sabato 26 aprile 2014

Mentre attendiamo, pazienza e comprensione!

Ritorno, dopo un anno, a parlarvi ancora come parroco che sta attendendo di conoscere la volontà del vescovo circa la mia permanenza o meno in questa nostra parrocchia. Ormai il limite fissato dal diritto canonico non solo è passato, ma anche se ne è aggiunto un ulteriore anno. Permettetemi di parlarvi ancora e condividere con voi questo tempo che ci rimane. Non so quanto ne resti. Ho fatto quello che dovevo. Ora attendo con serenità la decisione del Vescovo. E allora dico prima di tutto a voi e a me: attendiamo con pazienza e comprensione.

LA VITA È UN’ATTESA 
Davvero, la nostra vita è un’attesa unica. Noi molto spesso la vediamo e la viviamo invece come una realtà stabile. Guardiamo e attendiamo il futuro come momento da vivere e basta, senza attendere un qualcosa che vada oltre questa nostra esistenza. Il nostro modo di vedere la vita è tutto rivolto quindi al qui e ora: vediamo solamente questo spazio di tempo che scorre inesorabilmente. Come conseguenza a questo modo di concepire lo scorrere dei nostri giorni senza nessuna vera attesa, noi cerchiamo di stordirci, di riempirci di tante cose inutili. E invece noi portiamo nel cuore una fervida attesa, sogniamo un qualcosa che ci riempia non tanto lo stomaco, ma l’animo, il cuore, tutto il nostro essere.

E ALLORA…
Consapevole che anche il vostro parroco sta diventando vecchio e le sue forze vengono meno, cerchiamo io e voi di avere a vicenda pazienza e comprensione. Sono ormai tanti gli anni della mia permanenza tra voi, ad ottobre inizierà il ventitreesimo. Le fatiche, i problemi, le difficoltà non mancano, anzi sembra che aumentino a vista d’occhio. Era molto più facile nel lontano ottobre del 1992. E’ anche vero che le fatiche e le difficoltà sono presenti anche in altre parrocchie. Nella nostra hanno però tutto un volto particolare. Siamo la parrocchia più grande della città. Abbiamo una grande quantità di insediamenti di case popolari. La presenza degli immigrati poi si aggira intorno ai 1500 circa. Tutto questo denota un certo tipo di tessuto umano. La gioventù in questi ultimi anni ha fatto scelte molto diverse da come eravamo abituati al termine del secolo scorso. La partecipazione alla vita parrocchiale se si è qualificata da un lato, dall’altro mostra un certo distacco, se non abbandono. Il quartiere nel suo insieme è destinato a crescere ancora nei prossimi anni. Basta vedere i palazzi appena terminati e quelli che stanno sorgendo ancora. La realtà della famiglia è molto cambiata in questi ultimi anni. Basta osservare il numero esiguo dei matrimoni che in questi anni sono stati celebrati o si celebrano tuttora in Chiesa.

E’ NECESSARIA UNA NUOVA PASTORALE
Di fronte a questa nuova realtà mi sembra che sia necessario dare un nuovo impulso alla pastorale di evangelizzazione. Sotto questo aspetto abbiamo fatto parecchio in questi anni. La tensione al quartiere, la volontà di arrivare a tutti e di coinvolgere ciascuno nella proposta cristiana, sono sempre vive. Oggi più che mai sento che lo stile di papa Francesco, di aprirsi e di andare, sia quanto mai valido. Ma perché questo si realizzi abbiamo quanto mai bisogno di sempre nuovi volontari per la pastorale. Ne abbiamo tanti per la Caritas, per l’attività sportiva, per le diverse necessità della parrocchia e dell’oratorio, ma pochi per l’evangelizzazione. Consapevoli che in forza del battesimo siamo e apparteniamo alla Chiesa, è quanto mai necessario che ognuno diventi messaggero di vangelo, testimone credibile del Signore e poi intraprendente nell’aiutare il ritorno dei fratelli e delle sorelle alla vita della comunità.

PER REALIZZARE QUESTO…
E’ quanto mai necessario avere nuove forze. Capacità di intraprendenza. Tempo disponibile. Tutto questo non è sempre possibile per chi ha diversi anni sulle spalle. Vi confesso allora che il desiderio di fare del bene, di mettere in atto nuove attività pastorali, di coinvolgere tutti e di essere propositivo, è ancora vivo nel mio animo. Ma le forze non corrispondono alla passione pastorale. Ecco perché penso che ad una certa età (75 anni) sia giusta la scelta della Chiesa che i parroci lascino il loro servizio pastorale ai sacerdoti più giovani e loro si mettano ad aiutarli con la loro esperienza e soprattutto con la loro preghiera e testimonianza. Ciò che importa è il bene della Chiesa, la vivacità della pastorale, la missionarietà del servizio. Il testimone va lasciato quindi per il bene della Chiesa e perché il Vangelo sia sempre più annunciato con spirito nuovo.

NEL FRATTEMPO
Cerchiamo di avere pazienza e comprensione. Qualche sacerdote mi ha detto: “Tu fa’ quello che puoi. Fai l’ordinario. Il resto lascialo a chi verrà” Non è facile accettare questo suggerimento, ma certe volte, quando senti che le forze vengono meno, pensi che sia un buon indirizzo. Farò quello che potrò. E voi abbiate comprensione. Ciò che importa è che l’amore del Signore sia vivo, sia annunciato e soprattutto testimoniato. Faremo del nostro meglio e voi tutti sentitevi maggiormente impegnati su questo versante. Se ci sentiamo tutti maggiormente coinvolti nella vita pastorale forse potrebbe essere anche l’occasione per far crescere in tutti una maggior coscienza di essere popolo di Dio.

ATTENDIAMO
Consapevoli che il futuro è nelle mani e nel cuore del Signore, ci abbandoniamo tutti a lui sia come sacerdoti che come fedeli. La Comunità parrocchiale è sua e lui farà sempre il suo bene. Di questo ne siamo convinti. In attesa viviamo e amiamo la Comunità parrocchiale. Serviamola con le nostre fatiche e sosteniamola con la nostra preghiera. Offriamo al Signore anche le sofferenze e le incomprensioni. Ciò che importa è che il volto di questa nostra Comunità parrocchiale, che amiamo sempre con nuovo slancio e per la quale vogliamo spenderci totalmente fino alla fine, sia sempre più splendente, sia sempre più a servizio di tutti e dei poveri e dei sofferenti.
Perché ci sia in me e in voi questa pazienza e questa comprensione sosteniamoci a vicenda con la forza della preghiera.

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