dio, quale creatore onnipotente. Per i cristiani l’adorazione significa la fede in un Dio vivo e personale che entra in un rapporto cosciente con l’uomo.
“La grandezza dell’uomo - afferma uno scrittore - sta nell’inginocchiarsi davanti al vero Dio”. Umiltà e stupore adorante sono i due atteggiamenti fondamentali della preghiera-adorazione, espressione e nutrimento della fede.
Con l’umiltà si confessa il proprio niente, con l’adorazione si vive la “sola e vera vocazione dell’uomo: fare del proprio cuore la dimora di Dio” (J. Vanier). La coscienza della santità di Dio fa nascere nel cuore del cristiano l’adorazione che non è fatta di parole, ma di silenzio e di raccoglimento davanti a Dio che si rivela non solo come Dio, ma soprattutto come Padre, come ci ha insegnato Gesù. Quindi il cristiano è invitato ad adorare Dio non per paura della sua Onnipotenza (come nell’Antico Testamento), ma per la sua amorosa paternità. Gesù nel Vangelo ci dice che: “Io ed il Padre siamo una cosa sola”; quindi dobbiamo affermare che il Padre è presente in mezzo a noi in Gesù Eucaristico.
Questo Gesù, capo invisibile della Chiesa, redentore del mondo e centro di tutti i cuori è, tutta la giornata, nel Tabernacolo. Egli ci segue con il suo sguardo irradiante, Egli ci ama, ci chiama, ci attende e ci aspetta come uno che ha messo tutte le sue speranze nella nostra visita ed è impaziente di vederla arrivare! Ci aspetta e, tante volte purtroppo, rimane deluso da una visita in cui ci dimostriamo tiepidi, distratti e preoccupati più di mille cose che ci perdono, piuttosto che di quelle che ci danno la vita eterna!
Vogliamo non deludere Gesù? Vogliamo valorizzare la nostra vita, imparando a comprendere che nell’Eucarestia tutto si contiene: il significato, il dolore e la beatitudine della nostra esistenza?
Lasciamoci attirare da Lui che ha voluto rimanere sempre così vicino a noi! Incontriamolo nell’adorabile presenza eucaristica! Egli ci vuole accanto, almeno per qualche istante della nostra giornata, almeno per liberarci dall’amarezza e dalla tristezza che le pene e le prove della vita lasciano nella nostra anima; Egli ci farà ritrovare il sorriso più vero e sincero.
Tutto questo perché la contemplazione dell’ineffabile dolcezza del “Dio con noi” ti renderà attuale l’esperienza di un commovente amore dell’Eucarestia, la cui presenza nel Tabernacolo è così povera, così semplice, così umile ma così ricca di e vibrante di vita (G.Panzeri: Contemplazione Eucaristica). Inoltre si deve osservare che l’adorazione eucaristica è l’unico atto che l’uomo deve a Dio soltanto, mentre alla Madonna ed ai Santi si deve la venerazione, e l’uomo ne sente il bisogno (vedi i disegni che l’uomo delle caverne faceva sulla roccia). Noi cristiani che abbiamo la fortuna di avere una fede, vediamo in questo la nostalgia che Dio ha messo nella natura dell’uomo, poiché lo ha creato a sua immagine e somiglianza. Ricordiamo a questo proposito la bella espressione di S. Agostino: “Ci hai fatto per te, o Signore, ed il nostro cuore è inquieto finché non riposi in te!”.
C’è, purtroppo, la triste possibilità che l’uomo si lasci ingannare dal Diavolo e, perdendo il senso della presenza di Dio (che non si vede, che non si sente, che non si tocca), indirizzi la sua attenzione solo sulle creature (che si vedono, che si toccano, che si sentono), materializzando Dio, raffigurandolo con idoli.
Perdendo il senso di Dio, si degrada anche il senso della dignità e del valore dell’uomo, si perde il senso del valore della vita, del vero amore e dell’esistenza ed anche del peccato.
In questo modo, si apre la strada ad ogni disordine ed ad ogni aberrazione. Un quadro molto chiaro ed eloquente di questa situazione lo abbiamo sotto gli occhi ogni giorno: si uccide e ci si uccide per motivi non giustificabili, si difende, come segno di civiltà, il matrimonio tra persone dello stesso sesso (matrimoni gay), ignorando che la Chiesa Cattolica li annovera tra i peccati “contro natura” avendo presente il tremendo castigo che Dio ha mandato sulle città di Sodoma e Gomorra (il diluvio al cap. 6 e al cap. 19 del primo libro della Bibbia, la Genesi) e le terribili affermazioni di S. Paolo nella lettera ai Romani (cfr. Rm. 1,18-32). Non c’è da meravigliarsi se l’uomo non adora Dio che lo innalza (Dio s’è fatto come noi, per farci come Lui), ma finisce con l’adorare le creature che lo deprimono e lo schiavizzano.
Dall’adorazione alla fraternità: seguire Cristo, vuol dire condividere l’amore di Gesù per i fratelli, vuol dire: passare dall’adorazione alla fraternità. Se mi dono totalmente al Signore (nell’adorazione), vinco radicalmente il mio egoismo ed allora la mia vita è per gli altri, per tutti, perché è per Dio (Inos Biffi: Il tempo della grazia - Piemme). Dobbiamo vincere la tentazione di separare il mondo dal Creatore, perché l’esistenza del mondo manifesta l’amore di Dio che lo ha creato.
In una preghiera liturgica si dice: “O Dio, nel tuo ineffabile amore hai creato l’universo, donaci di adorarti sempre con tutto il cuore, perché in questo consiste la nostra liberazione dal peccato e, di conseguenza, la nostra vera gioia”.
Possiamo allora concludere, affermando che l’adorazione a Dio non può essere sincera se non si accompagna alla carità, per questo, dopo aver chiesto a Dio la grazia di adorarlo, dobbiamo anche chiedergli quella di amare ogni persona con affetto fraterno. La gioia cristiana è una gioia laboriosa e difficile e si acquista con il coraggio e la carità.
A chi chiedeva a madre Teresa di Calcutta il segreto della sua indefessa attività, rispondeva: “La preghiera e l’adorazione davanti al SS. Sacramento perché quel Gesù adorato in Chiesa, lo incontriamo poi nel povero”.
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